Mestieri
avvocatoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
SomaliaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dall’Etiopia alla Somalia, il racconto di un militare italiano rimasto in Africa Orientale dopo la guerra del 1935-36 si colora di aneddoti sulla pratica dei matrimoni a distanza, rivelando risvolti poco noti sulle abitudini dell’epoca.
Viaggiavamo senza incontrare difficoltà e puntuali, secondo il ruolino di marcia; ci presentammo, in un tramonto infuocato, al posto di confine, che sarebbe stata, per qualche tempo, la mia nuova casa. Subito incontrai un uomo, che chiedeva giustizia. Seppi, dopo, che lo faceva sempre ad ogni nuovo arrivato. Il posto non aveva nulla di eccezionale: una plaga appiattita con scarsissima vegetazione e le solite baracche, tirate su alla meglio con frasche, paglia e pelli, spaccata in mezzo da un avvallamento, quasi sempre asciutto, che diventava corso d’acqua, durante le pioggie. Questo letto di torrente o uadi segnava la linea di confine tra le terre abissine e la colonia del Kenia. Dalla nostra parte c’erano, però, anche degli edifici incompiuti, progettati con una certa pretesa di stile, ma poi eseguiti con tanta improvvisazione. Al pianterreno di uno di essi era allocato il mio ufficio, nel qua le mi insediai. Sull’uscio, accanto allo zabegnà c’era sempre l’uomo che implorava giustizia. Il presidio annoverava diversi bianchi, come ufficiali del reparto di dubat, medico, infermiere, carabinieri, impiegati della Residenza ed un gruppo di operai, abbandonati li dall’appaltatore, che avrebbe dovuto finire il lavoro, ma dichiarato fallito e scomparso. Essendo disoccupati ed in attesa di trasferimento, gli operai si erano improvvisati cacciatori e davano molto filo da torcere. Riuscivano a reclamizzare là proprio il rovescio di quella medaglia che volevano far apparire lucente e pulita. Da questo fatto, gli Inglesi prendevano le mosse per snocciolare tutto un rosario di critiche malevoli. Ma mi toccava ascoltarli! Erano soltanto tre questi sudditi di sua maestà britannica ed avevano un indiano, che esercitava con serietà e competenza la sua professione paramedica. Da quella parte, del resto, tutto veniva svolto senza pompa, ma all’insegna della praticità ed efficienza. Anche le costruzioni, adibite ad uffici e ad abitazioni, non si discostavano granché dalle capanne degli indigeni.
Erano state coperte con lamiere zincate, che mantenevano a lungo il calore; mentre i nostri dirimpettai si erano accontentati delle comuni coperture di paglia, che gli indigeni sapevano fare con tanta perizia da renderle impermeabili alle pioggie, che non erano mai un vero problema, e che assicuravano uno schermo efficace ai cocenti raggi del sole. Certo, la loro vita si ispirava ai dettami di una centenaria esperienza, mentre la nostra era soggetta ai bagliori dell’ostentazione e dell’improvvisazione. Tanto per dirne una, noi non sapevamo dove mettere più i detenuti, avendo sempre piene, stracolme, le prigioni e tutti i problemi che ne deriva vano per la sicurezza, l’igiene e l’alimentazione. Essi, invece, le avevano sempre vuote, perchè amministravano la giustizia secondo il sistema tradizionale dei nativi, risolvendo tutte le vertenze con la condanna a pene pecuniarie oppure ad un certo numero di scudisciate. Soltanto per reati gravi procedevano a qualche arresto ed in tal caso, avviavano il detenuto ad un carcere zonale, liberandosene. Anche per l’ufficio era su per giù la stessa cosa. Lo usavano, per modo di dire, poichè risolvevano sempre tutte le questioni, su due piedi, alla luce del sole. Non si sentivano e non erano mai prigionieri delle carte. I tre erano, però, delle vere spugne. Spessissimo, essendo miei ospiti per la soluzione di piccoli problemi interessati le popolazioni delle due zone, riuscivano a scolarsi tutto il mio Chianti. Alla fine, dovevo sempre farli accompagnare, perchè non erano mai in grado di ritornare a casa da soli. Al brigadiere dei CC. ed a me, quando ricambiavamo le visite, offrivano thè e whisky. Noi, però, non causavamo mai tanto guasto, primo perché non eravamo grandi bevitori e poi perché le bevande, quelle alcooliche in particolare, non erano di nostro gusto. Restavo così sempre in credito e senza speranza di rivalermi. Ci rimettevo prevalentemente di mio, perchè il Governo mi dava una risicata indennità di rappresentanza, sufficiente, forse, a pagare una sola bevuta.
Sul posto stavo proprio bene e sarei stato certamente meglio se non avessi avuto il gran caldo. Mi era consentita, di tanto in tanto, anche una evasione. Così dovevo pensare che fosse, dal momento che non mi spiegavo il motivo per il quale venivo autorizzato a recarmi a Mogadiscio, sede dello Scacchiere Meridionale, anche perchè io, oltretutto, non avevo novità da riferire. Sembrava, e forse era, soltanto una scusa. Ci arrivavo sempre col vecchio “Caproni” del servizio postale, che aveva uno scalo non lontano. Fu durante una di queste mie vacanze sul mare, che vidi un fatto eccezionale. Con il piroscafo “Calabria” era arrivato un contingente di ragazze, divenute mogli per procura. Legionari ed operai convolavano a nozze ed impalmavano ragazze che intristivano nell’attesa. Ma come succede, che nel bosco, all’ombra di alberi maestosi, vegeti sempre un sottobosco di sterpaglie, così, nella giungla delle leggi, c’è quasi sempre chi trova possibilità allettanti, certamente non ortodosse e neanche previste. Pertanto, le donne in arrivo, tutte giovanissime, erano attese non so lo dagli aventi diritto, i quali, in ossequio alle inveterate convinzioni, non avrebbero mai tentato di porre in essere matrimoni da operetta, se non fosse stato per gli alloggi, già pronti e riforniti di tutto punto, e per i premi concessi dal Governo; ma anche da altri, che, servendosi dell’espediente, erano riusciti a contrattare giovani donne, ritenute tuttofare. Se ne parlava, da qualche tempo, e si diceva che ci fosse anche un’agenzia camuffata, la quale si era messa a trattare, principalmente, anche se non esclusivamente, gli affari, cosidetti, di cuore. Che non fosse tutto pulito e ci fossero codesti loschi affari, tutti lo sapevano, anche se non ne parlavano.
Il viaggio
Mestieri
avvocatoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
SomaliaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di S. C.
Otto manigoldi
La notizia di quel carico tutto speciale richiamò sulla rada e sullo specchio d'acqua antistante, non...