Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
GermaniaData di partenza
1969Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)I primi mesi di adattamento alla vita in Germania non sono facili per Paola Giusti. Che però non si perde mai d’animo.
4 ottobre 1969
Alla Stazione Ferroviaria di Firenze mi scendono le lacrime mentre il treno si allontana ed io sto lasciando i miei cari, lì fermi vicino al binario. Parto con due valige, una è di color verde, come le mie speranze, grande come la mia spinta al nuovo e danneggiata come le mie gambe . L’ho tappezzata esternamente di belle cartoline, per nascondere qualche graffio e le ammaccature , così non si vede che è usurata e appare insolita, come me, che nascondo le gambe sotto i pantaloni, così non si vede che sono bruttine e appaio insolita, fra gli handicappati conosciuti finora. Mi avvio verso un futuro imprevedibile . Sento che si tratta di un vero distacco: ho 25 anni, ma dentro sono un’adolescente, ferma a quei sedici anni dopo i quali disciplina, fervore, diligenza e curiosità sono stati i miei compagni ; non ho alcuna esperienza di vita personale .
Ottobre- novembre-dicembre 1969
La sede scolastica destinatami è Wipperfiirth, un paesone a 80 Km da Colonia, sulle alte colline del Bergisches Land, ove non mi piace affatto. Abito in una cameretta in affitto, con il fornellino elettrico, in un piccolo edificio di tre appartamenti. Nessuno mi parla, nessuno mi saluta, nessuno s’interessa a me ; sono un’emigrata e non parlo fluidamente la lingua, quindi sono una cittadina di serie B . Nella scuola sono l’unica maestra straniera in mezzo a personale tedesco, mi ritrovo una pluriclasse di venticinque bambini originari del Sud Italia che fanno dalla prima alla quinta classe, tutti insieme. Che fatica ! non vi sono preparata . L’aula non è dentro la scuola, ma distaccata come in una dépendence ; mi sento esclusa anche come docente e molto a disagio ; il direttore e le colleghe m’ignorano, altro che benvenuta, evviva l’accoglienza !
Durante le riunioni collegiali parlano un tedesco veloce, con inflessioni dialettali del loro Bergisches Land che capisco a malapena e mi vergogno a dirlo. Taccio sovente e quando la maggioranza dice “ja” o “nein” (si o no) lo dico anch’io senza capire sempre cosa stiano approvando o non approvando. Il clima è freddo, molto freddo, il cielo è sempre grigio, piove o pioviggina spesso, ma non esiste il sole in questo Paese ? I negozi chiudono alle 18,00 e dappertutto c’è silenzio, come in un cimitero .
Una sera la tedescaccia arcigna del mio piano bussa alla porta e mi fa capire che devo scendere con lei giù ai bidoni dell’immondizia . Mi costringe a raccogliere con le mani bucce di mandarino, di arancia e altra spazzatura, dentro quello che afferma essere il suo bidone, dove io, ignara, avevo osato gettare i resti della mia semplice cena . Non c’erano mica scritti i nomi su quei bidoni, perciò avevo sempre versato i rifiuti in questo o quello più vuoto, pensando che fossero condominiali… almeno me lo avesse detto con garbo! Mi sono sentita molto umiliata e avvilita.
Quante volte nelle mie serate solitarie avevo nostalgia di casa e mi commuovevo pensando affettuosamente al mio Babbo e alla mia Mamma, che mi riordinava pure il letto . Mi veniva spesso in mente la canzone di Modugno: “Mamma ciao, mamma ciao, io vado via, dimmi ciao, dimmi ciao e così sia . No, non devi rattristarti se domani tu vedrai il letto mio, ancora intatto . Devo andare, è la vita che vuol così”, ma non era stata la vita a volerlo, bensì io, perchè desideravo evadere dall’angusto paesello agricolo, pertanto adesso devo tacere, resistere, andare avanti e scrivere loro che tutto è ok e che guadagno bene, il che è l’unica cosa vera .
31 dicembre 1969
Dopo aver trascorso un piacevole Natale a Tùbingen ( Tubinga ) nel Sud-Germania , in un’atmosfera di familiare raccoglimento presso una mia ottima ex-fisioterapista tedesca, conosciuta anni e anni prima nell’Ospedale al Mare del Lido di Venezia e con la quale ero rimasta in contatto, rientrai nello squallido Wipperfiirth . Mentre ero stata ospite di Marie Luise, un dente del giudizio aveva già cominciato a darmi problemi, tanto che lei mi aveva accompagnato da un dentista di sua fiducia, il quale mi aveva medicato e dato antibiotici .
Spiegò che in seguito, scomparsa l’infiammazione gengivale, si sarebbe anche potuto estrarre il dente ; raccomandò di continuare antibiotici e medicazioni rientrando a Wipperfiirth Quando il 31 dicembre a Wipperfiirth cercai un dentista poiché era tempo di medicazione, ne trovai disgraziatamente uno saccente, incompetente e brusco; anziché farmi la medicazione volle assolutamente estrarre quel dente, dicendo che altrimenti avrei avuto sempre dolori. Maledizione ‘ perché non ebbi la forza di oppormi ? giacchè ero titubante e perplessa . Da lì a poco in casa cominciarono fitte lancinanti alla mascella, gonfiore che saliva su, su fino alla tempia e alla testa, causandomi persino l’occhio chiuso . Non potevo masticare, neppure quasi aprire la bocca, ero desolata, afflitta e niente attenuava il dolore, né pastiglie, nè risciacqui con la camomilla o con l’aceto . Mentre verso mezzanotte il sibilo dei petardi e lo scoppiettare dei fuochi d’artificio salutavano l’entrata nel nuovo anno, io, sola nella mia cameretta, angosciata, incredula che tutto quel mio patimento potesse essere la normale conseguenza di un’ estrazione dentaria, pensavo : “se supererò questa situazione, farò fronte a qualsiasi difficoltà futura e dovunque” Resistetti tre giorni a letto, sempre più debole, accasciata e gonfia in metà viso, alla fine dovetti capitolare .
4 gennaio 1970
Sto nel bel mezzo delle vacanze scolastiche natalizie e sono ricoverata all’ospedalino di Wipperfiirth . Ora ho un’infezione all’osso mascellare ; si chiama osteomielite . Che pena ! Fuori c’è la neve altissima, come non avevo mai visto in vita mia, sono completamente sola e non so a chi rivolgermi . Lo sgomento però a volte aguzza l’ingegno ed io telefono a quel giovane teutone biondo con gli occhi celesti che a Colonia in estate mi aveva insegnato gratis il tedesco in cambio della conversazione in italiano . Lui arriva all’ospedalino in autobus, comprende la gravità della situazione e l’inadeguatezza della struttura, mi propone il trasferimento alla Clinica Odontoiatrica di Colonia, accetto, firmo la dimissione volontaria e da lì a poco partiamo insieme in ambulanza circondati da un paesaggio bianco di neve che mi agghiaccia e mi mette timore . Man mano che lasciamo quelle colline, odiose per me e suggestive per altri, ove la temperatura corrisponde a quella delle nostre montagne, ci avviciniamo alla pianura di Colonia e la neve diminuisce ; in città non ce n’è neppure traccia, che sollievo!
Nella Zahn-und Kiefer-Klinik in cui mi accolgono, eccomi in una spaziosa camera a due letti con doppie porte e il bagno . Mi sento finalmente al posto giusto, con i medici giusti e la certezza che verrò ben curata . Si comincia con un’enorme flebo di penicillina, altro che i bicchieri di semplici sciacqui disinfettanti in bocca che mi facevano fare nell’ospedalino di Wipperfiirth ! E poi qui mi danno cibi liquidi, che non richiedono la masticazione .
Il viaggio
Mestieri
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Paesi di emigrazione
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1969Periodo storico
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