Mestieri
traduttriceLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
IndiaData di partenza
2007Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Brigitte e Sergio, il giorno successivo al loro arrivo in India nel 2007, si recano in visita all’orfanotrofio di Tenali che contribuiscono a finanziare con le loro donazioni.
3 agosto 2007. Che giornata! Quando siamo usciti dalla nostra camera, Chandra è sbucato: aveva l’ordine di restare a nostra disposizione e non si era mosso da davanti alla nostra porta. Ci aspettava con il sacchetto di pane che gli avevamo chiesto. Ma non abbiamo mangiato niente. Abbiamo un po’ di frutta in frigo che ci aveva comprato Dileep: tuffiamo le banane in amuchina anche prima di sbucciarle! Siamo al limite della paranoia!!! Avevo fatto una lista: carta igienica, spugna, detergente da bagno. Posso abituarmi a tutto, ma non alla sporcizia in bagno. Prima siamo andati in orfanotrofio. All’ingresso della strada che porta all’orfanotrofio un grandissimo pannello con le nostre foto! E i ringraziamenti all’Associazione Renata di Francia (l’Associazione della nostra chiesa). Appena scesi dalla macchina di Dileep che è venuto a prendere noi e Chandra in albergo, una signora per me, in sani, e un signore per Sergio ci mettono le ghirlande di fiori, poi un’altra, poi un’altra ancora. Non mi ricordo bene se tre o quattro! E mentre camminiamo sulla stradina che porta all’orfanotrofio, altro immenso pannello sempre con le nostre foto. Schierati ai due lati della strada ci sono tutti i bambini e il personale con le mani piene di petali di fiore e ce li lanciano. E’ straordinario! Entriamo nel cortile e sotto un baldacchino ci sono tutte sedie di plastica rossa pronte. Tutti si siedono e noi di fronte. Molti adulti ed i ragazzi più grandi sono in piedi. Abbiamo una visione completa dei bambini: sono tantissimi!! Riconosco qualche viso familiare a forza di vedere le foto… Bulli babu, Sarath Babu, Raveendra… Siamo completamente frastornati! Gotham non ci lascia. E’ di una tenerezza incredibile, cerca il contatto con noi, viene a toccarci, ci prende la mano… L’India è un paese dove non ci si tocca, non ci si coccola, non ci si abbraccia… Tutti i bimbi sono vestiti a festa, impeccabilmente puliti, incredibilmente disciplinati. Si siedono. Faccio mentalmente il paragone tra una classe delle elementari di 13 bambini urlanti, maleducati, indisciplinati e questi 60? 70? bambini davanti a noi. In fondo al cortile riconosco Joseph e Muthu. E un gran numero di uomini e donne che aiutano. Chandra, Joseph e Muthu sono al servizio di Dileep. Quello ci sgomenta un po’. Si vede che lo spirito di casta è insito nell’animo indiano, anche all’interno della stessa casta. Qui siamo tutti paria, intoccabili: siamo cristiani, peggio dei più miserabili degli Indù. Dileep è il superiore, dà ordini, gli altri sono servi, eseguono. Ognuno al proprio posto. Ho già avuto un mezzo rimprovero perché ringrazio il “mio servo” Chandra che si precipita per spostarmi la sedia o portarmi la borsa. Dileep ci spiega che fra le persone in fondo ci sono le due cuoche e il guardiano, stipendiati come i “servi”, mentre tutti gli altri sono volontari. Sono senza lavoro perciò vengono qui, si occupano di tutto, i giochi, la disciplina, la cura e l’affetto in cambio di due pasti al giorno. Perché qui il vero problema è mangiare almeno una volta al giorno. Per la terza volta da quando siamo in India, beviamo il tè, sempre lo stesso, aromatico, molto zuccherato e negli identici piccoli bicchieri. Sono arrivati un fotografo ed un giornalista. Ad uno ad uno i bambini sono venuti vicino a noi. I più piccoli sono tantissimi e minuscoli! Molto più piccoli dei loro coetanei europei sono venuti in braccio e siamo stati fotografati con tutti. Ci sono anche ragazzi e ragazza grandi, sui 12-13 anni. Alcuni bambini sfuggono il minimo contatto, stanno rigidissimi in piedi quando tentiamo di abbracciarli, specialmente una ragazza in azzurro sui 10 anni che ci divora con gli occhi, parla di noi alle sue amiche, ma rifiuta di toccarci. Siamo probabilmente i primi bianchi che questi bimbi vedono! Sono praticamente tutti incredibilmente belli. Persino Sergio che generalmente non è attento a dettagli estetici, è impressionato. Anche la cuoca è molto bella. Queste donne in sari hanno una grazia, una nobiltà naturale nonostante la povertà, L’avevo già notato arrivando all’alba a Vijayawada, quando tutti partivano al lavoro, e molte mogli erano sedute sul sedile posteriore di bici- o motorini per i “benestanti”- guidate dal marito. Seduti all’amazzone ovviamente, in quei sari straordinariamente belli e colorati. Tutti impeccabili nonostante l’evidente povertà e con un portamento così regale che ne sono rimasta impressionata. Infatti sulle sponde del fiume Krishna, che attraversa Tenali con 3 braccia, è tutto un susseguirsi di donne che lavano i panni dalle sei della mattina, e lungo le baraccopoli (in realtà sono capanne di foglie e fango ricoperte di teli di plastica, alcune non più grandi di una tenda canadese- fra un albero e l’altro, ci sono tutti fili tesi e sari e panni ad asciugare). Abbiamo preso la parola, in inglese. Dileep traduceva in telugu. Abbiamo spiegato chi siamo, da dove veniamo, cosa facciamo con la nostra chiesa e la nostra associazione, come i nostri amici aiutano loro. Ascoltavano in religioso silenzio senza distrarsi, anche quando Dileep ha iniziato un lunghissimo discorso che non ci ha tradotto. Poi mi ha chiesto di pregare in italiano, sono incapace di pregare in inglese, non avrei alcuna spontaneità! E’ stato molto bello e toccante. Poi siamo entrati nell’ufficio di Dileep mentre le cuoche preparavano il pasto ai bimbi, a discutere, programmare, organizzare per il grande giorno, domani. Dileep è completamente in tilt perché vuole controllare tutto di persona e tutto è così complicato nella cerimonia della consegna del premio Saliti che ha rilevanza nazionale. Ci sono dei grandi pannelli con tutti i nomi dei membri dell’associazione e della chiesa. Che emozione vedere tutto il lavoro che Dileep ha predisposto. Siamo in India a così vicini a Ferrara! Fuori in cortile, i bambini si sono tutti seduti per terra. Una signora anziana, dolcissima, che mi segue come la mia ombra e ci ha invitati ad andare a visitare il suo villaggio la prossima settimana, inizia a distribuire i piatti: grande ciotole basse e piatte di metallo. In mezzo al cerchio formato dai bambini arrivano un grande pentolone di riso, un secchio con una salsa rossa molto liquida ed un altro tegame con un miscuglio denso di carne e verdure. Abbiamo distribuito con le addette il pasto ai bambini sempre un po’ impauriti. Prima il riso: una quantità enorme in confronto a quello che mangiano i bambini europei della stessa età, poi un mezzo cucchiai di carne. Ne mettevo troppo, Chandra e i bambini mi hanno chiesto di ridurre la quantità. Poi il sugo liquido a mestolate. Si mangia con le mani: si mescola molto accuratamente il riso con il sugo rosso ed una piccolissima quantità di carne e verdura, si formano piccole palline nel palmo della mano che si spingono poi in bocca con il pollice. Tutti rigorosamente con la mano destra. C’è cibo in quantità. Infatti tutti i bambini sembrano in ottima salute. Dopo siamo stati di nuovo in ufficio, tra telefonate e servi mandati a destra e sinistra per curare ogni dettaglio dell’indomani. Abbiamo allora visitato tutto l’orfanotrofio. Il grande cortile dove siamo stati finora si apre su due porte, una a destra, una a sinistra, con tre stanze da ogni parte, una dopo l’altra. La parte sinistra è chiusa da griglie ma senza porte o finestre. Ne deduco che quando piove, piove sempre verticalmente!!! La prima stanza è l’ufficio di Dileep. Una scrivania di metallo, un armadietto con cassaforte, il tutto vetusto e malandato, in ferro. Una decina di sedie di plastica impilabili che si usano secondo il numero di persone in ufficio. Sui muri, oltre alla nostra immancabile gigantografia (ce ne sono ben altre 2 in cortile! È un po’ imbarazzante per noi vederci così da tutte le parti su manifesti!), ci sono pannelli con decine e decine di foto di Dileep con i bambini nelle più svariate occasioni della vita dell’orfanotrofio e dei campi medici. La chiesa ci aveva dato 400 euro prima di partire: Dileep ha comprato medicine per curare i lebbrosi. L’ufficio dà sulla camera – dispensa di Dileep. Una porta con lucchetto su ogni lato. La prima dà sull’ufficio e di fronte sulla cucina. Lateralmente una porta dà sull’esterno, su uno stretto corridoio fra casa e muro di recinzione, con scolina e fili con bucato appeso. C’è anche una finestrina su questa parete. Di fronte un’altra porta, sempre chiusa, dà sulla camera dei maschi. L’arredamento della camera di Dileep è costituito da un letto ed un divanetto. Un grosso condizionatore non funzionante funge da piano di appoggio. Due scaffali, uno con libri e cibo, l’altro con giochi e pochi vestiti. Per terra, le provviste di riso in grandi sacchi di almeno 30 kg. Anche in questa stanza, come in ufficio, c’è una grande ventola al soffitto per dare un po’ di fresco. Fa infatti intorno ai trenta-trentacinque gradi, caldo umido… non cambia molto dalla pianura padana! L’ultima stanza è la cucina, il regno di Soubaghia Latha. Ha 20 anni, è molto bella, vedova con 2 bambini di 3 e 4 anni. Suo marito è morto in una rissa con degli Indù. E lei fa da mamma a tutti i bambini.
La cucina ha un lavello con acqua fredda ovviamente, due fornelli alimentati da una bombola, un ripiano per la verdura. Lungo un’altra parete, un piano di lavoro, in cemento, come pure lo scaffale sopra il fornello dove sono riposte alcune grandi pentole. C’è anche una strana bacinella tonda, elettrica, con un grosso fuso in pietra al centro. Più avanti mi faranno vedere come funziona e soprattutto a che cosa serve! E’ per il chutney ed è l’antenato del nostro mixer! Infine c’è uno scaffalino di cemento dove Soubaghia tiene i suoi averi: qualche sani, i vestiti dei bambini, un pettine, del talco ecc… Pochissime cose: il tutto starebbe nel mio comodino! La cucina si apre su un piccolo cortile con un banco di pietra che collega due stanzini. Dentro ognuno, un piano d’appoggio per i vestiti , un rubinetto ed una brocca. E’ qui che tutto l’orfanotrofio, bambini e personale, si lava. La parte sinistra dell’edificio è identica alla parte destra, solo ancora più spoglia: nella prima stanza, non c’è assolutamente niente all’infuori di stuoie arrotolate e di valigette di ferro nelle quali ci sono tutti gli averi dei bambini. Ci sono molto più bambini che valigette, quindi una serve per 2 o 3 bambini. Anzi, bambine perché questa è la stanza delle femmine. Hanno: un vestito di ricambio. Quello della festa è generalmente molto bello, ne hanno una gran cura, ognuno lava il suo l’indomani . il vestito giorno-notte è tutt’un’altra cosa! Se c’è una cerniera, o dei bottoni, sono rotti. Quasi mai è alla misura del bambino/a che lo indossa. Tutto tiene con spille da balia! Hanno anche la saponetta, il dentifricio, il sapone da bucato e l’olio di cocco contro le lendini. Molti hanno i pidocchi ma se li tolgono reciprocamente! La seconda stanza è identica, solo che è per i maschi. La terza ricalca un po’ la cucina: un lavandino dove ogni bambino lava la sua ciottola e li suo bicchiere dopo il pasto, un ripiano di cemento dove vengono poggiate le pentole di cibo caldo, e poi i lettini di ferro accatastati. Solo alcuni sono tirati giù. Su questi dormono i servi e servono da sedili. Anche questa stanza dà sul cortile in fondo . Nel grande cortile anteriore, ci sono due stanzine con una turca, un rubinetto, secchio e brocca, dall’altra parte la pompa, un rubinetto, il piano sul quale i bambini lavano i loro vestiti. Una scala porta al tetto dove c’è una grande terrazza, tutta la superficie della casa, con una cisterna e il fili per il bucato. Finito il giro dell’orfanotrofio, portano il pranzo a Dileep, Sergio e me: una piadina piccola chiamata pulka, una ciottolina di carne e salsa, mezzo cipolla e mezzo limone minuscolo, poco più grande di una noce, il tutto su una foglia di banana. Qui le foglie di banana sono tenute con cura, lavate , ritagliate e vendute: sono i piatti. Quando assaggio, capisco perché mettevo troppa carne: è così piccante da lasciarci la bocca infuocata! Meno male che ci piace mangiare piccante! Beviamo acqua minerale, anzi acqua bollita ma imbottigliata. Dileep ci ha detto di non bere mai l’acqua di rubinetto pena dissenteria garantita! Loro ci sono abituati e possono berla tranquillamente. Dopo ci portano lo stesso riso e sugo che abbiamo servito ai bambini. Il tutto è buonissimo! Ed abbiamo persino un cucchiaino per mangiare: Dileep non vuole neanche che provi a mangiare con le mani come fa lui, e tutti quanti! Fa una netta differenza fra noi due occidentali e loro indiani.
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