Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
LituaniaData di partenza
2011Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)L’esperienza in Lituania ha lasciato legami e ricordi a Massimo Acciai, ed è il motivo per cui nel volgere di poco tempo decide di tornare a trovare il suo amico Rolando e a vivere la città.
Secondo viaggio in Lituania
Quel mercoledì 16 luglio era una bella giornata di un’estate non troppo calda. Raggiunsi in autobus la stazione di Santa Maria Novella dopo pranzo. Il treno era il solito dell’altra volta: la Frecciarossa per Milano delle 14. L’appuntamento con Anselmo era alle 13.30 alla biglietteria, ma non si presentò prima 13.45. C’erano stati problemi col suo gatto nei giorni passati, tanto che aveva dovuto rinunciare ad una vacanza in Val d’Aosta. Anche a gennaio c’erano stati problemi prima della partenza, dovuti quella volta a Rolando, il quale stavolta ci aspettava già a Vilnius dove stava sistemando il suo loft. Infine Anselmo apparve in sala d’aspetto ed insieme prendemmo posto sul Frecciarossa. Durante il viaggio iniziai a leggere un romanzo breve di Stephen King, “Il poliziotto della biblioteca” (contenuto in “Quattro dopo mezzanotte”, volume secondo). Arrivammo a Milano puntuali, alle 15.40. Il regionale per Bergamo partì alle 16.10 ed arrivò puntuale alle 16.58. Era il solito squallidissimo treno, rumoroso, vecchio, privo di aria condizionata e pieno di extracomunitari vocianti. Decollammo infine alle 19.55. Sta-volta era giorno: assistemmo ad un bellissimo tramonto più o meno sulla Polonia credo. Atterrammo a Vilnius alle 23.20 (ora locale) e trovammo Jonas ad attenderci, come mi aveva promesso giorni prima per mail. Fu bello rivederci dopo tanti mesi. Baci e abbracci. Ci portò in macchina in ostello, lo stesso dell’altra volta ma con un altro nuovo ed una nuova gestione. Adesso si chiamava Downtown Forest, aveva aumentato i prezzi per le singole (da 16 a 25 euro a notte) ed aveva un aspetto decisamente diverso in estate, con la gente che si attardava fino a notte fonda in veranda. Faceva freschetto, ma non troppo. Diciamo un fresco piacevole, da golf. Jonas, con la gentilezza e la premura che lo contraddistingue, aveva pensato ad una piccola cenetta che consumammo ai tavolini in ve-randa insieme a Penka, la ragazza bulgara che Anselmo aveva conosciuto in ostello a gennaio. Nei mesi seguenti avevano fatto amicizia ed era venuta in vacanza anche lei a Vilnius quando Anselmo le aveva parlato del nostro viaggio: proprio gli stessi giorni, dal 16 al 24. Lei però era arrivata qualche ora prima di noi ed aveva fatto il check in alla reception anche per noi, risparmiandoci un sacco di seccature dal momento che a quell’ora – mezzanotte passata – non c’era più nessuno al banco. Ci diede così i cartoncini con il numero delle camere e il rispettivo codice da digitare per poter entrare. Scegliemmo a caso. Io presi la 111 e lui la 206, al secondo piano. Andai subito a posare il bagaglio in camera prima di raggiungere gli altri sulla veranda. Rimasi un po’ deluso: la stanza era più piccola rispetto a quella che mi era capitata a gennaio, aveva un solo letto, la finestra – schermata solo da una sottilissima tenda di stoffa (del tutto insufficiente a schermare dalla luce del giorno o delle lampade all’esterno) dava sulla veranda ed era esposta al rumore dei nottambuli. Tirai un sospiro ed uscii. Intanto Jonas, Penka ed Anselmo avevano “apparecchiato” un tavolino con le cibarie portate dal nostro amico esperantista (lattine di birra, bottiglie d’acqua, snack vari) e quelle portate da Penka (salamini bulgari, formaggi, una bottiglia di vino bianco del-la sua terra). Anselmo regalò a Jonas una bottiglia di vino bianco italiano, comprata al duty free in aeroporto a Bergamo. Rimanemmo a mangiare, brindare e chiacchierare (solito intreccio di lingue: italiano, inglese ed esperanto) fino alle 2.30, poi infine salutammo Jonas, che in quei giorni era in ferie, e ci demmo la buona notte. Come prevedevo quella notte non dormii bene, nono-stante la stanchezza e l’ora tarda. Sono abituato a dormire col buio e col silenzio.
Mi svegliai da sonno scarso e agitato con la luce che invadeva la stanza a giorno. Sarebbe stata una costante di quei giorni in ostello. Chiesi di poter cambiare stanza ma non ci fu nulla da fare. Feci colazione col solito caffellatte (gratuito) e croissant (3 litas) poi raggiunsi Anselmo e Penka in veranda nell’attesa di Jonas, il quale si presentò alle 10.30 per portarci a fare un giro a piedi per la città. Il tempo era splendido: cielo sereno e temperatura gradevole. Camminammo moltissimo, tanto che alla fine mi facevano male i piedi. Rivedemmo i luoghi già visitati a gennaio, completamente trasformati in estate. Le vie erano piene di gente e i ristoranti avevano i tavolini all’esterno, dando alla città un aspetto più mediterraneo che nordico. Rivedemmo molti dei luoghi già visitati da soli, io e Anselmo, ma stavolta facemmo una visita più approfondita grazie al nostro amico esperantista. Venne con noi anche Penka, come in tutti i nostri spostamenti nei giorni successivi. Vedemmo tra le altre cose le due porte e l’università. Qui incontrammo una esperantista lituana con le figliole, ci fermammo a salutarli. Intanto mi era venuta una gran fame ed ancora non si accennava ad andare a mangiare. Purtroppo quella degli orari sballati dei pasti fu un’altra costante di quei giorni lituani. Jonas insistette per portarci ad una mensa vicina al suo luogo di lavoro, in fondo a Gedimino prospektas, vicina al Parlamento. Ci arrivammo verso le 14.30, dopo una camminata sfiancante (tra l’altro Jonas camminava piuttosto velocemente). Costava poco (spendemmo circa 7 litas) ma non era un granché: ma la fame era un ottimo condimento. Terminai il pasto con un bicchiere del famigerato kefir. Ripartimmo subito per visitare il Parlamento. Anche questo aveva un aspetto decisamente diverso dall’ultima volta (durante le celebrazioni del 13 gennaio), con la luce del giorno e d’estate. La piramide con i cambiamenti di confine del Paese nel corso della storia era circondata da una grande aiuola con straordinarie composizioni floreali. Qui incontrammo un altro esperantista olandese che si aggregò al nostro gruppetto. Mi stupii della facilità con cui si incontrano esperantisti a Vilnius. Avevamo appuntamento con gli altri esperantisti alle 17.30 in un ristorante all’incrocio tra Gedimino prospektas e Vienuolio gatve: c’era ancora tempo per andare a vedere il panorama dalla torre di Gediminas, non prima però di esserci rifocillati un po’ in un chiosco davanti alla Cattedrale, dove presi un caffè espresso italiano. Avevo i piedi a pezzi. In cima alla collina, che i lituani chiamano un po’ pretenziosamente “monte”, c’era un bel venticello rinfrescante. Prima di ripartire per il ristorante il gruppetto si divise: Anselmo e Penka ci lasciarono per guardare le vetrine e tornare poi all’ostello. Io seguii gli altri all’incontro esperantista. Al tavolino fuori eravamo in 9: oltre a me, Jonas e all’esperantista olandese, c’erano anche una coppia lituana-lettone ed altri tizi. C’era an-che una ragazza ventenne di Bialystock (la città natale di Zamenhof) con cui mi misi a chiacchierare e con cui ci scambiammo gli indirizzi mail. Praticamente cenai li al ristorante, poi salutai tutti verso le 20 e tornai in ostello con Jonas (aveva lasciato la macchina là) dove ritrovai Anselmo e Penka. Tagliammo per il parco di S.Bernardino, anch’esso quasi irriconoscibile in estate, affollato come le Cascine in giorno di mercato. Vedemmo anche delle mongolfiere in cielo. Anselmo e Penka non avevano ancora cenato: li accompagnai a cercare un posto carino. Purtroppo la pizzeria vicino all’ostello era tutta piena e così altre pizzerie e locali che incontrammo lungo la strada. Ci spingemmo fino in centro e ci fermammo in un chiosco dove presero una pizza ed io una “gira” (bevanda scoperta a gennaio e che bevo solo in Lituania, non essendo reperibile in Italia). Terminammo la giornata interminabile con una passeggiata al parco di S.Bernardino. C’era molta meno gente e alle 22.30 c’era ancora luce. Seduto su una panchina, mentre Anselmo e Penka chiacchieravano, mi misi a scrivere i soliti sette haiku che sarebbero poi confluiti insieme ad altri 127 in una raccolta intitolata “Su di un vecchio dondolo”, ancora inedita ma spero per poco. Rientrammo in ostello che era quasi mezzanotte, appena in tempo prima che il parco chiudesse i battenti.
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