Mestieri
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PerùPeriodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Mentre si accinge a ritornare in Italia dopo 6 anni di missioni all’estero, Antonio Ratini tira le somme delle sue esperienze di cooperatore allo sviluppo in Perù.
Finito il contratto rimasi in Perù, volevo ripercorrere le tappe di quegli ultimi 6 anni senza mediazioni; volevo verificarmi e verificare. Fu a dir poco affascinante il confrontarmi come persona con quella realtà. Ci furono organismi peruviani che mi invitarono in alcune fasi di valutazione dei loro progetti come membro dell’equipe di valutazione. Ci fu una ONG peruviana che in una espressione di massima fiducia mi invitò a partecipare ad un momento di valutazione interna della sua stessa struttura. Alcuni organismi sindacali, partiti e collegi professionali che mi richiesero come osservatore nei loro congressi. Dirigenti contadini ed amici mi comunicavano le loro preoccupazioni ed analisi più recondite “para averiguar juntos”. Tutto questo nel momento in cui ero solo rappresentante di me stesso, senza possibilità di incidenze. Mi invitavano a restare nel Paese, mi offrirono lavori retribuiti. La tentazione di rimanere era forte come anche la consapevolezza di non trovarmi nella posizione migliore per decidere “obiettivamente”. Era troppo tempo che non risiedevo in Europa, così decisi di rientrare e dedicare 6 mesi a ripenetrare la realtà italiana e a distaccarmi da quella peruviana. Il rientro non fu facile: iniziai a sistematizzare tutto il materiale raccolto in questi anni; bisogno di scrivere si faceva impellente. Tentai di fermare, di materializzare su dei fogli di carta sensazioni talmente intense da rendermi, per alcuni giorni, la vita difficile. Faticavo a rientrare nella “normalità” e i panni quotidiani mi vanno ancora stretti: un senso di banalità emana da tutte le cose. Relazionarsi è facile, difficile è comunicare, la gente è talmente lontana… Sono conscio che questa “normalità” è parte “integrante e complementare” della realtà con la quale devo comunque confrontarmi. Il valore assoluto che la cooperazione ha per me è in me stesso e nel rapporto che ho con le cose e le persone che ho attorno. Per questo continuerò ad operare nella cooperazione internazionale, e ad approfondire le sue tematiche cercando di estrapolare le essenze per integrarle al processo di definizione della “Cultura della Cooperazione” e diffonderne i contenuti. Sono convinto che non ci troviamo di fronte al fallimento della cooperazione ma alla difficoltà e necessità ed esigenza di ridefinire la cooperazione, anche ridefinendoci consapevoli dei rischi che corriamo sia attuando che non attuando: questa è la sfida. Tutte le precedenti esperienze e verifiche fatte in Italia, Europa e nei Paesi terzi mi hanno indotto a credere in una società interculturale e multirazziale. Credo nella cooperazione paritaria come strumento dei processi di approssimazione tra diverse culture che evidenzia la interdipendenza tra gli uomini della terra salvaguardando e garantendo l’autonomo sviluppo del pensiero. Sono un osservatore immerso ormai nell’osservazione.
Il viaggio
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