Mestieri
sartoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1953Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Salvatore Di Biase cerca lavoro nella Roma del dopoguerra. Ha talento da sarto e riesce a trovare un impiego presso una ditta che lavora nel prestigioso quartiere Parioli. Ma non si accontenta. Sogna di varcare l’oceano e di andare a vivere e lavorare in America. E il suo sogno si realizza.
I nostri tempi erano duri, e difficili. Così stetti qualche giorno al paese, potevo ritornare il giorno dopo aspettai qualche giorno, poi rientrai a Roma, stavo senza lavoro mi mandarono via gli non c’era posto per me, cercavo chiedevo in giro niente. Un giorno presi un giornale per cercare qualsiasi cosa, viti un annuncio, una sartoria, facevano vestiti da donna. Cercavano giovane sarto, mi presentai, mi chiesero se avevo esperienza da donna gli dissi di si, avevo lavorato in questa grande sartoria, mi disse di provare, la mattina seguente andai al lavoro, era in una villa dei Parioli. La proprietaria era una modella russa, sposata con un diplomatico italiano, un posto meraviglioso, erano tutte ragazze giovani, la direttrice mi disse, di [non] mischiare il lavoro con l’amore di qualche ragazza altrimenti fuori, cosi fu, cominciai a lavorare, con l’aiuto di qualche signora più anziana di lavoro ma era giovane, mi dietero due giovani apprendiste. Ti davano dei disegni e tu dovevi realizzarlo sul manichino. Forse per la prima volta questo mestiere mi cominciava a piacere, era creativo, piacevole, ti rendeva importate da nessuno che ero, stavo diventanto qualcuno, andavo a lavorare con sodisfazione, era piacevole. Semprava che tutti i sacrifici fatti ti stavano paganto, dopo due settimane, mi pagarono 24 mila lire, prima dovevo lavorare un mese, tutto sodisfatto, le cose andavano benissimo, sì lavorava 8 ore e basta, prima non si capiva niente si sapeva quando cominciavi, ma non sapevi quando finivi, e ti pagavano l’affitto e un piatto di spachetti. Era finito la sofferenza, continuavo a lavorare, con due assistente, il lavoro era piacevole era tutto perfetto, tutti i venerdì era da consegnare, i preparativi, scatolati e spediti in america la Signora aveva un grante salone sulla madison avenue. Cera solo un’incoveniente, allora di pranzo, mangiavo un panino, come al solito, ma! le ragazze sai come vanno le cose, loro erano tante, io ero solo come uomo sarto gli altri erano spedizionieri commessi, allora loro tutti i giorni rompevano, io ci tenevo al posto, cosi me ne stavo sempre buono gli dicevo, state attento qualche giorno mi fate scappare la pazienza e così il tempo trascorreva. Durante l’estate quando era al paese avevo conosciuto da un sarto dove mi facevo qualche vestito per me una ragazza, più una donna, mi diceva se davo un occhio di riguardo al suo cappotto che stava facento il sarto. Io gli dissi perche nò. Lei veniva dall’america aveva studiato e era un’indossatrice. Io subito gli dissi se mi dava qualche lezione d’inglese. Lei era molto disponibile, una gran bella donna. Tutto il mese imparai parecchio, [a] me piaceva molto la lingua inglese, a Roma arrivano sempre turisti e ti serviva, lei mi disse che era un ragazzo inteligente aprentevo subito, avevo con me una grammatica d’inglese di un amico che frequentava l’ultimo liceo, a lui non serviva, la diete a me, la portavo sempre con me.
Ritornai a Roma a lavorare, una sera in trattoria, un’amico mi disse che aveva saputo che c’era una richiesta di sarti per gli Stati uniti, io non ci pensai due volte, vado a vedere, mi dissere di presentare una domanta con vari certificanti, due sartoria doveva avevo prestato lavoro, e la presentai, tanto a me non era costato niente. Io continuano sempre con il mio lavoro, come avevo un po di tempo libero studiavo, mi piaceva, tutto funzionava bene, ero contento, stavo bene i mesi passarono, un giorno mi arrivo una lettera dove mi chiedevano di preparare tutti i documenti per andare negli stati uniti, [sbiancati]; quanda contentezza ero felice, semprava che tutte le mie sfortune si erano calmate. Preparai tutto, consegnai tutto all’abasciata americana mi dissero di cominciare a preparare il passaporto, cosi dieti incarico, a un collega, io durante l’estate quando venivo in vaganza gli facevo sempre un favore lui voleva che io le cose importante di un vestito glielo facessi io, cosi io gli chiesi di seguire la pratica per il passaporto, io continuavo a lavorare come se niente fosse, tutto proseguiva come se niente stesse accadento. Era necessario che tutto ciò che stava accadento, non doveva essere che un sogno. Io non ci credevo fino a quando non sarebbe veramente successo, di partire per l’america. In quel tempo era difficile partire, era solo permesso ai famigliari [fidanzati] se qualcuno poteva andare senza che avesse qualcuno agli usa. Io proseguivo ad lavorare le cose andavano bene, nel momento che tutto andava bene, una ragazza, che lavorava nel piano superiore si era innamorata di me, la vedevo spesso nel mio reparto, gli chiedevo cosa volesse, cercava sempre delle scuse, così un giorno, la signora anziana, mi disse, non vedi che lei e cottà di te, ma smettila gli dissi e sola una bambina, veramente era una bambola due occhioni castagni, una bellissima ragazza, aveva solo 16 anni, Io ne avevo quasi 23 ma ne mostravo qualche anno in meno passo qualche tempo, ci cominciammo a frequentare, andavamo al cinema la domenica, ma sul lavoro gli dissi che niente doveva succedere, c’erano state altre ragazze che avevano cercato di mettersi con me, ma sapevo cosa mi aveva detto la direttrice niente donne di lavoro, perciò cercavo di salvaguardarmi di non cadere in trappola, le donne fanno in fretta a farti perdere la testa, soprattutto quando sono belle. Il tempo trascorreva il tempo stava arrivando, i documenti erano tutto a posto, mi mando a chiamare il consolato di Roma per una breve chiacchierata mi disse che presto sarei chiamato a passare la visita di controllo a napoli, una volta che la visita medica era compatibile, loro mi avrebbero concesso il visto, e dovevo solo decidere di partire, non ci credevo semprava impossibile eppure era vero. I giorni trascorrevano cosi rapiti, e cosi arrivo il giorno della visita, andai a napoli, era un ospedale americano, mi visitarono, tutto a posto, mi dissere che il console di roma, mi avrebbe scritto per portare il passaporto e mi avrebbero messo il visto per la partenza, E cosi fu, due settimane dopo arrivo la lettera mi dissere di presentarmi per il visto di entrata negli stati uniti d’america, andai e tutto filo come se niente fosse, ritornai al lavoro il giorno dopo, gli stetti due o tre settimane poi mi licenziai.
Il viaggio
Mestieri
sartoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
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