A cena a Zurigo

Mestieri
operaia, scrittriceLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1969Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Una cena di compleanno offre l'occasione di rivedersi a un gruppo di amici emigrati a Zurigo, in Svizzera. E' il 1995 e la situazione politica tiene banco, il primo governo Berlusconi è caduto da poco e Lamberto Dini ha dato vita a un nuovo governo.
Venerdì, 13! Che razza di giorno per festeggiare un compleanno! Ma si da il caso che Jean li compia proprio oggi gli anni, ed ha invitato il numeroso gruppo di amici-clienti italiani a cena nel suo ristorante. Menu rigorosamente svizzero, anzi, piatto nazionale: Chas-fondue. Appuntamento alle venti alla Schmidstube. Un paio, come al solito, sono vistosamente in ritardo. – Tipicamente italiano! – rumoreggia qualcuno dal fondo del ristorante dove ha preso posto il gruppo. – Ma no, è dovuto alla neve – cerca di scusare qualcun altro. Gli occhi sono puntati sulla porta e, quando si apre, echeggiano nella sala fragorose risate. Michele ha in testa un cappello a mo’ di tiara, allarga le braccia e accenna una benedizione: – Avemus Papa! – annuncia serio e solenne. Vincenzo ha il volto pasticciato di un bianco-giallastro e in mano un fascio di corni di ogni foggia e misura. – Questi qua – dice agitando il mazzetto – sono per gli scongiuri! Chillo, ‘o Governo, parte male! E pur’isso, Dini, puveriello! Me pare San Gennaro. – E accussì doppo “l’unto dal Signore”, – intona Michele e allarga ancora le braccia, – tenimmo “l’ommo da’ Provvidenza”. – Il tono si spezza, si fa speranzoso: – Almeno, accussì ha ditto Le figaro che è nu giurnale degno ‘e fiducia. – E va buo’, – gli fa eco una voce risoluta. – Vuol dire che non ci possiamo lamentare pecchè, accussì, simmo rimasti Mparaviso! – Che vi possino! Ognuno aggiunge del suo. Le voci si accavallano, Jean arriva con le sue terrine piene di formaggio. – Ragazzi – dice con il suo accento francese – s ‘il vous plait, ora mangiamo. Per un attimo è silenzio, tutti indaffarati a infilzare i tocchetti di pane alla forchetta. Tra le tante cose che li accomuna, ora anche il tegame della fondue, dove finiscono tutte le forchette e, pare, anche più di qual-che pensiero. – Ma che dite, fusse ca fusse la vorta bona? – La conversazione riprende. – Se si riuscisse almeno a cambiare la legge elettorale! – A contenere il debito pubblico, per la miseria! – Ragazzi, lasciamo stare la politica. Ci rovina la serata. Forse è meglio cambiare argomento. Parliamo di sport. Alcuni scoppiano a ridere. – Ehi! Hai detto niente! Hai sentito del Milan? – attizza qualcuno. – Pare che debba dire grazie alla camorra se vinse quello scudetto che era già in tasca del Napoli. – Ah, sì? Davvero? E che mi dite dei festini a base di coca in casa del Napoli? Il tifoso milanista, risentito, parte all’attacco. Con la forchetta in pugno batte un colpo sul tavolo. Ha il viso acceso, pronto alla sfida. Scintilla! Si infiammano gli animi. Ci si punzecchia, si deride, si sfotte. Ma dietro quel parlare frammisto di italiano e di dialetti diversi, dietro lo scherzo, i volti di questa gente comune, c’è disagio, sfiducia nelle istituzioni, disorientamento, il mondo si è fatto così complicato! Solo qualche anno fa, e sembra un’eternità, sapevi da che parti eri, cosa e chi difendevi, cosa e chi combattere. Oggi, perfino i “nostri”, se non ci hanno tradito, ci hanno perlomeno deluso. Ovunque ti giri c’è puzza di corruzione. Non è rimasta neppure l’illusione dello sport: capace valvola di scarico. Ma come poteva, per gli interessi che implica, restare immune dagli scandali? Del resto, non siamo sorpresi, lo si sapeva: il nostro era un sistema che abbiamo vissuto e avallato. Smarrimento. Sì, per una decadenza di valori, per la mancanza di punti di riferimento, per una società che muta troppo in fretta: perfino i bambini non nascono più come una volta. Qualcuno perfino dopo due anni dalla morte della madre… Sconcerto, smarrimento. Un malessere della società moderna che, però, è più generalizzato, che supera i confini nazionali e coinvolge l’uomo come essere universale. Sulla porta del ristorante, Jean saluta gli amici con una stretta di mano. – Giuva’, a proposito, ma quant’anni fai? – Quarantanove. – Ancora auguri! – Auguri a voi, – risponde Jean e calca il cappello-tiara sulla testa dell’amico italiano – Che idea! Avemus Papa, – ride. – Veramente, – precisa Michele – avremmo bisogno di molto di più di un Papa, ma per questa volta ci “accontenteremmo” di un uomo onesto che riesca a governare. Avemus Papa.
Il viaggio

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