Il mare

Fu in quel punto, all’ombra d’uno scoglio dove la sabbia umida sembrava ancora più scura, che il mare decise di fare bella mostra dei suoi tesori. Per lo più si trattava di bastoncini, pezzi d’alghe, minuscole conchiglie. E con tocco gentile e delicato le onde si assecondavano come tante commesse in un giorno di mercato. Ebbi un attimo di incertezza, poi decisi e scelsi per me due piccoli sassolini bianchi e mi ritirai frettoloso. Il sole guardava altrove verso un punto lontano. Il vento importunava con insistenza alcuni ciuffi d’erba che vivevano sul ciglio della strada e che le auto avevano ridotto simili a vecchi pennelli consunti. M’accostai alla notte con gli occhi chiusi e per la prima volta trovai nei miei pensieri un angolo di pace e di silenzio.

Scogli e spiagge erano in costante simbiosi; ad un tratto la strada svoltò all’interno deviando tra colli e alture, superò l’acquedotto romano, ridiscese, risalì nuovamente. La sagoma nera e possente d’un toro di legno mi si paralizzò negli occhi. Coltivazioni, e una scritta — peones camineros — sul muro sgretolato d’una casa: l’abitazione era inabitabile, le imposte sconnesse e intorno erbacce e arbusti. La strada si snodava in ampie curve sfuggendo al sole attraverso brevi gole spoglie e asciutte. D’improvviso ancora il mare. Da una terrazza di pini si scendeva giù a grandi balzi su un rettangolo di sabbia cosparsa di spuma bianca. Superai il tunnel, poi la strada iniziò la discesa finale. Il richiamo del mare si fece vicino. In lontananza una città, un porto, una striscia di fumo, un canneto.

Sulla spiaggia i bambini lanciavano pezzetti di legno.
Navi gloriose affondavano nel gioco del mare.
I bambini ridevano e il vento del mattino muoveva le canne.

(Motril)