Mestieri
infermieraLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
BrasileData di partenza
1992Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Da Rio de Janeiro Valeria e le sue amiche e colleghe si spostano a Teofilo Otoni, una cittadina dell'interno a circa 800 Km. da Rio. Qui sono accolte da Padre Giovanni, un missionario che le ospita nella sua casa di accoglienza, dove Valeria e le altre possono finalmente consegnare le medicine che hanno portato dall’Italia. Il gruppo decide di fermarsi alcuni giorni a Teofilo per svolgere un piccolo programma di educazione sanitaria, ma subito si impone una ricognizione della zona.
4 APRILE
ci siamo svegliate alle 6,45. Abbiamo dormito da Padre Giovanni, malissimo, perché pensavo alla sporcizia che mi circondava in questa casa. Avevo anche gli incubi da scabbia, ragnetti e altri vari animali, così mi sono svegliata più volte in preda a crisi di grattamento. Così, anche se le altre mi dicono che ho dormito tutta la notte, in realtà sono stanchissima. Partiamo, dopo aver salutato gli amici di Torino, con padre Domingo. E’ simpaticissimo e, durante il viaggio sulla strada sterrata tutta buche (di dimensioni brasiliane!) ci ha parlato tantissimo di quelli che sono i veri problemi dei Brasile. Ah! non è vero che non ci sono problemi politici riguardo ai medici e agli infermieri che vengono qui: se venissimo in veste ufficiale non riusciremmo a faro un passo, ci sarebbe subito impedito. Questo, in sostanza perché la salute è un affare politico, ovvero ti ricoverano in ospedale solo sotto campagna elettorale, oppure anche normalmente, però raccomandando un partito. Così il povero contadino si sente obbligato a votare per loro; non c’è interesse a far stare meglio la gente ignorante: non pensano e non possono rendersi conto della situazione. Ci ha poi parlato dei latifondisti, che lasciano migliaia di ettari di terra al bestiame brado, perché coltivarla vorrebbe dire l’impiego di uomini e macchine, quindi spendere soldi e loro non vogliono rischiare. Però quel poco che gli rende la terra, in proporzione alla quantità che ne hanno, li fa arricchire in poco tempo. In più lo stato, a chi ha più di un tanto di terra, non fa pagare le tasse. Tutto è contro i poveri. E’ come una montagna immensa che ti può crollare addosso in qualsiasi momento. Dopo quasi due ore di viaggio arriviamo a Belo Oriente da suor Giovanna, dove aspettiamo le altre, le ragazze del gruppo precedente. Intanto facciamo la seconda colazione. Ma non arrivano! Così Domingo telefona a Pavao e, si scopre che non sono ancora partite, per una serie dl imprevisti. Allora partiamo poco dopo con il Toyota di Domingo alla volta di Pavao, dove arriviamo dopo un’ora di viaggio. La prima che vedo è Paola, poi Lalia, Alberta e Claudia. Che gioia incontrarsi! Siamo felicissime. Incominciamo a parlare di cosa abbiamo vissuto noi e di cosa loro devono ancora vedere, quindi iniziano a spiegarci il lavoro qui. Conosciamo finalmente suor Anselmina e suor Annamaria che, naturalmente ci offrono la colazione (3° Volta!). Dopo, naturalmente si va a pranzo tutti insieme (non voglio più vedere cibò per una settimana!). Conosciamo qui l’ex padre Leodonio, che ha iniziato la campagna elettorale per farsi eleggere sindaco, rinunciando alla carriera di prete. Subito dopo pranzo ci avviamo sul Toyotone tutte insieme (ci si nota appena per le vie del paese!), verso la Rossa, cioè la campagna circostante. La strada stavolta è proprio terribile, ci impantaniamo due volte e i salti non si contano. Noi siamo sedute dietro, all’aperto, su degli assi di legno. La strada è l’unica per andare in quel punto della regione, quindi molta gente la percorre a piedi. Domingo raccoglie numerose persone per la strada, che fanno un pezzo di strada con noi e vengono poi lasciate nei pressi della loro casa. Dopo circa un’ora e mezza la strada finisce, così proseguiamo a piedi su un sentiero che ci porta a un cancello di un recinto del bestiame. Oltre il cumulo di letame che attraversiamo, troviamo le prime baracche dei minatori, che vengono periodicamente assoldati dai grandi proprietari (alla fine è sempre la stessa storia) per scavare il terreno alla ricerca di pietre preziose.. Andiamo dove stanno lavorando, anche qui in condizioni, disumane: sotto il sole cocente tutto il giorno, a scavare con pale e zappe delle enormi buche nella polvere rossa in cerca di un filone. Quando lo trovano, scavano dei piccoli tunnel, alti circa un metro, per seguire la vena. Tutto ciò senza avere neanche la sicurezza dell’aria nel tunnel e con il costante pericolo di crolli. Ci racconta uno di loro che l’anno scorso uno di questi enormi buchi è crollato, seppellendo due di loro. E’ per questo che suo figlio, dice indicando un bellissimo bimbo seduto sul bordo della buca, sta sempre fuori. Ci fa anche vedere due topazi che ha appena trovato. Sono difficilissimi da riconoscere per noi, ma dice lui, basta l’abitudine. Spiega anche che intorno alla vena si trovano delle pietre “indicatrici”. E’ cosi il paesaggio: terra rossa caldissima e tanti buchi, abbandonati, in cui si raccolta dell’acqua, usata dai minatori per setacciare la terra. In mezzo a questo, Sparse qua e là, tante baracche con delle facce curiose che fanno capolino. Sulla via del’ ritorno passiamo davanti a un bar che non avevo notato prima. Davanti c’è un uccellino legato per una zampa che si lascia accarezzare. Subito arriva un bimbo che gli porta una banana da mangiare. E’ un’altra cosa che sconvolge, vedere gente che lavora così perché noi possiamo indossare i nostri gioiellini. Al ritorno è andato via il sole. Che freddo con il vento sul camion! Arriviamo, naturalmente in condizioni disperate, alla doccia! Dopo cena, viene a salutare le ragazze che partono e a dare il benvenuto a noi, uno dei due medici dell’ospedale con la famiglia, il simpaticissimo dott. Marcio. Arriva anche Leodonio, che ci porta a casa di un suo amico dove c’è una grigliata con canti e danze. E’ stata una giornata muj pesante e noi siamo muà stanche, ce ne andiamo finalmente a dormire!
Il viaggio
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