Mestieri
rappresentante di commercioLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Nel 1944 in Svizzera nasce Marco, figlio dei rifugiati ebrei Emilio e Maria. A poco a poco, con la fine della guerra, la famiglia potrà tornare alla normalità e a vivere in Italia.
Verso la metà di dicembre, avendo dimostrato che potevo disporre di una somma di denaro sufficiente al nostro sostentamento (somma messa nelle mie mani con infinita generosità dal cognato Renzo), ottenni il permesso di trasferirmi a Chiasso dove già ero stato nella precedente occasione. Qui avemmo la conferma di quanto sia grande la generosità italiana. Per quindici giorni fummo ospiti di un ispettore delle dogane italiane, Giuseppe Rizzo, nativo di Caltanissetta, che pur disponendo di un alloggio di limitata misura, trovandosi con la moglie, due figli ed una cognata, si strinse ulteriormente nel suo alloggio, mettendo a nostra disposizione due letti, che certo non avevano nulla a che fare con quelli dell’albergo di Lostorf. Fummo ospiti sino a che non trovammo nelle vicinanze un alloggetto vuoto di due camere e cucina: ebbene l’amico siciliano ed i suoi colleghi, che avevano avuto la possibilità di conoscere le qualità di mio fratello, ce lo arredarono, chi con un letto, chi con un tavolo od un armadio, chi persino con una culla ed una carrozzina per il nascituro. Ancora una volta potei constatare, che per fortuna la natura aiuta in modo meraviglioso la donna in attesa: infatti Maria, donna di casa nel suo intimo, accettò tutto con serenità e si avviò nelle migliori condizioni fisiche e morali verso l’imminente parto. Verso la sera del 6 gennaio 1944 cominciarono le doglie: con un taxi andammo alla maternità cantonale di Mendrisio, ove Maria fu immediatamente ricoverata con le migliori cure del caso. Il travaglio fu però piuttosto lungo e Marco venne alla luce nel pomeriggio del 7 gennaio. Pesava solo Kg. 2.950/ma la levatrice ci. rassicurò subito che era sanissimo e che verosimilmente aveva un formidabile appetito. Mi era stato consentito di vestire il camice medico e di assistere al parto: visione certo drammatica che mi uni più che mai a Maria. Quello che soprattutto ci colpi nel periodo trascorso alla maternità fu il vitto: leccornie e cibi, di cui avevamo completamente perduto il ricordo. Marco venne poi battezzato prima di lasciare la maternità dal parroco di Lostorf, come ho già detto; madrina la sua segretaria e padrino l’amico siciliano. La drammatica situazione che avevamo vissuto ci legò naturalmente per sempre con un vincolo di riconoscenza ed affetto con queste care persone. La sorte ci fu anche benigna nel farci giungere alla vigilia del parto la valigia col corredo per Marco, che non era stato possibile portare con noi, grazie alla cortesia ed all’abilità di uno spedizioniere di Chiasso.
Intanto la guerra di liberazione imperversava al di là del confine, che era a due passi da casa nostra: talvolta abbiamo potuto salutare Paola, Roberto ed i loro figli, venuti a passeggiare lungo la rete di confine, sia pure, datala distanza, solo con ampi cenni delle mani. Avvenne anche una volta che un, apparecchio tedesco, forse per errore, gettò una bomba sulla stazione di Chiasso, fortunatamente senza mietere vittime. Dovettero però passare ancora molti mesi prima che la guerra finisse e che potessimo vedere alcuni reparti dell’esercito tedesco entrare anche loro come rifugiati, privi di ogni baldanza, in territorio elvetico. Le campane di Como, lontane, ma ben udibili, ci annunciarono il 25 aprile 1945 che la guerra era finita. Alla sera ci recammo in Chiasso per partecipare alla dimostrazione di gioia della popolazione, ma le campane del duomo spaventarono Marco e tornammo quasi subito a casa.
Solo a metà luglio potemmo rientrare a Como e riprendere possesso del nostro alloggetto, che nel frattempo era stato occupato dai gerarchi fascisti. I mobili erano in condizioni deplorevoli, ma poco per volta li abbiamo recuperati in modo accettabile ed ancora una volta Maria si adattò senza difficoltà alle rinnovate mansioni di casalinga, sia pure in mezzo a tanti inconvenienti pratici. L’accoglienza dei coinquilini fu per la verità molto cordiale e persino un tedesco, che abitava nella stessa casa, venne a congratularsi con noi. In realtà a salvarci le nostre poche masserizie erano stati gli amici Paola e Roberto, che erano giunti in tempo a portar via dall’alloggio tutto quello, che avevano potuto con grande loro rischio. Ebbi la gioia di ritrovare sani e salvi i miei genitori, la sorella Enrichetta col marito Renzo ed i loro tre figli, trasferitisi in treno da Torino a Roma il 16 ottobre I943, proprio il giorno della grande razzia tedesca nel ghetto di Roma e rifugiatisi in un convento con l’aiuto di amici carissimi.
Il viaggio
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