Mestieri
ricercatriceLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
FranciaData di partenza
1968Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Paola passa in rassegna i bar che nella Parigi del Secondo dopoguerra avevano accolto la nascita di correnti di pensiero e nuove espressioni artistiche. Molti negli anni Sessanta si erano riempiti di turisti, e gli intellettuali e musicisti si erano spostati in massa altrove.
Ad ogni mio ritorno c’era sempre stato però, nello stesso quartiere, qualcosa di cambiato, qualche novità, se pur piccola: un “Café” che era stato precedentemente centro di riunioni tra persone di ogni razza e colore, di colpo abbandonato e semi deserto; un ristorantino dove si potevano facilmente trovare gli amici, desolatamente vuoto; l’angolo dove tutti si fermavano come luogo di ritrovo, appariva ora solitario e freddo. Così bisognava ripescare i nuovi “punti di incontro”, per ritrovare conoscenti e amici. Molti dei quali – era l’amara scoperta che risultava da queste ricerche – avevano lasciato Parigi per nuove mete, che erano sempre, come confermavano quelli rimasti e bene informati, o i paesi “del sole”, o gli U.S.A. Anzi con il passare del tempo, si notava una tendenza sempre crescente ad un ritorno verso quello che era stato a lungo considerato un luogo da respingere, o rifiutare, cioè un ritorno verso gli Stati Uniti, East o West Coast che fosse. Perchè la Parigi del primo anno – quella di George e del Buci, toccò certamente il suo massimo fulgore, mai più raggiunto negli anni successivi. Avevo trovato il “Buci Bar” per caso, senza alcuna informazione, passeggiando per le vie di quella che era allora per me una città da scoprire. Naturalmente avevo cominciato con i posti tradizionali, il Bd. S. Germain i Deux Magots e il Flore, ma li avevo trovati soltanto pieni di turisti, che evidentemente erano venuti sostituendo quella fioritura di artisti che avevano reso celebre, un tempo, l’area tra la famosa Rue S. Benoit, madre dell’esistenzialismo, e la Chiesa antica di S. Germain. Quegli artisti avevano passato le loro serate folli al Flore, ai Deux Magots, alle Caves accanto, negli anni d’oro del dopo guerra, ma ora non ne restava più de il ricordo, insieme a qualcosa che non è più. Tra il Buci e me, vi fu un incontro immediato, una “simpatia” improvvisa. Ho sempre avuto una sensazione intuitiva per i luoghi, oltre che per le persone. Questo piccolo Caffè che sta lì, sull’angolo, e che sa ancora di provincia, modesto e semplice com’è. Il vecchio “bistrot”, intatto. Ti invita ad entrare, e a passarvi una parte del tuo pomeriggio, pigro e stanco. Impreparata e stupita, lo trovo gremito di gente: la più pazza, la più stramba, la più “fuori”, la più bizzarra gente che mi sia mai capitato di incontrare. Ma, ancora è l’intuito che mi guida, sento subito che c’è qualcosa la dentro da cercare e da scoprire. Così ci torno, e giorno dopo giorno conosco un po’ tutti: scrittori americani, pittori negri, intellettuali inglesi, poeti messicani, attori brasiliani. Mi si apre un mondo nuovo, fatto di libertà, quella vera. Nessun impegno, nessun obbligo, mai. Leggera, mi sento. Finalmente leggera – e liberata.
Il viaggio
Mestieri
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