Mestieri
marinaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
EgittoData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Mennella è in mare quando lo raggiunge la notizia che l’Italia fascista ha dichiarato guerra all’Etiopia.
Intanto una tesa brezza di vento da nord est ci veniva incontro sulla masca destra da proravia, procurandoci una più salutare boccata d’aria ed era forse per noi anche il preannunciarsi dell’autunno mediterraneo, ma eravamo sempre nel Mar Rosso e ancora molto distanti dal golfo di Suez, navigando al largo della costa egiziana che dal mascone a prora e lungo tutta la murata sinistra lontana si profilava con i suoi rilievi montuosi all’interno e che visti illuminati dal sole apparivano di un viola venato di pastelli e digradanti verso il litorale apparivano di una lineare doratura, da mezza costa al mare, ma più intensamente lungo la riva che lentamente trascorrevano verso poppa, svanendo tra cielo e il barbugliare sul mare, com’erano trascorse quelle eritreee e del Sudan.
Sulla rotta per nord, nord ovest, nel tardo pomeriggio avvistammo da prora sulla destra, le montagne del Sinai, di fronte a quelle, ovvero al cospetto, dell’Egitto che dalla sinistra della nave ininterrotte si delineavano a mano a mano che ci inoltravamo verso nord, nord ovest, come a formare un unico ampio vallo entro il quale navigando sempre più ravvicinati tra le isolette di Shadwan e Tawila sulla sinistra e il capo Ras Mohammed sulla destra, entravamo nel golfo di Suez, dove eravamo diretti e per tutta la notte navigammo fin verso le dieci del mattino, quando gettammo l’ancora alla ruota al largo di Port Tanfiq costeggiando da destra la penisola del Sinai, le cui più depresse rive a nord, come quelle del delta del Nilo più mite, sono bagnate dal Mar Mediterraneo, mentre questa parte meridionale che si parava davanti a noi dal mascone alla murata a destra nella sua parte centrale e all’interno del territorio collinare e dunoso è arida nel clima e desertica o stepposa al suolo ed era anche quella terra dell’era più antica della formazione della crosta terrestre che ha subito pure quei processi di dislocazioni tettoniche dei suoi rilievi montuosi, culminante nel Gebel Kathezina, con i suoi 2641 km, incuneandosi si protendono nel Mar Rosso settentrionale, ove da Capo Ras Mohammed si biparte tra il Golfo di Acaba a oriente e quello di Suez a occidente sulle cui acque stavamo navigando, sono meno aride e più piovose, favorendo una pur povera agricoltura e la vita di alcune oasi ove sono stanziate e vivono alcune tribù di beduini che vi praticano tramandate dall’antica pastorizia fin da tempi biblici, l’allevamento degli ovini.
Dopo una breve sosta di alcune ore alla ruota, davanti a Port Tanfiq durante la quale ci arrivarono in barca sottobordo delle provviste fresche alimentari e quando nel pomeriggio eravamo in procinto di ripartire per la navigazione a nord nel canale di Suez, al momento di salpare l’ancora il comandante ci comunicava di aver ricevuto notizia dell’annuncio di guerra in atto contro l’Abissinia: era il giorno 3 ottobre del 1935.
E fu in quell’occasione dell’attraversamento sulla via del ritorno del canale che ebbi modo di notare fin dall’alba del mattino successivo un treno che a ridotta andatura percorreva la riva occidentale del canale, diretto a nord e qua e là, fin dove l’occhio poteva spaziare, ogni cosa mi appariva nelle tonalità del deserto da sembrare lontane più di quanto realmente non lo fossero, delle dune sabbiose e delle oasi e palmeti, tra specchi d’acqua e un paesaggio sereno invero molto disabitato all’intorno.
Nel pomeriggio uscimmo da Port Said ed entrammo nel mare aperto, allargandoci molto dal delta del fiume che porta le acque e la linfa vitale degli oceani e del continente nero nel Mediterraneo e per un po’ mantenemmo la prora a nord, allontanandoci da oriente, da quelle frangiate rive vegete, lacuali e lagunari del delta, poi gradatamente con un’ampia virata lo Stefano mise la prora sulla rotta per nord ovest, ovest.
Lasciavamo sulla destra ed eravamo sulle rotte di quel mare del levante, crocevia di rotte dall’Egeo per l’Egitto e da qui al Libano e a Cipro dal medio oriente per l’occidente, per nord e via sud, a remi e a vela per millenni, solcando questo mare hanno trasportato e ricevuto prodotti ritornando e tornando ed hanno fatto e ricevuto esperienze e scambiato idee e pensieri di fede e di credo nei numi che la luminosità e i lidi di questo mare ispiravano loro di esprimere, imprimere e di comunicare ed effigiare, affinché gli altri imparassero a conoscere a sapere.
Il rabbuiarsi e gli scoppi di collere imprevedibili di questo mare chiuso tra le terre, non sempre visibili a vista, continentali, peninsulari ed insulari che siano da esso stesso modellate, plasmate e rese viventi in quel perenne riassetto che dal primigenio mare della Tetide e come lo percepiamo, a noi è pervenuto qual’esso è e di mare Mediterraneo per prevedere meglio e bene innanzi sulle vie dell’ignoto verso una più compiuta conoscenza delle forze della natura e di sé in quanto essere in esse. Questo Mediterraneo è soprattutto fin dai primordi dei bagliori di luce, nello stesso suo formarsi e lungo i suoi lidi luminosi o in ombra sull’esteso suo pelago quella vastità intercomunicante in ogni direzione con ogni mezzo tra le sue limitrofe e opposte sponde d’incontro e di scontri, di scambi e di comunicazioni tra singoli e popoli, verso quelle conoscenze ed esperienze reciprocamente sofferte e vissute.
Navigammo quei giorni con una temperatura molto più mite e fresca di quanto non avevamo sofferto là in fondo al Mar Rosso, perché la cosa più interessante di questo Mediterraneo è quella di contenere a sua volta tanti altri mari al proprio interno (ma queste si sa sono suddivisioni antropiche e geografiche) intercomunicanti tra loro attraverso stretti e canali, isole, golfi e istmi, entro un complesso sistema circolatorio e di flussi e riflussi, di correnti marine ed aeree, di onde e di venti ed un tempo buono che al pomeriggio rinfrescava con un teso vento di sud ovest che batteva dalla murata sinistra; poi avemmo calma nella notte e un caldo umido e fin dall’alba si notavano i segni di un cambiamento del tempo e un orizzonte ed un’atmosfera riarsa e rovente, di foschia e calandra stagnavano sul mare in panna che dorme e una giornata di calma piatta, accappata di vaporose nebbie e dense foschie evanescenti e foriere di tempeste; così nel tardo pomeriggio (ed avevamo già superato da murata destra l’isola di Creta, ma non potemmo rivederla per le pessime condizioni meteorologiche, eravamo nel Mar Ionio a circa 65 miglia a sud di Capo Matapan.
Il viaggio
Mestieri
marinaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
EgittoData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Antonio Mennella
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