Mestieri
consulenteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
1988Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Terminato il periodo di studi, terminato un lungo viaggio, di rientro a Pechino Roberta Gandolfi è assalita dal dubbio se restare in Cina e cercare un impiego, o tornare in Italia. Alla fine, sceglierà la seconda opzione.
PECHINO 22 OTTOBRE 1988
Sì, eccoci finalmente a casa. Direte, strano sentirsi a casa a Pechino ed in effetti lo è ma non so che altro dire se non che mi sento a casa a Pechino. Lì ci ho trascorso due mesi e lì sto bene perché so come muovermi, dove andare, a chi rivolgermi. Ho dei punti transitori di riferimento che mi danno una certezza non indifferente, che mi aiutano a sopportare la nostalgia. Tuttavia l’inizio non è dei migliori, speravo in qualcosa di più cerimonioso, di più esaltante. L’amica australiana Eve La Rose che ci aveva invitate a risiedere nell’appartamento del suo amante non è a casa ad aspettarci, come d’accordo, e, dopo aver appoggiato i bagagli, ci prepariamo spiritualmente ad una notte in bianco. Volendo evitare di incontrare le altre amiche italiane da poco ricomparse nella capitale perché avevamo detto loro che saremmo rimaste in viaggio per un tempo più lungo, escludiamo le zone pericolose, dove ci sarebbe il rischio di scorgersi nella speranza di annullare le spiegazioni e i chiarimenti. Passando per Ritan Park entriamo all’Hotel Jianguo per mangiare un boccone: quatte quatte mettiamo piede nella caffetteria e, proprio dietro la porta, ci imbattiamo in tutte le nostre amiche sedute che cenano, più il pinguino reduce dal college (il pinguino è un nostro compagno di studi che abbiamo così denominato per la sua vicinanza esteriore all’animale vero e proprio). Ridicola questa situazione, paradossale come la vita. Chiaramente il mio istinto iniziale è quello di ridere, poi intervengo con una serie di recuperi, tentativi arrancanti di sistemare la situazione. La Robbie mi attribuisce pazzie inconsuete per le risate che a raffica mi faccio pensando al fatto assurdo. Giunti a questo punto non c’è più niente da nascondere nemmeno le cose più spudorate e così ci lanciamo nella narrazione del viaggio appena conclusosi. Dopo una cena succulenta a basa di cheese burger, ci intrufoliamo fra la folla inespressiva della Discoteca dell’Holiday Inn e ci scontriamo in 2000 conoscenti. Il nostro look lascia molto a desiderare, d’altra parte non si può pretendere molto da due profughe senza tetto appena rientrate da un viaggio mega. Le sensazioni sono varie e multiformi, dalla familiarità più intima a un desiderio di variare, di arricchire quel mondo di plastica. Che è sempre quello; lo riconosceresti a miglia di distanza, è imperfetto come quelli che lo abitano, impreciso, un mondo chiuso. Solitudine devastante che riaffiora dai ricordi. Beh, chiusa la parentesi danzante, e constatato che non abbiamo un letto in cui dormire, rimaniamo nella hall dell’albergo tutta la notte a discorrere del più e del meno. All’alba stiamo male, orribili come rane pescate di fresco, fuggiamo da lì per chiuderci nel bar del Negozio della Amicizia, tutto il giorno con l’Alessandra, un’amica di Varese. Fuori piove a dirotto e tutto il freddo possibile ce lo prendiamo bene, iniettato nelle ossa e nella carne. La sera cena cinese e a letto con l’Alle perché l’australiana non è ancora rientrata. La mattina dopo la donna di servizio di Eve e Clinton ci comunica il loro arrivo in giornata. La ditta di cui lui è il presidente gli paga un appartamento da sogno nella zona residenziale del Hotel Holiday Inn, chiamato Lido in cinese. Vivere al Lido non è poi male, dimentichi quella che chiamano Cina e ti sembra di essere da tutt’altra parte, magari a Roma in Via Veneto, in uno degli hotel classici più eleganti della capitale. E invece sei a Pechino, ospiti di due amici che gentilmente ti offrono la loro dimora per stare meglio e farti felice. Loro due sono davvero eccezionali, mi piacciono, non ti creano storie, libertini e disponibili, divertenti davvero. Ti senti veramente in pace con i sensi, vivere con loro è rilassante. Non ci sono problemi, non ci sono le formalità. Tutto è spontaneo immediato. Non ci vediamo quasi mai, anche perché le nostre giornate sono iperdense, ultracariche, usciamo tardi alla mattina per non rientrare fino a notte fonda. Vacillo tra voglia di andare e voglia di impegnarmi in uno stoicismo professionale tutto cinese. Ma la prima spinta finisce sempre per vincere. A volte sono felice di parlare con i miei, a volte preferirei non sentirli. Mi piacerebbe sentirli più calorosi, più accoglienti sul momento, poi so che anche così mi infastidirebbero comunque. Mi succede di aver paura di tornare e di trovare le cose cambiate, magari antiche, affetti che si sono incrinati, rapporti armoniosi che si sono fottuti. Ho paura di trovare dell’indifferenza da parte di chi adoro, di chi amo. In verità, ancora non capisco cosa mi sta succedendo in questi ultimi giorni di gloria a Pechino, quindi non mi resta che accantonare i molteplici pensieri e dormirci su.
Il viaggio
Mestieri
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laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
1988Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Roberta Gandolfi
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