Mestieri
imbianchino, sindacalista, imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1900Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Temi
È alla fine della Seconda guerra mondiale che Luigi Fonti, calabrese di Mammola (Reggio Calabria), classe 1877, socialista, compila la sua raccolta di memorie, sospesa tra il ricordo nostalgico e la galleria di ritratti. Molti sono infatti i personaggi incontrati in quasi cinquant’anni trascorsi in Svizzera, in un esilio volontario del quale è difficile, oggi, comprendere l’urgenza, le ragioni profonde.
Partito dal reggino nel 1895, inquadrato dopo il servizio militare all’interno della Guardia di Finanza e inviato a svolgere mansioni di controllo sul confine svizzero, Fonti vive durante gli anni in divisa un dissidio profondo: l’ideale socialista, che ha sposato ancora giovanissimo, gli appare inconciliabile con il servizio prestato nella Finanza. La frontiera è terra di transito di poveri diavoli, braccianti a giornata che hanno rubato un pugno di grano, donne che nascondono tra i vestiti una manciata di tabacco o zucchero e che preferirebbero le mani addosso di qualche guardia troppo zelante, se servisse a salvare il magro bottino.
Ma altre sono le leggi da difendere, ben altri i principi, e Luigi Fonti pensa perciò di disertare, divenire un esule. Come Cattaneo, come l’adorato Mazzini, come tutti gli spiriti inquieti del Risorgimento che avevano rifiutato di riconoscere nella monarchia sabauda l’esito d’una stagione gloriosa. Passa, dunque, la frontiera, e, insieme a un compagno, si stabilisce a Lugano.
Qui la vicenda privata passa in secondo piano: Fonti passa a raccontare l’empireo cui la fede socialista l’ha felicemente ammesso. Ed è una carrellata di descrizioni minuziose, di personalità di varia statura appassionatamente tratteggiate con lo stile del militante. Ci sono Carlo Dell’Avalle, Guido Podrecca, Angelo Oliviero Olivetti, Giuseppe Rensi, Angelica Balabanoff e molti altri. C’è perfino un giovane Benito Mussolini, socialista e pacifista convinto, ospite a casa Fonti nel 1904. C’è, infine, una lunga sezione commossa, dedicata al genero Vincenzo Gigante, partigiano, catturato nel 1944 dai nazisti e torturato fino alla morte nella Risiera di San Saba, a Trieste.
“Il socialismo di Luigi Fonti sta forse un po’ lontano dalla nostra comprensione e dal nostro modo, non dirò di sentire i problemi sociali dell’epoca, ma di affrontarli per risolverli” – così Umberto Terracini, nella sua sottile introduzione alle memorie del calabrese. E ancora: “Non vi è dubbio tuttavia che non abbia sentito la sua fede socialista. Ma l’ha sentita secondo il metro di quell’ambiente nel quale aveva prescelto di servirla. La Svizzera italiana, camera di risonanza di ogni avvenimento rilevante della storia moderna d’Italia”.
Fonti muore a Lugano, nel 1949, a due anni dalla stesura delle sue memorie, edite per i tipi di Mimesis, con il titolo di Un socialista italiano in Ticino (a cura di Miuccia Gigante, figlia di Vincenzo e nipote dell’autore, e Sergio Giuntini).
Il viaggio
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