Mestieri
operaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
GermaniaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Nel suo diario, scritto da italiano emigrato in Germania nel corso della Seconda guerra mondiale, Colosi rilascia un commento estremamente interessante sulla percezione reciproca dei popoli italiano e tedesco. Le condizioni di sfruttamento lavorativo ed emarginazione che subisce ogni giorno lo portano a denunciare l’ipocrisia dei rapporti di alleanza tra i governi, e a rilevare una certa sudditanza psicologica da parte dei suoi connazionali nei confronti dei seguaci di Hitler.
29/7/41 /XI Quest’oggi mi sono deciso di farmi togliere dal lavoro di montatore perché troppo accidentato e duro. Le mani mi dolevano e per di più un numero abbastanza elevato di piccoli tagli e ciacconi mi impediscono di poter stringere qualsiasi utensile. Avrei voluto rimanere con la speranza di poter guadagnare qual’cosa ma la guerra sorda fatta di indifferenza dei miei compagni mi anno tolto tutte le forze di lottare. I miei compagni con cui per esigenze di lavoro ho da fare in comune sono: Un Polacco cortese e falso, un Russo Bianco diciannovenne sempre (?) per la questione del suo paese in guerra contro la Germania, e un Belga buono ma non abbastanza autoritario. Io non pratico del lavoro, dovevo sgobbare da mane a sera mentre loro mangiavano, fumavano, fingevano di fare qual’cosa attorno ad un pezzo. Io dovevo prepararli il lavoro nel seguente modo: Un radiatore uscito dalla quinta mano d’opera dovevo incastrarlo in un apparecchio apposito, quindi ingraffarlo con due punte e due morsetti, quindi con un trapano elettrico forarlo in quattro punti, (da tenere conto che il metallo è piuttosto resistente) poi con una sesta invitata punteggiarlo. Finita questa operazione toglierlo dall’apposito apparecchio e portarlo sul banco per saldarle con un ferro posto tutta la giornata in braciere a gas 4 etichette di metallo. Una la matricola, la casa e la distinzione dell’apparecchio Juncher 88 da bombardamento e Stukas-29 Juncher, le tre altre: entrata, uscita, e D.R.m. scritto in tedesco. Era questa un’operazione molto delicata perché bastava che il ferro poggiasse un po’ più che lievemente e si causava dei piccoli danni. Poi con un piccolo raschino (?) la saldatura. Poi in un altro banco con una sesta tracciarlo in due parti e tagiare le sporgenze con le forbici. Questa operazione mi accidentava le mani per lo sforzo delle forbici ed ogni qual’volta mi sfuggiva l’utensile dal pezzo erano lesioni dolorose perché il metallo era vivo di taglio e spinoso. Quindi con una lima rude e un’altra fine finire il pezzo e consegnarlo al Russo per il montaggio di viti piccole boccole d’incastro ecc. ecc. In 11 ore di lavoro dovevo consegnarne 24 — 25, un lavoro duro e direi impossibile se non l’avessi fatto. Riguardo i miei compagni dato che il lavoro era molto più buono e comodo, avrebbero dovuto aiutarmi e siccome in otto giorni non avevo visto nemmeno un piccolo cenno di aiuto mi sono scoraggiato e ho chiesto il cambiamento per qualsiasi posto dato che io soffrivo l’acido dei Radiatori agli occhi già ammalati. Dopo alcune discussioni fatte per mezzo di un Croato conoscitore di sette lingue mi anno messo a lavorare al banco di lima. Tracciare piccoli disegni su piccole piastrine di metallo quindi tagliarle sul morso e poi arrangiati con la lima e piegati a più forme con piccole forme di acciaio. Il lavoro è più buono e mi dà più soddisfazione, adesso resta la questione della paga. Vedrò in seguito,. Il mio nuovo capo è un fanciullone tedesco alto 1,86 ex boxeur, con alcuni combattimenti fatti a Milano e a Torino mi a offerto la mano e mi ha detto stentatamente: Octavian e tou? Io le ho sorriso e le ho detto: Renato. Le ho chiesto se era lui il mio capo ed egli mi ha risposto: no capou, cameratal…
Più tardi con dei segni mi ha fatto capire che lui fa 15 ore di lavoro al giorno perché ha casa ha tre figli che mangiano e uno deve venire presto. Le ho fatto capire che anch’io avevo qual’cosa: una bambina. Per un attimo ho pensato alla mia Ritina e una affettuosità mi ha preso il cuore e con un gesto spontaneo o cercato la mano del fanciullone per stringerla nuovamente. Ci siamo sorrisi cameratescamente, domani incomincia una nuova vita sul lavoro. Io ho fiducia.
Oggi 29/7 so già che mi anno fatto 70 fennis di paga oraria ma non è l’ultima, con molta probabilità riuscirò a mandare a casa quello che speravo. Penso alla mia compagna lontana con soddisfazione, forse riuscirò a darle molta contentezza!!!
2/8/41/XIX Domani sono invitato dal mio maestro il fanciullone biondo che invece di Ottavio si chiama Walter Knust ed abita a Mildensee Pótnitz 26 in una casettina che bacia il grande fiume di Dessau. Walter possiede una bella barca con la vela ed è molto bravo e anche ottimo disegnatore così ha messo insieme queste due cose e mi ha invitato facendomi uno schizzo veramente bello. Una lunga strada poi un gran fiume, una chiesa e di fronte una bella casina ad un piano a due passi il fiume e una imbarcazione. Sulla barca ha disegnato due uomini che vogano e sotto il suo ed il mio nome e poi à aggiunto: Morgan! Renato Walter, ià? È strano come abbia incontrato un tedesco che ci venga incontro con simpatia e amicizia. L’impressione che mi anno dato i tedeschi è cattiva e mi ha molto deluso nel senso di cameratismo tanto decantato dalla stampa italiana. Ò l’impressione, e purtroppo in parte subita, che ci vedano come degli esseri inferiori e che tra l’altro non abbiano ancora dimenticato che eravamo i loro nemici nella guerra mondiale. In tutta Dessau non abbiamo potuto trovare una fotografia del nostro Duce, mentre in tutti i negozi fa bella mostra di sé Itler in più pose ed atteggiamenti. Quanta differenza dalla nostra ammirazione per i nostri alleati, alla loro indifferenza. I tedeschi, sono sgarbati, direi, danno l’idea di una statua, senza cuore, senza i più delicati sentimenti affettuosi che sono in noi latini, qualsiasi gentilezza, se ve la fanno è rude e fatta con poca grazia. Sarà che non li ho ancora capiti, ma ho troppa paura di averli capiti troppo. Loro amano la guerra, la supremazia su gli altri popoli, come noi amiamo la serenità della nostra casa, loro agognano singolarmente di essere più forti degli altri uomini dei varii paesi e lo fanno capire con gesti da Kin — Kon e con esclamazioni gutturali che è tutto un poema. Forse un giorno cambierà questo stato di cose ma purtroppo se debbo essere sincero con me stesso debbo dire questo: noi Italiani all’estero non siamo calcolati niente. Amara constatazione, purtroppo, ma ligia alla apparenza delle cose. Domani mattina da Walter andrò con tutta la mia sincera amicizia, con la più schietta lealtà d’animo perché mi è piaciuto tanto il suo gesto cameratesco ed io lo contraccambio con tutto il mio entusiasmo. A tre bambini il fanciullone ed io vorrei portarle qual’cosa ma non ho la minima possibilità di portarle niente perché non vi è nemmeno una pagliuzza che non sia regolata con la carta annonaria. Ricordando le tre grazie del camerata tedesco mi sovviene la mia bambina. Quanto pagherei che anche lei venisse col suo papà in barca lungo il grande fiume di Dessau!!!
Il viaggio
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