Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
LituaniaData di partenza
2011Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)La decisione repentina di intraprendere un viaggio in Lituania, presa a ridosso delle vacanze natalizie, portano Massimo Acciai a salire su un volo per Vilnius in compagnia dell’amico Rolando, che vive da tempo in terra lituana. Ma da cultore dell’esperanto, Massimo non perde l’occasione di cercare un contatto con la comunità di studiosi locali.
Era da tempo che il mio amico Rolando, trasferitosi a Vilnius, Lituania, intorno al 2011, mi invitava ad andarlo a trovare. Una decina di giorni prima di natale mi mandò una mail in cui m’informava che c’era un volo economico a 35 euro Bergamo-Vilnius il 9 gennaio e che lui aveva intenzione di prenderlo: se volevo potevo andare con lui. All’epoca infatti si trovava a Firenze (o per la precisione a Cerbaia, un po’ fuori città, a casa di sua madre) per una delle sue frequenti puntate in Italia. Accettai con entusiasmo, ma iniziò un periodo di ansia che durò fino al giorno stesso della partenza. E’ nel mio carattere, prima di una partenza sono sempre ansioso; andare in un paese straniero, conoscendo solo Rolando (e conoscendo anche la sua scarsa affidabilità), mi spaventava. I viaggi verso l’ignoto mi hanno sempre attratto e al tempo stesso terrorizzato: se avessi dato retta alla mia ansia non avrei mai fatto nessun viaggio, invece le mie mete sono state molte anche se – per ora – circoscritte all’Europa. Proposi di fare il viaggio con me anche ad Anselmo che accettò con entusiasmo. Chiesi a Rolando di fare i biglietti dell’aereo anche per noi (3 andate e 2 ritorni, visto che lui sarebbe poi rimasto là, ospite della sua ragazza lituana), online con la Wizzair. Fissai io stesso l’ostello a Vilnius, consigliatomi da Rolando, con uno scambio di mail in inglese, e quello a Bergamo per il pernottamento al ritorno (visto che non c’erano treni per Firenze successivi alla nostra ora di arrivo – le 19.40). Mi tranquillizzai un po’ solo dopo aver compiuto questi preparativi, ma l’ansia tornò sovrana il giorno prima della partenza: Rolando non era più sicuro di potercela fare ad essere pronto per il viaggio e proponeva di prendere l’aereo del giorno dopo. Non c’erano aerei, così fece anche lui il check-in online ma mi tenne in sospeso fino al giorno stesso della partenza. Feci anche dei preparativi “culturali”: alla biblioteca del Palagio di Parte Guelfa presi in prestito una guida della Lituania Lonely Planet (che comprendeva anche le altre due repubbliche baltiche: la Lettonia e l’Estonia) e me la studiai diligentemente. Mi comprai anche un manuale di conversazione di lituano della Vallardi. Il lituano è una lingua indoeuropea molto conservativa, con molte affinità col latino e col sanscrito, decisamente affascinante. Pensai bene (anzi benissimo, come si dimostrò poi) di contattare gli esperantisti locali. Mi rispose per primo Jonas, presidente della gioventù esperantista, seguito poi dalla segretaria dell’organizzazione esperantista lituana. Mi risposero entrambi con molta cortesia e disponibilità. Fissammo di trovarci venerdì 10 alle 15 presso la statua equestre di Gediminas, primo re lituano, davanti alla Cattedrale. Il 9 mattina feci un sacco di telefonate a Rolando per assicurarmi che riuscisse ad arrivare alla stazione di Santa Maria Novella, quindi lo raggiunsi in bus subito dopo pranzo, verso l’una. Il nostro treno era quello delle 14. Lo trovai alla pizzeria della stazione, ad un tavolino: aveva il viso stravolto dalla stanchezza. Solo allora la tensione di quelle ultime settimane, e in particolare degli ultimi due giorni, si allentò. Ormai era fatta. Ci avviammo insieme alla sala d’aspetto, dove incontrammo Anselmo già pronto. Anselmo e Rolando si incontrarono allora per la prima volta e si strinsero la mano. Era una giornata soleggiata, insolitamente calda per essere gennaio. Prendemmo posto e partimmo già con un ritardo di 15 minuti, che sarebbero poi diventati 20 all’arrivo a Milano. Ero sicuro che Rolando, una volta seduto sulla poltroncina, sarebbe crollato: invece riprese vita e chiacchierò con noi per tutto il tempo, elogiando la Lituania (dove ha preso la residenza) e continuando a ripetermi che dopo questo viaggio non sarei stato più lo stesso. Arrivammo a Milano in ritardo ma comunque in tempo per prendere il regionale delle 16.10 che arrivò a Bergamo verso le 17. Il treno era piuttosto squallido e grigio, più o meno come il paesaggio oltre i finestrini. Quando arrivammo alla stazione di Dalmine pensai al mio amico bergamasco, che avremo poi incontrato al ritorno il martedì successivo. Arrivammo a Bergamo che era già notte. La piazza davanti alla stazione mostrava ancora luminarie natalizie. Andammo subito a fare i biglietti per il bus che ci avrebbe portati all’aereoporto (2,30 euro).
Il nostro era il volo per Vilnius delle 20.10: arrivammo con largo anticipo, ma non fu un male. Al controllo dei bagagli con lo scanner Rolando fu bloccato e gli confiscarono delle punte di trapano che si era portato dietro. A noi toccò toglierci gli scarponi, cintura, vuotare le tasche e mettere tutto in delle vaschette di plastica che passavano allo scanner. Rolando maledì le istruzioni del sito Wizzair troppo generiche, ma poi se ne fece una ragione. Io tornavo finalmente a volare dopo quasi sette anni (esattamente dal viaggio in Norvegia del 2007): il momento in cui l’aereo prende velocità sulla pista e si stacca da terra è sempre emozionante. Al decollo le luci si abbassarono per darci modo di vedere il panorama della città vista dall’alto prima che ci infilassimo nelle nubi e tutto diventasse nero dietro i finestrini. Ogni tanto l’altoparlante diffondeva notizie sul volo in inglese e in un’altra lingua che non riuscii ad identificare. Nelle due ore abbondanti passate in volo lessi Dan Brown, ascoltai musica col lettore mp3 (gli Asia). Atterrammo puntuali alle 23.30 ora locale (ossia un’ora in avanti rispetto all’Italia). Ci accolse una pioggerella leggera, ma faceva meno freddo di quanto mi immaginassi. Perdemmo di nuovo di vista Rolando e vagammo per qualche minuto nell’aereoporto alla sua ricerca, un po’ preoccupati, finché non lo trovammo all’uscita. Ci aspettava la sua compagna con la macchina. Ci salutammo in inglese e montammo in macchina tutti e quattro. Ci portò all’ostello, il Paupio Namai (Paupio Gatve 31A, “gatve” vuol dire “via”, “na-mai”, “della casa”). Facemmo una breve sosta in una piazzetta panoramica vicino all’ostello. L’ostello era in un quartiere tranquillo, a circa un chilometro dal centro. Quando ci arrivammo la zona era buia e deserta: c’erano solo le luci dei lampioni e quelle che provenivano dall’interno dell’ostello. C’era un tizio ad aspettarci per darci le chiavi e mostrarci rapidamente il luogo. Nonostante fosse mezzanotte passata c’era ancora vita all’ostello; ragazzi a chiacchierare nel salottino col camino. Alle stanze si accedeva digitando una combinazione segnata su un biglietto consegnatoci dal tizio: un sistema un po’ scomodo, visto che non sempre si apriva al primo tentativo. Avevamo preso due camere singole (16 euro a testa a notte). La mia era la 102, al piano terreno (in Lituania il piano terreno è il primo piano): era piuttosto spaziosa, aveva due letti, un armadio ed un paio di comodini. Era insomma piuttosto spartana ma confortevole. Il riscaldamento funzionava a pieno regime, tanto che faceva quasi troppo caldo. Ero stanchissimo ma quella notte ebbi grosse difficoltà ad addormentarmi e feci sogni stranissimi.
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