Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
LituaniaData di partenza
2011Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Prosegue il soggiorno di Massimo in Lituania tra nuovi incontri e serate tra amici.
Mi svegliai alle 9. La temperatura era calata durante la notte, era piacevole starsene a leggere un po’ sulla poltrona davanti al camino acceso, dopo la solita colazione a base di caffellatte. Nell’ostello si diffondeva un buon odore di legna bruciata. Avevamo appuntamento all’ostello alle 10.30 con Rolando, ma ci diede buca anche stavolta (doveva ancora cambiare le gomme dell’auto) così io e Anselmo decidemmo di uscire per conto nostro. C’era un po’ di nevischio, ma la neve vera e propria doveva ancora arrivare. Facemmo un giro al parco Bernardino, vicino alla chiesa di S.Anna, presi un caffè (che spacciavano per espresso italiano) e una brioscia in Pilies gatve e quindi andammo a vedere la collina delle Tre Croci, di fronte a quella di Gediminas. In Lituania, come negli altri paesi baltici, non ci sono montagne, al massimo basse colline che non superano i 200 metri. Vilnius si trova a 156 metri di altitudine, le tre croci (erette in onore di tre frati martirizzati nel medioevo) si trovano a 168 metri. Ci si arriva dopo una bella camminata che trovai un po’ faticosa (sono terribilmente fuori forma). Da là si godeva un bellissimo panorama della città. Riscendemmo dopo poco. Notai i lampioni attorno alla collina di Gediminas rivestiti di maglie di lana colorata. Visitammo il palazzo presidenziale, imponente ed austero (e chiuso), e poi l’università in Universiteto gatve. Non avevo mai visto un’università a cui si accede pagando un biglietto (5 litas) e con una chiesa al suo interno. La cosa più interessante era però una sala tutta affrescata con immagini piuttosto macabre. Rolando ci raggiunse infine a “La crepe” alle 14.15. Era la prima volta che lo rivedevamo dopo il nostro arrivo all’ostello, la notte di giovedì. Aveva finalmente messo le gomme da neve, ma aveva ancora le gomme vecchie in macchina ad ingombrare. Andai con lui nel suo loft, in periferia, a lasciare le gomme e a riprendere poi Anselmo che intanto era arrivato a piedi al piazzaletto panoramico sopra all’ostello. L’appartamento, in un palazzone moderno, era ancora spoglio: aveva un soffitto alto ed era usato al momento co-me una specie di magazzino. C’era perfino un pianoforte mezzo scassato. Nonostante il riscaldamento fosse spento, c’era un certo calduccio, segno del buon isolamento delle case lituane. Per farsi perdonare del suo assenteismo, Rolando ci portò al Puskinas Park, dove viveva il celebre scrittore russo Puskin. Al centro del parco, in mezzo al bosco, c’è la casa-museo di Puskin, visitabile ad un prezzo modesto. Quando arrivammo era già buio e procedemmo un po’ a tentoni. Io avevo con me la mia pila. La casa-museo è davvero carina, tutta di legno e in stile antico, piena di oggetti e ritratti dello scrittore, vale la pena visitarla. Arrivammo verso le 16.30 e dovemmo così visitarla tutta in mezz’ora scarsa, visto che chiudevano alle 17. Rolando ci portò poi a Belmontas, non lontano dal suo loft. Là c’erano un sacco di locali caratteristici. Ci fermammo in uno di questi, tutto di legno, per prendere un tè nero. Prima di andare a cena in un ristorante vegetariano che conosceva Rolando (lui non mangia carne) facemmo un salto in un ostello lì vicino (il Filaterai) dove lavorava una sua amica che voleva invitare a passare con noi la giornata successiva. L’amica non c’era, in compenso c’era un’altra tizia con cui si misero a chiacchierare. Ci disse che Emilija, questo il nome dell’amica di Rolando, sarebbe arrivata al lavoro alle 21. Andammo al Vecafé. Il locale aveva qualcosa di orientale ed era molto tranquillo. Per entrare occorreva togliersi le scarpe. Io e Anselmo prendemmo tra le altre cose un piatto tipico tibetano, il “momo” (o qualcosa del genere). Quando uscimmo pioveva piuttosto forte e faceva freddo. Tornammo al Filaterai e finalmente Rolando poté riabbracciare la sua amica Emilija: una trentenne carina, piuttosto vispa. Chiacchierammo fino a tardi, in inglese visto che non conosceva l’italiano. Il discorso andava sempre più verso il sesso e si finì col guardare qualche sito porno. Rolando era fissato con lo sculacciare le donne e lei gli dava spago. Anche Anselmo partecipava con interesse alla conversazione, io invece ero un po’ in disparte, sia perché il mio inglese non è così buono (specialmente a mezzanotte) sia perché non sapevo cosa dire. Verso mezzanotte e mezza non ne potevo più, cascavo dal sonno. Chiesi a Rolando se mi poteva riaccompagnare in ostello, loro poi avrebbero continuato la nottata. Avevano in mente di andare in una specie di discoteca in centro, col nome evocativo di “Pantera”, in cerca di donne da imbroccare. Avrei poi saputo che Anselmo sarebbe tornato in ostello alle quattro di notte, dopo una pizza in centro. L’insonnia continuava a perseguitarmi, mi addormentai tardi tra mille pensieri e feci tanti sogni strani.
Il viaggio
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