Mestieri
architettoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
NicaraguaData di partenza
2002Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Il mondo “nica”, così lo chiama Luciana, il mondo nicaraguense che a poco a poco si svela ai suoi occhi nei mesi trascorsi in Centro America come volontaria per la costruzione di infrastrutture dedicate alla comunità.
Secondo la tipologia costruttiva nicaraguese la Casa Episcopale ha pareti forate, non solo verso il patio interno, ma anche verso l’esterno e non ha finestre, ma strani infissi, protetti da grate in ferro se si affacciano sulla strada, realizzati con strisce di vetro orizzontali che possono ruotare su se stesse e che quindi rimangono sempre inevitabilmente aperte, difficili da veder pulite per la copiosa polvere sollevata dal continuo vento e per l’indolenza dei suoi pur sempre sorridenti abitanti. Insomma la strada è in casa, una vera partecipazione corale a tutto ciò che succede, il pubblico che si impone sul privato e viceversa. Intorno alle cinque, ancora è buio, cominciano a sentirsi in lontananza strane grida che si rincorrono nell’aria già calda trascinate qua e là in una danza sregolata al ritmo del forte vento. Sono i galli, ma cantano in nicaraguese, non il nostro chiaro e sano “chichirichì” di allegro e spensierato buongiorno ma un lamento straziante, quasi un ululato, anzi più ululati che si chiamano e si rispondono nella vasta campagna di questo orizzontale mondo nica dove tutto si svolge vicino alla terra e alla polvere. Nel loro canto, la disperazione con la consapevolezza dell’ineluttabile, sembrano annunciare a tutti una giornata di stenti e difficoltà. Segue a ruota, fin dalle prime ore della mattina accompagnandoti per il resto del giorno, il penetrante odore della carne cucinata su antidiluviani barbecue a legna (non esiste il gas), e poi il traffico strombazzante per l’esagerato uso dei clacson, dei primi veicoli di gente che va a lavorare, in genere vecchi camion rumorosi che emanano gas neri e puzzolenti, quasi sempre dismessi da paesi come gli Stati Uniti, Germania, Giappone e spediti qui, come ad esempio tutti gli autobus di linea. Appena tutta la città si sveglia, comincia la musica. Glí “strilloni” che pubblicizzano ad altissimo volume i vari esercizi commerciali, accompagnati da motivi anche italiani (Eros Ramazzotti e Laura Pausini vanno per la maggiore), si fondono allo sciogliersi delle campane e ai canti liturgici della vicina Cattedrale, o ancora ai ritmi allegri e semplici della musica del pueblo che accompagna quotidiane processioni in onore di vari Santi. Comincio a farci l’abitudine, non è sgradevole, è la colonna sonora del film della vita quotidiana in Juigalpa. La Casa è molto frequentata. Durante il giorno è un andirivieni e vociare di gente, ma io lavoro tranquilla defilata davanti al tavolo da disegno montato nell’ampio corridoio delle stanze del Vescovo al piano superiore, o meglio nello studio, dal quale ora scrivo, dove c’è il computer e la mia scrivania. Poi, ad un tratto, come per incanto… la Casa si riempie di mistici canti, voci maschili in una atmosfera rarefatta di insolita magia, i seminaristi in riunione con il Vescovo elevano al Signore il loro ringraziamento. La prima volta, per fortuna ero sola, ma giuro, ho riso fino alle lacrime, dicendo a me stessa…chi me l’avrebbe mai detto!
Si lavora sia sul fronte progettazione che su quello della direzione dei lavori. Infatti è iniziato, casa e bottega, da tre settimane il cantiere della nuova Casa Episcopale, che sorgerà limitrofa alla vecchia dove vivo e lavoro. Si contattano gli artigiani e i fornitori dei materiali, carenti nella stessa capitale. Si viaggia molto per sopralluoghi. Si ricevono i numerosi Cristiani Clienti. Quando manca la luce si disegna con una torcia applicata a “bandana” sulla fronte. Si conversa amabilmente durante i pasti canonici con il Monsignore e con chi altro si fermi a mangiare con noi. Qui vige la generosa consuetudine dell’aggiungi un posto a tavola che c’é un amico in più. Anzi, meglio, viste le distanze rese ancora più faticose dalla impervietà dei percorsi, vengono accolti, anche per la notte, molti pellegrini di passaggio, in genere religiosi in trasferimento, più raramente laici. Come una Antica Posta, stanchi viandanti, posteggiati i diversi mezzi di locomozione: piedi, biciclette, moto, cavalli, carri (toyota con le marce ridotte), si siedono alla povera ma abbondante mensa del Vescovo. E ancora…si va alle feste!
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