Mestieri
perito edileLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1948Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)L’impatto con Ushuaia, città dell’estremo sud dell’Argentina, lascia subito un’impressione desolata nell’animo di Daniele Triches, emigrato bellunese partito per esigenze di lavoro nell’immediato secondo dopoguerra.
Lo stato d’animo era triste, una vena di sollievo per la fine del viaggio aiutava un po’; 33 giorni d’imbarco e 32 di navigazione sono stati tanti, il nervosismo era già grande; l’impazienza di vedere finalmente la destinazione ed il luogo dove avrei cominciato una nuova vita, mi dava un senso di liberazione. Ushuaia mi era davanti. Non era una città nel senso che noi diamo a questa parola, era un piccolo agglomerato di case, che poi scoprii essere fatte quasi tutte di lamiera, c’era un molo non grande in via di costruzione. Le navi con un certo pescaggio non potevano attraccare dato il basso fondale, tanto che dalla nostra nave Genova si arrivava a terra con l’ausilio di barche e qualche lancia della Marina Militare. Una strada sterrata saliva verso la falda del monte che s’innalzava alle spalle dell’abitato. Appena passato questo, sulla collina, che separava le case dalla montagna, si vedeva un paesaggio curioso, una distesa di mozziconi d’albero tagliati a circa, 50 centimetri da terra, frammisti e tronchi abbattuti, sparsi disordinatamente perchè lasciati lì, dove cadevano, bianchi dall’erosione del tempo. Era una grande distesa, quasi a perdita d’occhio; a monte aveva come limite l’inizio del bosco. La natura non poteva essere la causa di un siffatto lavoro; l’altezza uniforme dei tronconi d’albero suggeriva che quello doveva essere stato eseguito dalla mano dell’uomo.
Difatti, informatomi, mi dissero che, posto che Ushuaia era stata, fino a pochi mesi prima del nostro arrivo, la sede di un penitenziario per condannati all’ergastolo o a pene lunghissime (ed anche luogo per confinati politici), quel cimitero di alberi era dovuto al lavoro del disboscamento effettuato, attraverso anni di lavoro, dai “penados”, come rifornimento di legna da ardere per cucinare e riscaldarsi. L’impatto con questo panorama triste e squallido, povero e senza vita mi lasciò mesto, e, direi indifferente, forse perchè rassegnato pensando ai due anni che avrei dovuto passa re in quel posto.
La sera stessa dell’arrivo dovetti scendere dalla nave e con una barchetta arrivai a terra. Per ritornare a bordo si era fatto tardi e la barchetta non c’era più. Tornai nel baraccamento che avevo prima “ispezionato” e senza mangiare mi preparai a passare la notte; questa baracca abbastanza grande, chiamata “el Pabellòn uno”, doveva servire per contenere qualche famiglia di emigranti e gli uffici dell’impresa, anche quello tecnico di cui, qualche mese più tardi, avrei fatto parte. Girai tutte le stanze, erano tutte vuote, in una trovai dei materassini usati dai marinai e qualche branda di tela fatta a mo’ di cuccetta. Non mi rimase altro da fare che prenderne una, appoggiarci un materassino, coricarmici vestito com’ero, scarpe comprese, e mettermi sopra un altro materassino come coperta. Faceva un freddo cane e passai una notte non proprio allegra, più di veglia che di sonno; il freddo entrava da tutte le parti, mi alzai prestissimo, il peso del materassino mi aveva maledettamente indolenzito, tutte le ossa mi facevano male e dovetti fare parecchi sforzi per rimettermi dritto.
Il viaggio
Mestieri
perito edileLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1948Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Daniele Triches
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