Mestieri
bracciante, meccanico, motorista, fuochista, minatore, gestore di barLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1925Data di ritorno
1946Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Temi
Un’infanzia povera quella di Pietro Riccobaldi, ligure di Manarola, nelle Cinque Terre prima del turismo. Una famiglia numerosa, il lavoro nei campi e nel bosco, la poca scuola e i pochi soldi, la fame che non si riesce mai a cavare.
Una giravolta del destino lo coinvolge, militare di leva imbarcato sul cacciatorpediniere Espero, nell’impresa fiumana di D’Annunzio. Nulla potrebbe sembrargli più teatrale: “ebbi anche la medaglia di Ronchi, ma la persi”, racconterà mezzo secolo più tardi, con ironica noncuranza. Il fascino del Vate gli è rimasto estraneo, le esaltazioni nazionalistiche non lo toccano. Negli anni successivi potrebbe giovarsi di quella curiosa coincidenza, entrare nella sezione locale del neonato partito fascista con tutti gli onori di un «eroe di Fiume», ma rifiuta decisamente. È l’inizio di un periodo di malcelata insofferenza; d’altra parte tutta la famiglia Riccobaldi proviene dal socialismo operaio e contadino, e Pietro non è da meno.
L’aumento della violenza fascista dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti matura in lui l’idea della partenza: teme per sé e per la famiglia, e già molti compagni si sono autocondannati all’esilio oltralpe, o addirittura oltreoceano. Parte da clandestino, corrompendo un po’ di gente perché “chiudessero occhi e cucissero bocche”, e si nasconde nella pancia del transatlantico lavorando da fuochista. Raggiunge così gli Stati Uniti, e vi resterà più di vent’anni, nonostante quella “terra di libertà” gli si presenti subito con le discriminazioni razziali e con lo sconcertante spettacolo del processo a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, culminato con la condanna a morte degli anarchici italiani.
Riccobaldi raggiunge un gruppo di emigrati italiani a Scranton, Pennsylvania: sono tutti impiegati nelle locali miniere di carbone, e anche Pietro ha il suo “battesimo nero”. Sposa Elba, figlia di un minatore toscano, e comincia a pensare a come migliorare le loro vite. È così che apre uno “speakeasy”, ovvero un bar in cui – in pieno proibizionismo – si servono alcolici, con il benestare della polizia corrotta a suon di dollari. Tutto sembra andare per il meglio, ma rimane lo scoglio più grande: a distanza di sette anni dal suo sbarco negli USA è ancora, incredibilmente, clandestino. E quelli come lui sono “stranieri indesiderabili”, destinati al rimpatrio coatto. Fortuna vuole che un avvocato di origine siciliana gli spieghi che il suo è un caso presto risolto: basta uscire dal Paese e far chiedere ad Elba, che negli States è nata e cresciuta ed è cittadina americana, il ricongiungimento familiare. E così, dopo varie traversie, Pietro ottiene finalmente il riconoscimento del domicilio e il passaporto.
A guerra finita rientra in Italia, nella sua Liguria. Negli anni Novanta, ormai ultrasettantenne, gli vien voglia di tornare in America da turista, ma non c’è nulla da fare. Finché era lì, infatti, si è speso molto vistosamente nella propaganda del semi-clandestino Partito Comunista Americano, presenziando a comizi e guidando l’auto di politici che il maccartismo vedeva come il diavolo. “Speravo che le leggi fossero cambiate e che la mia stessa età potesse essere vista come garanzia, ma i moduli per ottenere il visto, così pieni di domande…. Troppa inquisizione, troppa vessazione morale; avrei dovuto dire troppe bugie, mi scoraggiai, lasciai perdere”.
Le memorie di Pietro Riccobaldi sono state pubblicate con il titolo di Straniero indesiderabile, prefazione di Dario Cappellini, Rosellina Archinto, Milano 1988.
Il viaggio
I racconti
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