Paesi di emigrazione
BrasileData di partenza
1930Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)La breve parentesi di vita della famiglia Lilli in Brasile si interrompe bruscamente: il padre di Giorgio, medico, in uno slancio di generosità si reca a curare dei malati di tifo tropicale in una comunità del Mato Grosso, rimanendo egli stesso vittima del contagio. Il piccolo Giorgio con la madre e due fratellini gemelli è costretto al ritorno in Italia.
Una mattina, venni svegliato da una musica che veniva da fuori. Mi alzai, e senza che nessuno mi vedesse uscii scalzo nella strada. Avevo un pigiama rosso. Seguii la musica, proveniente da una tenda rizzata di notte nello spiazzo davanti alla chiesa. Mi misi carponi, alzai un lembo della tenda, e vidi degli indios tutti dipinti che ballavano in tondo cantando e suonando. Mi scorsero subito, mi cacciarono via: – Va embora menino -, vattene bambino, e io scappai a casa, dove mia madre mi stava cercando ed era già in allarme. Io dissi quel che avevo visto, fui sgridato e perdonato. Poi per tutto il giorno quegli indios, che si chiamavano caboceiros, passarono e ripassarono per il paese danzando e cantando sempre la stessa canzone e vendendo pirulitos anfilados em um palito, grosse caramelle coniche di zucchero colorato infisse su stecchi di canna: costavano um tustào, un soldo. E la sera mio padre e mia madre mi portarono in piazza a vedere lo spettacolo, che era bello, con il fuoco al centro. Mi comprarono anche dei pirulitos di vari colori. Imparai la loro canzone che diceva: – Oh minha gente, anda ligèro, vem o chegada dos caboceiros Oh mia gente, vieni veloce a vedere i caboceiros; e forse c’era anche una seconda strofa, ma sempre con la stessa musica che non ho più dimenticato. Fu una giornata bellissima, mi sembrava di stare dentro una favola, anche perché indios così colorati e pieni di penne e piume non ne avevo ancora visti. Avevo già più di quattro anni.
Poco tempo dopo, mio padre morì. Aveva saputo che in una qualche parte del Mato, non molto lontana, c’era una tribù dove tutti stavano morendo. Decise di andare a vedere e portare soccorso. Disse a mia madre che sarebbe stato via un po’ di giorni, e portò con sé Everaldino. Due o tre settimane dopo Everaldino tornò, con il corpo di mio padre in una bara: era morto anche lui per l’epidemia di tifo tropicale – un’infezione che oggi si cura con pastiglie di sulfamidici – che aveva sterminato la tribù. Aveva trent’anni, tre mesi e dieci giorni. Mia madre fu aiutata da tutto il paese di Jequié a sistemare le cose e a partire con i tre bimbetti per Bahia, dove fu sepolto ‘o Doutor Siro’. Ci imbarcammo su un mercantile per l’Italia. Cara Valentina, forse un giorno, se sarai davvero curiosa, ti scriverò di altri periodi della mia vita. Nonno Giorgio.
Il viaggio
Paesi di emigrazione
BrasileData di partenza
1930Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Giorgio Lilli
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