Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
diploma magistralePaesi di emigrazione
Libia, EritreaData di partenza
1933Data di ritorno
1942Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dopo avere superato una tempesta e aver ancora toccato il porto di Las Palmas nelle Canarie, il Vulcania, la nave in cui si trova Giulia Danesi, si dirige verso il Mediterraneo.
Nuovamente le navi si distaccarono dalla banchina di Las Palmas. Un nuovo ricordo, un altro saluto si aggiungevano a quelli passati. La prua del Vulcania si drizzava verso la tozza e fortificata rocca di Gibilterra. Il mare e il cielo erano splendidamente azzurri. Faceva caldo. La lunga vita di bordo aveva spazientito un po’ tutti. Solo i bambini continuavano a giocare, come se fossero stati in terraferma, a fare tuffi nelle due belle piscine della nave, a gridare e a sorridere al sole.
La sera del 18 Giugno, in vista di Gibilterra, ci vennero incontro arditi sottomarini inglesi, che dopo accordi col comando inglese che si trovava sul Vulcania facevano ancorare la nave al largo. Ferma in quella posizione, preda delle onde, il bianco colosso si girava sui fianchi e dai miei obleause contemplavo ora la sagoma truce di Gibilterra, i suoi fianchi rocciosi e vivi di bocche di cannone, la sottile lingua di terra, anch’essa fortificata, che l’univa alla cittadina spagnola, ed ora osservavo la striscia uguale, piatta e sabbiosa dell’Algeria.
Durante la notte, squarci poderosi facevano tremare lo scafo immobile della nave e un poco i suoi passeggeri. Ma niente paura! Erano le bombe gettate in profondità… e noi eravamo ancora in superficie.
Finalmente imboccammo l’azzurro Mediterraneo, il mare della nostra Patria, le cui onde si erano recentemente chiuse su tante navi affondate, su tante belle giovinezze sperdute! […]
Due notti passammo sul nostro mare. Per due sere ci addormentammo col cuore sospeso e per due mattine ci svegliammo sorridenti. La seconda eravamo in vista di Napoli. Tutti pronti, tutti sui ponti con i fazzoletti e le bandiere in mano. Piccole bandiere, cucite nei campi di concentramento di Giggiga e di Mandera, con stoffe acquistate nei negozi arabi ed ora sventolate per salutare la patria.
In vista di Ischia, Procida e Capri, belle nelle loro sagome amate, ci vennero incontro le nostre unità di guerra e ci scortarono fino al porto. Molti evviva, molti battimani, molta musica italiana. Napoli, ancora intatta, si offriva alla vista dei nostri occhi stanchi ormai di cielo e di mare, e di infuocati e lontani ricordi africani.
Napoli bella ed esuberante ci salutò. Sotto bordo un trenino apposito ci raccolse e ci portò a Roma.
Il viaggio
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