Mestieri
scienziatoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
RussiaData di partenza
1960Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gabriele Gramiccia è un malariologo che nel 1960 intraprende un viaggio in Unione Sovietica per conto dell'Organizzazione mondiale della sanità per visitare alcuni dei presidi contro la malattia disseminati nell’immensa Russia. Prima di procedere verso est, si ferma alcuni giorni a Mosca ospite di colleghi e mediatori che lo guidano alla scoperta della capitale e dei suoi luoghi simbolo.
5 luglio
Alla Banca per il Commercio Internazionale per cambiare i nostri cheques. La carta moneta per i rubli è stampata in biglietti verticali. Le monete sono delle seguenti denominazioni : 0,01, 0,02, 0,03, 0,05, 0,10, 0,15, 0,20. Che idea! Facciamo colazione in piedi in una caffetteria. Poi all’Istituto Martsinovski di Malariologia e di malattie parassitarie. I professori fanno l’impressione di un circolo “vecchia Russia” pur essendo in gran Dante dei ferventi comunisti: Bruce-Chwatt somiglia stranamente a Lenin. In un intervallo delle discussioni ci offrono caviale e storione col thé. Discussioni interessanti, ma spesso si parla una lingua diversa, non solo per le parole – e l’interprete spesso non sa tradurre. Dopo il lavoro ci accompagnano a visitare il Cremlino, passando per la piazza Rossa, punto d’incontro di moscoviti e di turisti, russi, stranieri comunisti e altri. Le fotografie-ricordo sono in gran voga, come al piazzale del Pincio o a San Pietro. Al Cremlino, entrando per la porta della presidenza del Soviet dell’URSS e del soviet del consiglio dei Ministri, dove i documenti personali sono accuratamente controllati, visitiamo lo studio e l’abitazione di Lenin. Veniamo impregnati di agiografia socialista. Lenin era buono, sempre, tanto; viveva da povero, gli portavano doni di fede, ecc. Anche i parenti (madre, sorella) e la sua compagna ne sono coinvolti. Ci mostrano le reliquie. Il medico del Ministero ci lascia ad attendere per due ore nel cortile del Cremlino, e non torna. Ne approfittiamo per guardare intorno. Di nuovo sulla piazza Rossa, incontriamo due americani della Fondazione Rockefeller in giro turistico (Martins) che B.-Ch. conosce. La loro impressione é che ogni giorno in URSS riserva un’esperienza diversa, un seguirsi di docce calde e fredde, e non si sa perché. Simpatia e inefficienza amministrativa, desiderio naturale di aiutare gli altri e rifiuto di assumere responsabilità per una decisione. Visitiamo i grandi magazzini GJM. Assenza di ventilazione – il caldo é asfissiante – e spreco di spazio. Si devono fare tre file per ogni acquisto: per individuare l’articolo e saperne il prezzo, per pagare alla cassa, e per ordinarlo e prenderlo. Per far questo bisogna spesso attraversare altre file. Facciamo merenda in piedi nel GJM. In albergo, il servizio turistico é poco cooperativo, come in tutti questi paesi (prima di dare un’informazione é necessario che l’impiegato sappia se la persona é stata autorizzata a fare il giro o a vedere le cose che vuol vedere, e quando l’autorizzazione arriva essa è completata da tutti i dettagli di partenza, di viaggio, ecc. Ogni informazione preliminare è quindi inutile, e perciò non viene fornita. Prendiamo la Metropolitana, orgoglio dei moscoviti: pulitissima, spreco di spazio e di decorazioni architettoniche; biglietto 50 copechi (in Spagna costa l’equivalente di 15 copechi). Andiamo al Parco della Cultura sulla Moscova. C’è un rudimentale luna-park dove m’impressiona un lunghissimo palo, fissato ad un fulcro ad una estremità; all’altra estremità una persona si fa legare seduta, per diletto. Il movimento viene azionato e l’estremità, dove la persona è legata si solleva e poi ripiomba dall’altra parte e si arresta violentemente quando la persona, con la testa all’ingiù, è ormai a non più di mezzo metro dal suolo. Solo qui, credo, si può provare diletto a questo giuoco di uomini volanti. Nel Parco si tengono discorsi politici all’aperto, cori improvvisati; si giuoca agli scacchi al chiuso e all’aperto. Ci sono cinema, teatri; chioschi prestano libri e riviste da leggere nelle sdraie, nei giardini. Cultura dovunque. Ristoranti galleggianti sul fiume e la gente fa lunghe code. Al ritorno prendiamo il battello fino alla piazza. Rossa; il percorso sul fiume è incantevole. Facciamo una cena fredda nel “salone blu” dell’hotel Moskva. Le cameriere leticano ad alta voce. Anche ieri lo facevano. I riedi ci fanno male, ed è mezzanotte quando rientriamo. Dimenticavo: nella Metropolitana, due giovanotti russi ci chiedono chi siamo e che facciamo. Alla risposta “W.H.0.”, commentano subito: “Allora siete qui per la malaria.” “Come lo sapete?” “Abbiamo letto sul Courrier dell’UNESCO della grande campagna mondiale”; Mi domando in quanti altri paesi del mondo questo sarebbe potuto succedere.
Il viaggio
Mestieri
scienziatoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
RussiaData di partenza
1960Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Gabriele Gramiccia
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