Mestieri
attore, gestore di un cinemaLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
VenezuelaData di partenza
1948Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Appena arrivati, i Papa sono inseriti in un percorso di accoglienza metodico; talora sorprende in positivo, talora delude, se non addirittura spaventa.
È la mattina del 5 giugno, il sole tropicale, da poco spuntato ad oriente, giganteggia nel cielo terso, ed è già caldo, qualcuno ha già avvistato la terra, e tutti corrono alle murate di sinistra, per vedere apparire una tenue linea che si staglia nettamente dall’azzurro del mare; è l’America, il continente sud occupato dal Venezuela, dove noi tutti siamo diretti, la linea si fa più consistente e precisa e cambia colore, diventando verde, a mano a mano che la nave avanza, bordeggiando la costa. I marinai dicono che il Venezuela, ma il commissario avvisa i passeggeri che l’arrivo a Puerto Cabello avverrà nelle prime ore del pomeriggio. Passa la mattinata tra il costeggiare di varie isole piccole e grandi e nel pomeriggio tutti passeggeri preparano i propri bagagli e si affollano sul ponte, mentre l’altoparlante di bordo avvisa che entro un’ora si arriva a destinazione, perciò i passeggeri passino all’ufficio del commissario per ritirare i passaporti; C’è molta eccitazione tra i passeggeri che ingombrano già il portale di sbarco pronti alla discesa. Sono quasi le 16 e la nave rallenta i motori ed entra maestosamente nella baia dirigendosi al porto dove si intravedono già le banchine pieno di gente. Davvero pare un sogno essere arrivati alla nostra terra promessa, carica di mistero dell’ignoto, la mamma ci fa “allora ragazzi, finalmente ci siamo, ora datevi seriamente da fare, e che Dio ci aiuti”. […]
Un altoparlante avvisa gli emigranti in quattro lingue, inglese, francese, tedesco, italiano di prendere il posto sul pullman in attesa sulla banchina, per trasportarci ad un centro di reception sita nei pressi di Puerto Cabello. Mentre transitiamo sulla banchina, si avvicinano dei uomini, per offrirci e le fette di ananas che tagliano prettamente con una specie di sciabola senza chiedere niente, e come una specie di benvenuto. Si parte, e velocemente i pullman sfiorano l’abitato di Puerto Cabello, dirigendosi oltre le colline, e attraversando villaggi e praterie verdissima in meno di un’ora si giunge ad un piazzale, davanti ad un grosso cancello delimitante un grande campo di baracche, sorvegliato da sentinelle armate. Ci fanno scendere ed entriamo nel campo riparato all’intorno da una gran quantità di alberi di palma di cocco, con le sottostanti baracche riparate dal feroce caldo del tropico. Evidentemente questo campo crea un’attesa psicologica, diretto confronto con il clima e l’alimentazione di tipo tropicale, molto diverso dagli usi e climi europei. Il campo si chiama EL TROMPILLO e veniamo accompagnati a delle baracche vuote, annoi ci assegnano un locale con dei letti a castello occupato per la metà da una famigliola di russi, con numerosi bambini che saltano da una parte all’altra e che al momento il nostro ingresso si preparano ad uscire per andare a prendere il rancio che stanno distribuendo al centro del campo. Ci sono tre lunghe file di persone che si snodano lentamente dopo aver ricevuto la loro reazione, e annoi per ultimo arrivati veniamo avvertiti dagli altoparlanti di passare al magazzino, per ritirare le gamelle di alluminio, io asciugamani, il rancio… Chiaramente questa accoglienza tipo Mauthausen ci scoraggia e ci deprime alquanto… Questa è dunque l’America?… Nei giorni successivi veniamo vaccinati e visitati, e poi fotografati per l’acquisizione della cedola di identità che ci servirà per poter circolare liberamente all’interno il Venezuela. Passiamo a El TROMPILLO 15 giorni confusi tra tanta umanità proveniente per la massima parte dall’Europa straziata dalla guerra.
Il viaggio
Mestieri
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