Mestieri
infermieraLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
BrasileData di partenza
1992Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)L’arrivo di Valeria Narciso e delle sue amiche-colleghe in Brasile, nel 1992, per una missione umanitaria dedicata ai bambini poveri, comincia da un imprescindibile giro turistico a Rio de Janeiro.
È cominciato. Da Caselle, Angela, Claudia, Donatella, Michela ed io (in ordine alfabetico), con relativi parenti, cugini, nipoti ed animali di famiglia, prendiamo’ il primo aereo. Ora, dopo quattro ore di attesa all’aeroporto di Heatrow, burlati anche dall’ora legale, siamo sul Londra-Rio, sono le 5.25 del mattino (ora local), e stiamo per atterrare. all’aeroporto di San Paolo. Che sonno!! Non so più sé è notte, giorno, se dovrei avere fame, visto che stanno servendo la colazione, ma uova e pancetta e, secondo i miei calcoli sono le tre del mattino… In questo momento Michela si sta facendo fare una foto da un signore brasiliano, appena conosciuto. Ed ecco il primo scontro con gli usi di un altro paese: finita la foto, lei, tra i ringraziamenti, gli fa segno “OK”, Lui. Le si avvicina all’orecchio e le sussurra una parolaccia. Noi, da lontano, vediamo Michela impallidire, parlare con una signora e scoppiare tutti a ridere. In realtà poi ci hanno spiegato che in Brasile, il segno “OK” è considerato VOLGARISSIMO!! Lui glielo stava appunto spiegando, ma parlando’ poco l’italiano, si é limitato al significato… letterale! Siamo atterrati all’aeroporto di San Paolo. C’è nebbia e circa 20°C. Solo più Mezz’ora per arrivare a Rio!
Quando Siamo scese dall’aereo, ci ha investite un’ondata di aria caldo-umida che ci ha tolto il respiro. Ad accoglierci, uno stuolo di brasiliani, probabilmente “utilizzati” (qui non manca la mano d’opera) per ripulire gli aerei. Noi stavolta rispondiamo con dei cenni di saluto e ci avviamo verso il pulmino per l’uscita. La solita tremenda coda all’ufficio passaporti! L’aeroporto è piccolo, spoglio, con delle strutture, per noi, anteguerra; a quanto pare ora è in rifacimento abbondano le parti di soffitto smontate, le lamiere per terra e i cumuli di macerie negli angoli. Anche qui (era già successo a Londra), fermano Claudia per il controllo delle valigie. La sua è piena di latte in polvere, ma la lasciano passare. Per fortuna non hanno controllato le nostre con i medicinali, potevano trattenerle. Non è possibile! Non la portiamo più!! All’uscita troviamo Francisco e Iuso che ci accompagnano dalla signora Maria. Nell’uscire dall’aeroporto colpisce già quella che è una delle caratteristiche di Rio: gli enormi spazi. È tutto enorme: le strada, gli alberi, le foglie, i prati… Mammaaaaa! I prati intorno all’aereoporto sono splendidi, tutti curati all’inglese. Entriamo in Rio su un’enorme superstrada, sotto i ponti si vedono le tracce dalla gente che abita: biancheria stesa, divani, qualcuno che dorme. C’è qualche bimbo in giro. Il traffico è irrimediabilmente caotico: è il caos più-completo. Sulla superstrada a cinque.. corsie, il nostro autista, Iuso, cambia continuamente corsia, (tutte sono naturalmente affollatissime), ad una velocità di marcia sorprendente’ (leggi eccessiva!), suonando e imprecando di tanto in tanto. Abbiamo scoperto che anche lui collabora con la signora Maria, per l’accoglienza ai vari gruppi. Maria è un’ex infermiera, veneta, che si è trasferita a Rio da diversi anni, da quando ha cominciato a collaborare con un’associazione Italia-Brasile, che si occupa della promozione di un sindacato per i lavoratori. La sua casa è aperta per ospitare diversi gruppi che vanno in quel paese per conoscere una realtà diversa da quella turistica, qualsiasi sia il loro scopo. Le camere di Maria sono sobrie, pulitissime, arredate con una certa fantasia…peruviana! Sì, sono molto colorate. Dopo l’indispensabile doccia e il rifocillamento, siamo partiti con Francisco per la prima tappa (ed unica di oggi!): il Pao de Azucar, ovvero il famosissimo Pan di Zucchero; prima però ci ha condotto in uno speciale punto panoramico, per spiegarci che Rio comprende una serie di piccoli comuni per un totale di 18 milioni di abitanti! Finalmente poi siamo alla funivia che porta sulla cima del Pan di Zucchero: é doppia, perché a metà tra la baia di Rio e la sua cima c’è un’altra montagna da cui si gode un ottimo panorama! Ma non potrebbe essere bello come quello che si gode dalla cima: parte della baia di Rio, i suoi comuni, la spiaggia rossa e quella di Copacabana… Uno spettacolo molto bello. Siamo rimaste due ore ad ammirarlo. Sulla montagna più alta sono state allestite delle gabbie che ospitano coloratissimi uccelli tropicali, tra cui tucani e pappagalli. Passando tra i sentieri abbiamo anche visto una scimmietta con i suoi figlioli! Al ritorno non potevamo tornare con Francisco, così abbiamo tentato l’avventura del pullman, detto “onibus” i mezzi utilizzati sono vecchissimi, con i sedili in plastica imbottita e il bigliettaio vicino alla porta. Naturalmente la guida è quella adatta al caos: molto… sportiva! Ma siamo arrivate a casa, magari con qualche livido in più! Una lavata e via! A cena: lasagne, che abbiamo scoperto essere di casa qui, in Brasile, insieme a cannelloni, gnocchi e polenta. Merito dei veneti immigrati, dice Maria. Mah? Buonanotte.
Il viaggio
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