Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
BangladeshData di partenza
1993Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
malattiaTemi
malattiaMarisa Trentini vive un’esperienza molto forte durante il suo periodo di missione in Bangladesh, a Dacca. Visita insieme ai religiosi che la ospitano un lebbrosario locale, e assiste alle cure e soprattutto agli interventi che i medici operano sui malati. Ne resta profondamente colpita
Di buon mattino giungiamo al lebbrosario dove distribuiamo dapprima i medicinali somministrandoli già’ suddivisi negli appositi barattoli a tre scomparti per i diversi momenti della giornata (mattino, pomeriggio, sera). Prima dell’arrivo del medico suor Angela e l’infermiera bengalese si occupano della medicazione (definita “dressing”) mentre io e suor Colomba provvediamo alla sterilizzazione dei ferri chirurgici prelevando acqua bollente dalla fornace della cucina. Suor Colomba mi accompagna nella sala adibita alla riabilitazione fisica. Il fisioterapista dispone di un paio di lunghe parallele per la deambulazione, di un vogatore – le cui funzioni ci vengono prontamente illustrate da un paziente – e di qualche tappeto consunto. Al centro del locale è posto un tavolo su cui stanno sparpagliati i mattoncini colorati “Lego” finalizzati al recupero della manualità’. Un uomo di mezza eta’ costruisce infatti senza scomporsi un veicolo corredato di guidatore mentre un altro al suo fianco ripete continuamente il gesto di chi si asciuga le mani strofinando l’una contro l’altra. Non comprendo dapprima questa strana pratica ma poi noto all’ingresso una grossa pentola annerita che, bollendo, riscalda e scioglie una scura paraffina. Essa a contatto con l’arto si solidifica formando una patina che, modellata a lungo, costituisce un efficace esercizio di recupero funzionale. Ci rimane ancora il tempo per disporre dei fiori freschi nella chiesetta del lebbrosario ove e’ appena ritornata restaurata la statua della sua protettrice, santa Teresina. Finalmente alle 9,30 sopraggiunge il chirurgo dal quale ottengo il permesso di assistere agli interventi in programma nella mattinata. Rapidamente agli ammalati abbigliati con candidi camici operatori vengono abbondantemente ripulite e disinfettate le parti da operare e, con efficiente cooperazione da parte di tutto il personale, il medico inizia il proprio lavoro. L’odore pungente della sterilizzatrice mi confonde le immagini del primo alluce sezionato ed acutizza il suono sordo dei frammenti d’osso dentro il catino d’acciaio. Rivolgo un ultimo sguardo al ragazzo il quale, sotto l’effetto della sola anestesia locale, giace ad occhi spalancati sopra il lettino e dopo appena quindici minuti dal mio ingresso esco motivando l’impellente necessita’ di una boccata d’aria fresca. Mi seggo sull’uscio dello studio e combinata come sono con cuffia e mascherina a guisa di collana lascio che il vento freddo della giornata nuvolosa mi investa. Sono mortificata e vorrei scomparire dalla vista delle suore e dell’infermiera che passando mi sorridono teneramente. Resisto coraggiosamente senza chiudere porta e finestre che ondeggiano oscurando la stanza ad intervalli irregolari. Trascorro la mattinata sfogliando distrattamente una vecchia agenda da cui trascrivo su un foglio notizie geografiche in lingua inglese riguardanti il Bangladesh. Alle 12,15 i quattro pazienti operati riposano già’ nelle rispettive brande ed anche noi rincasiamo puntualmente per il pranzo. L’increscioso episodio capitatomi viene sdrammatizzato dalle sorelle le quali narrano casi di reazioni analoghe di cui esse stesse in passato furono protagoniste. Nel pomeriggio accampo delle scuse per non ritornare al lebbrosario e mi trattengo presso il dispensario chiacchierando con suor Consolata. Simulando interessamento assisto all’esecuzione paziente di un ricamo a tombolo che si avvale di fuselli di legno sapientemente mossi tra spilli disposti sulle linee di un cartamodello teso sopra un cuscino cilindrico. Il tempo peggiora sensibilmente così mi addentro nella tiepida e silenziosa stanza da letto di suor Cristina ed annoto qualche sterile riflessione. Per un momento lo scroscio violento della pioggia mi induce a pensare ad un mio ipotetico isolamento dal resto del mondo. Tra queste congetture provo smarrimento piu’ che paura. In un attimo di tregua concessomi dall’acquazzone infilo il K-way, prendo con me la biancheria pulita e mi preparo per una doccia calda nella casa delle suore.
Apro il cancello e dall’alto del chiavistello, sfiorandomi, precipita rapida una lucertola gonfia e pallida. Mi lavo in fretta utilizzando il secchio e per la prima volta rimpiango il tepore del mio comodo bagno italiano. Mentre le suore si radunano per un loro momento di formazione spirituale chiudo alle mie spalle la porta della cappella e avvolta nello scialle leggo ad alta voce il Vangelo di Matteo in lingua inglese. La chiesetta e’ forse il locale più’ umido e freddo di tutta la casa. Le zanzare ronzano numerose e a nulla giova l’acre odore di petrolio della lampada accesa sotto l’altare. Dopo la cena ci raccogliamo nella saletta a chiacchierare e al solito suor Bruna rallegra l’ambiente con buffi aneddoti di personaggi noti. Angela, Consolata e Maria Assunta confezionano, chi a maglia chi all’uncinetto, golfini e cuffiette destinati alla lotteria per la festa del villaggio. Nuovamente affiora palpabile la serenità con cui queste donne semplici dedicano la loro vita a Dio e ai fratelli.
Il viaggio
Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
BangladeshData di partenza
1993Periodo storico
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