Mestieri
commercianteLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1958Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)L’impatto con il lavoro in Svizzera per il giovane Rigoni non è dei migliori.
arrivato frastornato dal lungo viaggio, ed avrei avuto bisogno di riposarmi, per lo meno psichicamente, ero frustrato al limite della sopportazione, ma dentro il novo equilibrio della vita, non cera tempo per queste cose, alla sera ricevemmo amici ed amiche di mia sorella, erano tutti di Gallio e di Asiago, scoprii solo allora che a SOLOTHURN cera una grossa comunità di ASIAGHESI, e la nostra famiglia proveniva anche di lassù, il nostro cognome poi, era come una bandiera dell’alto piano di ASIAGO. Tutti gli amici si stiparono dentro l’angusta stanzetta, chi seduto sul letto, e chi seduto sulle due uniche sedie, commentavano tutti il mio arrivo scherzando, discutevano poi di lavoro, e della severità con cui veniva affrontato e difeso dalla comunità Svizzera, la puntualità era ferrea, al primo ritardo ammonizione, al secondo multe salate, al terzo cera sempre il licenziamento, erano tutto terrorizzati, ed anche fieri di questa loro rigidità nell’affrontare il rapporto di lavoro, e questo aumentò subito la mia frustrazione. Il motivo era semplice, ed io lo intuivo nel mio inconscio, io ero si andato a fare un corso rapido per fare il barbiere, il tutto al fine di poter ottenere un permesso di soggiorno, e poter emigrare, ma non mi sentivo affatto preparato professionalmente. Ne tanto meno, mi ero affezionato a quel lavoro, durante tutto il periodo dell’apprendistato, avevo sempre tagliato la barba ai vecchi, a quelli dalla pelle dura, il datore di lavoro mi prendeva spesso in giro, dicendomi che il rasoio non era la falce con cui tagliare l’erba, ne tanto meno la zappa, e questo io lo sapevo, gli altri al contrario, quelli che si erano tanto dati da fare per trovarmi quel lavoro, non lo sapevano. Verso le dieci di sera se ne andarono tutti, ed allora finalmente si parlò tra di noi sul da farsi, il giorno dopo era lunedì, e non si avrebbe dovuto far niente, loro sarebbero andati a lavorare alle sei e trenta, mentre per il solo lunedì, io avrei dovuto restare li da solo in casa, al martedì presto alla mattino sarei partito poi con il treno per VNGEN ANDER ARE, ed avrei dovuto presentarmi ad un certo indirizzo con un foglio di accompagnamento, e li avrei dovuto iniziare a lavorare. Sarei partito al martedì mattina, e rientrato il sabato sera, avrei dovuto mangiare e dormire in famiglia dal barbiere che mi aveva assunto, ed iniziare finalmente lo sviluppo della vita con tranquillità. Tutto sembrava pianificato nei minimi particolari, ma dentro di me cera l’angoscia dovuta alla mia impreparazione, e dopo aver pianificato tutto decisero che si doveva andare a letto, io ancora non avevo compreso dove avrei dovuto dormire, dentro di me pensavo ad un lettino in un’altra stanza, oppure in un letto pieghevole da mettere nel cucinino, in un posto appartato in somma dove avrei potuto versare in santa pace le ultime lacrime in silenzio, ma la sorpresa arrivò subito, quando mi dissero che avrei dovuto dormire in quel vecchio divano, io sorrisi, che cosa potevo fare? Era già troppo quello che avevano fatto per me, in fondo loro pensavano che io mi sarei sistemato a casa del barbiere, e che mi avrebbero ospitato solo di tanto in tanto alla domenica per qualche visita.
Io tentai di dormire quella notte, ma ero troppo agitato, in certi momenti sudavo freddo per quello che mi aspettava, in altri momenti ero gelato, per il fatto che le coperte mi cadevano giù dal divano, e in tutta quella agitazione arrivò il mattino, io mi sentivo stremato ed avevo le ossa rotte, durante la notte pensavo alla vecchia casa di campagna, io dormivo in un lettone nel granaio, che era uno stanzone di cinquanta metri quadrati, durante la notte a farmi compagnia cerano sempre i topi che correvano su e giù, ma non facevano del male a nessuno, di grano da mangiare ce nera in abbondanza, e quando disturbavano troppo, io le lanciavo nel buio qualche pannocchia di grano turco, creando una fuga generale, poi tornavano venti minuti più tardi, in tanto io mi ero addormentato sul mio comodo letto, da solo, ed ora eravamo in tre in quella stanzetta, da nove metri quadrati. Al mattino ci alzammo tutti presto, loro andarono a lavorare dopo aver fatto colazione assieme, ed io rimasi li ad aspettare, e ritornai a riposare, e potei dormire finalmente fino a mezzogiorno, poi rimasi li solo in quella gabbia stretta a riflettere, e senza connettere mai niente, in quella età sono pochi gli sprazzi di luce che ti aiutano a programmarti la vita, tutto ancora dipende dagli altri come nell’infanzia, loro conoscono i mestieri, mentre tu non li conosci, loro sanno come cavarsela, e tu tenti di fare qualcosa, ma non sempre ci riesci. Passai la seconda notte malamente, ed al mattino mi svegliarono alle sei, il tempo di vestirmi a via, giù di corsa alla stazione, mia sorella mi diede delle banane, ed un pochi di soldi per il viaggio di ritorno alla fine settimana, chissà.. forse aveva intuito in parte il mio disagio; partii per VANGEN alle sette del mattino, e mezzora dopo ero già arrivato, il paese non era molto lontano dalla città di SOLOTHURN
Girai per un po’ in cerca della via giusta, finche la trovai e mi presentai, era un negozio molto bello, altro che le botteghe che all’epoca avevano i barbieri da noi in ITALIA, e come fui entrato pensai di essermi sbagliato, cerano parecchie persone sotto il casco, e la prima deduzione che fece, era che forse si trattava di un parrucchiere per signore, e non di un barbiere, mi fecero entrare e mi spiegarono alcune cose, e poi mi misi il grembiule bianco anch’io, tirai fuori i miei ferri del mestiere, ma loro mi dissero che non servivano, loro avevano altri attrezzi, allora stetti un po’ ad osservare come lavoravano, e compresi subito che non ce l’avrei fatta, ero troppo impreparato, loro non tagliavano i capelli con le forbici, ma lo facevano con il rasoio, al contrario la barba non la tagliavano con il rasoio, ma con una speciale struttura in osso, che portava incastonata dentro una lametta. Ma non era finita li, gli uomini svizzeri, avevano un concetto diverso dell’estetica maschile, da noi in ITALIA era importante che uscissero dal negozio con un aspetto virile, mentre loro al contrario dovevano uscirne con un aspetto dolce, così si facevano quasi tutti la messa in piega come le donne, con tanto di bigodini. Di tutto questo io non ne sapevo niente, cera poi un problema pratico quando affrontavi un cliente, e questo problema era la lingua, il cliente si sedeva e dava le sue disposizioni in tedesco, ma io non comprendevo una sola parola, e cosi non sapevo poi da dove incominciare. Ci giravo attorno ai clienti, con i sudori che mi calavano sul viso, e con la impotenza dentro, e questa era mescolata al terrore di non dare una forbiciata in più, allora provavo con il tagliarne un pochi per volta, cercando di intuire strada facendo le reazioni del cliente, chiedendo di tanto in tanto se andava bene, ma in questo modo impiegavo un sacco di tempo, ed il padrone incominciò a brontolare, si vedeva che aveva intuito tutta la mia impreparazione, se fossero stati onesti mi avrebbero proposto un periodo di apprendistato a basso stipendio, cosa che avrei accettato con gioia, a me bastava poco in fondo, in vece fecero l’errore di trattarmi male, dimostrandosi risentiti, e forse con ragione, chissà che cosa le avevano promesso quelli della missione, per farmi assumere.
Il viaggio
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