Mestieri
studenteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
GreciaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gavino Ruju, soldato italiano di stanza in Grecia nel corso dell’estate del 1941, viene trasferito da Patrasso a Katouna, piccola località nell’isola di Lefkada. Il viaggio, via terra e via mare, ispira una bellissima lettera, ricca di racconti e descrizioni, che spedisce alla famiglia in Sardegna una volta giunto a destinazione.
Katouna 9-9-41-XIX
Carissimi tutti, da una cartolina speditavi il 7 da Amfilokia avrete già appreso la mia definitiva assegnazione insieme col mio indirizzo. Il paesetto nel quale si trova il mio reparto è costituito da qualche centinaio di casette sparse tra i monti, monti brulli e incolti, in vista di un bel laghetto azzurro. Paese piccolissimo senza luce, senza comodità di alcun genere, senza negozi eccetto qualche bettola dove si vende l’uso, cioè il liquore d’anice. Ma siamo a varie centinaia di metri sul mare e l’aria è fina, fresca e c’è meno malaria che nelle altre zone. L’acqua è abbondante e ottima. Il paese che inutilmente cerchereste sulla carta si trova a qualche decina di km a sud del golfo di Prevesa (o golfo di Arto). Vi parlerò in seguito di questa mia vita qua e vi dirò come mi trovi bene, sotto tutti gli aspetti, vitto, superiori, alloggiamento, camerati. Per ora vi voglio fare un po’ di diario delle ultime giornate abbastanza interessanti e movimentate. La sera del 2 è arrivata al comando di Patrasso la nostra destinazione. Noi 120 siamo stati divisi per metà, delle quali una è rimasta nel Peloponneso, l’altra è stata inviata più a nord. Il 3 ci siamo — imbarcati alle-13 da Patrasso diretti a Missolongi (nella parte settentrionale del, golfo di Patrasso) su di un piccolo moto veliero non più grande di quei barconi che ad Alghero servono per scaricare il piroscafo. Il mare dapprima pareva abbastanza buono: al largo, però, incoraggiato da un vento furioso ha messo su certe ondone che si giocavano la nostra barchetta a loro piacimento. Ciò che è seguito ci parrà forse frutto delle reminiscenze salgariane: come per accertarvi che non è così basta che vi dica che abbiamo impiegato sette ore per un percorso che normalmente ne richiede due. La nave si inabissava giù giù a perpendicolo per poi di nuovo arrampicarsi faticosamente sull’onda successiva; l’elica di tratto in tratto annaspava vertiginosamente fuori dall’acqua; il vento passava con insistenti sibili sinistri, ora cupi, ora acuti, tra i cordami, le valigie e i pacchi scorrevano da una parte all’altra. Noi ci tenevamo aggrappati fortemente ad ogni corda, ad ogni sporgenza, sotto la doccia continua degli schizzi. La cosa è diventata oltremodo interessante quando una raffica violenta, che quasi ci ha capovolto, ha strappato e sminuzzato la vela che cercava di aiutare il motore. Un divertimento pazzo, credete, almeno per me! Perché era un divertimento riservato a pochissimi, una minima parte, il resto… il resto, beh, quel giorno, insomma aveva mangiato inutilmente. Il tramonto ci ha offerto uno spettacolo meraviglioso, d’una bellezza ineguagliabile: il sole, sbucato ad un tratto tra il rossore delle nubi, tingeva dì un rosa perlaceo coi suoi lunghi raggi la trasparenza iridescente delle onde spumeggianti che si avventuravano l’una dietro l’altra… Più tardi la luna, ci ha portato un po’ di calma e ha permesso l’entrata nel porto tranquillo. Erano le dieci passate. Abbiamo passato la notte in una baracca al Comando Tappa. Il sesto comando T. in poco più di un mese (dopo Olbia, Civitavecchia, Napoli, Brindisi, Patrasso). Misolungi è un paese in equilibrio tra stagni e acquitrini puzzolenti, una vera fabbrica specializzata di zanzare della miglior specie. L’indomani partenza in autocolonna per Agrinion a 50 km più a nord. I luoghi che abbiamo traversato non si possono neanche minimamente descrivere. Con tutto il rispetto, ho avuto l’idea che il Padreterno, quando ha creato questa zona, aveva bevuto e così, un po’ brillo, si sia divertito ad accatastare a casaccio, come gli veniva tutto ciò che gli era avanzato dopo aver fatto il resto del mondo, montagne su montagne, vette su vette, rocce e macigni giganteschi, abissi vertiginosi. Per chilometri ci siamo trovati in una stretta zona incassata tra rupi smisurate che sembravano congiungersi sulla sommità, lasciando intravedere solo una sottile striscia di cielo. Ai margini della strada, qua e là, innumerevoli carcasse sventrate e bruciacchiate di carri armati, autoblinde, camion. Made in England… di qui si sono ritirati gli Inglesi… A Agrinion, una piccola cittadina, abbiamo sostato tre giorni in attesa della ulteriore suddivisione ai vari reparti. Il 7 siamo arrivati noi “superstiti”, ad Amfilokia. Questo è un paese sulla sponda occidentale del golfo di Prevesa, veramente pittoresco. Ha un lungomare e tutte le case sono situate sulla montagna, distanziate l’una dall’altra così da essere tutte in vista del mare e formare quasi un’unica parete. La sera ho fatto un bel bagno nel golfo, acqua limpidissima. La notte abbiamo dormito in una tenda situata su di un pontile che serve come “bagno riservato ai Sigg. Ufficiali” (tra parentesi: ad Agrinion pernottiamo in un magazzino di essiccamento per il tabacco). L’indomani partenza per Katouna, due ore di camion: ormai eravamo ridotti, dei 120, in sei. Le strade, in certi punti dove non sono state rifatte recentemente, esistono solo come un segno convenzionale sulle carte geografiche. Ed è meravigliosa la pratica e l’abilità con cui questi autieri abbordano a piena velocità curve strette in modo inverosimile, discese paurose piene di fossi e di sassi, che dico? Macigni, nelle quali qualsiasi altro autista si fiaccherebbe facilmente il collo. Come vedete in questi ultimi giorni ne abbiamo visto un po’ di tutti i colori. Beh, per sei lire che è costata la domanda…! Si capisce che, in qualsiasi posto arrivassimo, nessuno sapeva niente di noi, quindi i ranci saltati non si contano più. Solamente ad Amfilochia ci aspettavano. Un capitano del comando, che ci aveva chiesto come mai fossimo in kaki, a noi che gli dicevamo: “Dovevamo andare in Africa”, “Ah, si, ci ha risposto, lo so, siete tutti tempre di eroi” E così si tira avanti. Ditemi se questa lettera, che non è certo “via aerea” e pesa un po’, vi arriva nello stesso tempo che hanno impiegato le altre per via aerea.
Vi prego, al più presto mi manderete, fino al peso di mezzo chilo, di quei libretti, sunti di materie di diritto, che aveva comprato Francesco e che erano nello scaffale in camera mia. Mi manderete di quelli di Diritto Civile, amministrativo, corporativo, scienza delle finanze, economia, le materie più importanti, insomma. Avrei preferito studiare dai libri grossi, ma quelli si sarebbero dovuti spedire sezionati e in innumerevoli pacchetti. Inoltre col primo pacchetto mi manderete pure un porta — sapone, leggero. Quello che avevo l’ho perduto a Brindisi e in tutta la Grecia non sono riuscito a trovarne uno. Qua spero di poter studiare, perché si lavora poco, anche perché il 60%, almeno, di noi (di quelli trovati qua, s’intende) avrebbe bisogno dell’opera che Gigi presta, o prestava, in quel di “Scala di Giacca”… Qua farebbe una caccia…! Ora si è iniziato il fresco. Per fortuna io, contrariamente a quanto hanno fatto molti, pensando che in Africa le notti sono fredde, avevo portato con me due maglie pesanti e il maglione militare. Purtroppo ho invece lasciato nella valigia rimasta a Roma l’altra maglia pesante e quel pull-over a maniche corte. Spero che prima che cominci il vero freddo riescano a buscarmi una divisa grigio —verde. Per ora non ce n’è. Pare, inoltre che fra non molto ci trasferiremo in un altro paesetto in riva al mare. Naturalmente il mio indirizzo rimarrebbe in questo caso lo stesso. Da Amfilochia ho inviato il mio indirizzo ad un mio amico rimasto a Patrasso e fra una settimana spero di avere la posta arrivata là nel frattempo. Scrivetemi spesso mi raccomando e ditemi, fra l’altro, l’indirizzo e tutto ciò che sapete di Gavino P., se avete ricevuto quel vaglia da Strada, di cui mamma non mi parla nelle sue passate; dove si trova Gigi e il resto dei Ruju; tutto ciò che riuscirete a sapere (e interessatevene) circa eventuali licenze per esami in giugno se avevano avute anche da qua); inoltre informatevi, in distretto, circa il corso All. Uff, che cosa se ne è fatto e se ne farà e il perché di questo cambiamento. (Qua in proposito circolano le voci più incontrollate, la più diffusa delle quali è quella che tra tre mesi saremo fatti ufficiali, in seguito a esami o in base alle note informative; ma niente di sicuro o ufficioso); ditemi di Antonio S., se è ancora a Sassari e come ha fatto. Di quel che dice mamma riguardo al fratello di Uff. non mi interessa proprio niente, soprattutto di quella allusione a certe signorine, non so… forse credo d’essere troppo intelligente!
Il viaggio
Mestieri
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GreciaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Gavino Ruju
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