Mestieri
operaio della FiatLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1934Data di ritorno
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)In Libia i Barbieri cominciano presto a vivere una vita normale: Felice, il fratello più grande e le sorelle vanno a scuola, la mamma si occupa dei bimbi piccoli, il papà coltiva orgoglioso i campi.
Nell’ottobre del 1935, qualche giorno prima del mio sesto compleanno, accompagnato da mamma faccio ingresso nel mondo della scuola. Il primo giorno era d’obbligo presentarsi con la divisa. Io indossavo quella di “figlio della lupa” e questo mi incuteva un senso di orgoglio, pantaloncini grigioverde, camicetta nera con cinturone bianco che si incrociava sul petto al centro del quale faceva bella mostra un grosso medaglione con l’effige del duce.
Oltre al libro e quaderno, era indispensabile portare un cucchiaio col quale ogni giorno prima di entrare in classe avremmo dovuto ingoiare davanti all’insegnante la razione di olio di fegato di merluzzo. Già dai primi giorni di scuola, il mio comportamento istintivo ed una buona dose di impulsività mi crearono qualche problema di adattamento alla nuova realtà. […]
Anche i bambini delle popolazioni indigenti avevano l’obbligo di frequentare la scuola. Avevo stretto amicizia col figlio di un beduino di nostra conoscenza e fù messo nel mio stesso banco; questi seguendo il mio esempio era naturalmente soggetto allo stesso trattamento disciplinare. […]
Durante le vacanze mi recavo di nascosto nella tenda del mio compagno di scuola benché i miei me lo avessero tassativamente proibito. I genitori di questo ed altri bambini arabi erano molto ospitali e questo per me equivaleva ad un invito. Mia mamma si accorgeva di queste mie scappatelle perché in tali occasioni tornavo a casa carico di insetti vari. Malgrado tutto, il contatto con queste persone mi aveva dato modo di imparare la loro lingua che solo dopo un anno parlavo discretamente.
L’estate di quel 1936 si ebbe un abbondante raccolto, papà era entusiasta, a volte si piazzava in mezzo ad un campo di frumento, all’orto o in altri posti con le mani ai fianchi e spaziava girandosi su se stesso con espressione felice, pensando “finalmente ho un terra tutta mia”. […]
Papà era sempre più entusiasta di essere venuto in queste zone, l’acqua era abbondante in tutto il podere, la terra molto fertile e per di più lavoro indipendente, lui che in Italia aveva dovuto lavorare sempre con la testa china come uno schiavo. Egli aveva partecipato alla guerra Italo – Turca ed era rimasto proprio su quel territorio che adesso coltivava, dal 1911 sino al 1917; perché dopo l’armistizio lo avevano trattenuto in Cirenaica per combattere contro i ribelli. Quindi riteneva a ragione di avere tutto il diritto di raccogliere i frutti degli enormi sacrifici sofferti in quella lunga e sanguinosa guerra.
Il viaggio
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