Mestieri
funzionarioLivello di scolarizzazione
Diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
AlgeriaData di partenza
1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)L’esperienza in Algeria per Giorgio Migheli si conclude dopo alcuni episodi di violenza e razzismo, perpetrati dai francesi ai danni di algerini, ai quali assiste. Giorgio è scosso dalle scene alle quali assiste, capisce che nonostante la sua giovane età e il suo spirito di adattamento, non vuole continuare a vivere e lavorare in quel contesto sociale.
Un giorno arrivarono mobili nuovi per l’arredo dell’ufficio. Due manovali scaricarono dal camion una scrivania e provarono diverse manovre per portarla all’interno attraverso la porta molto stretta. Sfortunatamente urtarono lo spigolo del muro arrecando un piccolo danno a quel mobile. II capo ufficio andò su tutte le furie e cominciò a inveire in maniera indecente verso quei due disgraziati. L’invettiva finì in maniera turpe offendendo quei due arabi, bestemmiando il loro veneratissimo Allah. Anche nello sguardo dì quei due poveracci lessi l’odio represso verso di noi. Come avrebbero potuto sperare, i francesi, usando questi metodi, di tenere L’Algeria legata alla Francia?
Dopo quell’episodio se ne verificò un altro ancora peggiore. Una pattuglia di due parà, mitraglietta a tracolla, col loro passo caratteristico lento e strisciato, marciavano al centro della strada principale di Bechar; da una strada laterale improvvisamente sbucò un arabo in bici che taglia la strada alla pattuglia. I due militari francesi fermarono il malcapitato, lo colpirono con calci e pugni, poi lo portarono sul marciapiede e tenendolo per la collottola lo trascinarono e gli fecero fare il giro di tutti i bar. Mentre uno gli teneva la bocca aperta, l’altro gli versava in gola bibite superalcoliche. Non lo avrebbero potuto trattare con più crudeltà se lo avessero ucciso, ai mussulmani è proibito l’uso di alcolici, anche questa volta l’offesa fu fatta nel modo più turpe. I due lasciarono libero quel poveraccio pieno di lividi, intontito dall’alcool e offeso nella sua cultura.
L’episodio fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il mattino dopo mi licenziai con tanta tristezza nel cuore; non avrei potuto continuare a vivere in un ambiente dove sì dava sfogo a infamie così terribili. Passato qualche giorno dovevo prendere l’aereo per Algeri, ma il volo fu annullato per uno sciame immenso di cavallette che investì Bechar. Fu uno spettacolo impressionante che oscurò il cielo per un’ora. Nei rari punti dove in quel deserto vi era un po’ d’erba, fu brucata anche quella. Bechar mi parve ancora più squallida, e provavo nell’anima uno dei rari momenti di sconforto della vita mia. I segni che avevano inciso l’anima, ormai erano moltissimi e, in futuro, pur aggiungendone altri, non mi avrebbero cambiato più di tanto. Le peculiarità del mio carattere andando avanti con l’età, muteranno sempre meno, ma l’indelebile ottimismo davanti alle avversità, riaffiorerà puntuale. La vita ritornerà a presentarsi al mio animo, stupendamente, degna di essere amata.
Il viaggio
Mestieri
funzionarioLivello di scolarizzazione
Diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
AlgeriaData di partenza
1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Giorgio Migheli
Una partenza in quarta
Il mio soggiorno veneziano stava per finire, si ripresentava il problema di lavorare e di guadagnare...
Il primo impatto
Il primo impatto con Algeri fu bellissimo, tutto sembrava procedere per il verso giusto. L'entusiasmo era...
I dinamitardi
La mattina successiva al mio arrivo venne spesa per le formalità. All'ufficio di collocamento mi viene...
Un odio profondo
In ditta mi diedero un pacco di disegni dicendomi: "Questo è il progetto di una caserma...