Mestieri
agronomo, fattoreLivello di scolarizzazione
perito agrarioPaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1932Data di ritorno
1959Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976) Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Temi
È il 1932 quando Adriano Andreotti, toscano del pistoiese, decide di abbandonare il paese in cui non trova più lavoro e di partire per la Libia, dove l’emigrazione italiana, presente sin dalla fine dell’Ottocento, ha assunto tutte le caratteristiche della colonizzazione.
Parte con la moglie Maria, la loro prima figlioletta, ancora in fasce, e un bagaglio misero; ma, dice, “in tre non abbiamo ancora quarant’anni e ci sentiamo ricchi”. Le dune, il deserto, il ghibli mortificano le sue aspettative, e deve mettere a dura prova gli studi da perito agrario per tentare di cavare qualcosa da quelle terre aride. Pure, al pari di tanti italiani dotati di buona volontà, di ingegno e della portentosa spinta che deriva dal sentirsi per la prima volta padroni di un fazzoletto di terra, s’industria e ottiene ottimi risultati. Il paesaggio ocra si riga del verde dei vigneti, degli olivi, degli agrumi. Si scava e si ottiene l’acqua dove non si credeva possibile, ci si arrovella per dissalarla e renderla buona per campi e bestie. Si assiste così alla nascita di un paradiso del quale i coloni italiani possiedono le chiavi e, a sentire Adriano, ne dispongono generosamente, favorendo anche i libici. L’Italia è un ricordo distante: la corrispondenza con i parenti, un po’ di burocrazia da sbrigare, la radio.
È proprio la radio a interrompere questo sogno, e precisamente il 10 giugno 1940, con la dichiarazione di guerra. Non c’è nemmeno il tempo di pensare, è subito emergenza: Maria e le bambine – sono tre, ora – salgono sulla nave che le riporta in Italia. Adriano viene dapprima fatto prigioniero dagli inglesi, poi lavora per loro. Trascorrono così sette anni, in attesa che i tempi siano propizi e la famiglia possa tornare da lui, in Libia. Non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di dover essere lui a far rientro in Italia: dopotutto, è qui, in Libia, che ha un po’ di terra, e anche se sotto la guerra gli è stata confiscata, ora che gli inglesi stanno andando via in qualche modo potrà rientrarne in possesso. Nel 1947 dunque è al porto di Tripoli ad attendere il ritorno della moglie e delle figlie. Vi resteranno altri dodici anni, finché non sarà più possibile ignorare i trattati italo-libici che reclamano per il popolo nordafricano la restituzione delle terre. Perduta ogni cosa, amareggiato e piagato nel fisico da trent’anni di deserto “gettati al vento”, come ripete, Adriano Andreotti fa ritorno in Italia nel 1959.
Muore nel 1970.
Il viaggio
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