Paesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1965Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Dopo essersi sposata per procura il 10 aprile del 1965, Paola prende il volo verso gli Stati Uniti per raggiungere il neo-marito, Tonino, che l’aspetta all’aeroporto di Atlanta.
Partii da Linate con un aereo dell’Alitalia alle 12 del 30 luglio. Ero emozionata e spaventata. Non sapevo una parola d’inglese e avevo paura di volare. Paura che mi è rimasta e credo di averne individuata la causa. Quando c’era papà alla cloche io sentivo che doveva andare tutto bene, non poteva accadermi nulla di male. Con qualsiasi altro pilota si poteva andare incontro a terribili disastri. Tutto ciò era assolutamente irrazionale e lo so, ma come si fa a combattere l’inconscio? Giunsi all’aeroporto Kennedy di New York nel primo pomeriggio e fu un dipendente dell’Alitalia a guidarmi nelle operazioni di sbarco. La mia piccola odissea ebbe inizio alla dogana, aprire una delle mie valigie, l’ispettore si insospettì nel trovare dei pacchetti ben incartati che erano semplicemente confezioni di prodotti per i capelli che la mia parrucchiera aveva preparato accuratamente. Li aprì tutti, e con la massima calma, mentre io mi chiedevo cosa nel mio aspetto poteva far supporre che fossi una contrabbandiera. Finalmente convinto che non tentavo di introdurre negli USA profumi preziosi o altre cose proibite, alla fine mi lasciò andare, ma, nel frattempo era saltata la coincidenza con l’altro aereo che già avrei dovuto prendere. A quel punto mi lasciò, mi consegnò un biglietto per prendere il bus n. X, recarmi al gate n. Y e prendere l’aereo n. Z per Atlanta. Avvilita mi avviai all’uscita e, dopo l’aria condizionata dell’aeroporto, mi sembrò di entrare in una sauna. I miei capelli, fino a poco prima freschi di piega, pendevano flosci e tristi, il trucco mi si stava sciogliendo e il cappellino alla Jacqueline pendeva ridicolmente. Sudata, stanca, traballante sotto il peso delle due valigie, cercando di lottare contro la disperazione che cominciava… ad impossessarsi di me, cercai di guardare i numeri dei bus ma non ci capii niente. Chiamo un taxi, pensai, e mi faccio portare al consolato italiano, che altro posso fare? Riuscire a farmi capire da un taxista. Fu a quel punto, quando già lottavo contro il pianto, che avvenne il miracolo. “Posso aiutarla, signora, mi sembra in difficoltà”. Era una voce maschile che parlava un perfetto italiano con accento americano e mi spiegò che era stato tanto in Italia e amava gli italiani. Afferrò le mie valigie, venne con me sull’autobus giusto, scendemmo insieme al gate n. Y, il mio aereo era già in fase di decollo, correvamo, lui con le mie valigie, io arrancando sui tacchi. Per un pelo riuscii a imbarcarmi in tempo e a dirgli almeno un grazie, niente perché stavano già togliendo la scaletta. Una volta seduta mi rilassai, mentre il sudore mi si stava condensando addosso nella frescura interna dell’aereo, mentre mi godevo un drink gelato, e intanto un pensiero orribile stava emergendo la mia parte consapevole. Tonino mi aspettava ad Atlanta, ma non su quest’aereo, bensì su quello precedente, non trovandomi avrebbe telefonato ai miei e chiesto mie notizie. Maledissi per l’ennesima volta quel zelante doganiere e raccolsi le mie residue forze psicologiche per far fronte alla nuova situazione che si era creata. Nessuno sull’aereo parlava italiano. La hostess chiamò il comandante che conosceva un po’ di spagnolo. Miracolosamente, tra italiano, spagnolo, residui di reminiscenze latine, disegnini e tutta l’italica gestualità, riuscii a far capire il mio problema. Il comandante e il personale di bordo ridevano, ma affettuosamente, con simpatia. Allora potei rilassarmi davvero e concentrare il pensiero sul prossimo incontro con mio marito. Eravamo sposati da quasi quattro mesi e tra noi c’erano stati solo rapporti epistolari praticamente quotidiani e due, tre telefonate. Il comandante, mentre io cercavo di recuperare me stessa, si mise in contatto con la torre di controllo dell’aeroporto di Atlanta e spiegò l’accaduto. Tonino, perplesso e preoccupato per non avermi vista scendere dall’aereo che avrei dovuto prendere, si guardava attorno sconsolato quando sentì l’altoparlante chiamarlo alle informazioni. Quando finalmente scesi a terra e lo trovai ad attendermi tra noi ci fu un abbraccio che non esito a definire il momento più intenso di tutta la nostra vita insieme.
Il viaggio
Paesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1965Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Paola Larese Gortigo
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