Mestieri
agricoltoreLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
Regno UnitoData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dal Nord Africa, dove finisce prigioniero degli inglesi, Giacinto Ambrosetti viene trasportato fino a Liverpool, e di lì in Scozia dove finisce in un campo di detenzione in campagna.
Un bel giorno ci hanno caricati nei camion, così mal ridotti ed ormai mezzi nudi, pieni di pidocchi, per quattro giorni di continuo abbiamo attraversato tutta l’Algeria fino a raggiungere il porto di Algeri dove ci aspettava un convoglio di cinquanta navi. Entro due giorni hanno completato il carico, la maggior parte prigionieri Italiani e Tedeschi e molti militari inglesi feriti. Parte il convoglio scortato da cacciatorpediniere e apparecchi; parlando con alcuni marinai che capivano un pò l’italiano riusciamo a comprendere che eravamo diretti verso l’Inghilterra e che ci volevano all’incirca 10 o 11 giorni di navigazione. Dopo tre giorni di navigazione passiamo lo stretto di Gibilterra e ci inoltriamo nel mare Atlantico. Nella terza notte di navigazione mentre dormivamo alle undici di notte suona l’allarme. Incominciano a cadere le prime bombe aeree tedesche, grande panico ma per fortuna viene colpita una sola nave carica di materia le bellico, ma senza danni gravi. La notte stessa il convoglio ha cambiato rotta e non abbiamo sentito più niente. Dopo dodici giorni di navigazione giungiamo nel porto di Liverphool in Scozzia del Nord. Dopo due giorni incomincia lo sbarco di noi prigionieri, accorrono molti giornalisti e foto reporter per riempire le pagine dei loro giornali. Di noi prigionieri quello che era vestito meglio poteva avere un paio di scarpe a brandelli, un paio di pantaloni corti e camicia strappata, piena di pidocchi e barba lunga, sfinito allo stremo. Man mano che si scende dalle navi ci fanno salire in un treno diretto in un campo di concentramento vicino alla città di Glasgow. In questo campo ci fanno barba e capelli e tutte le pulizie necessarie, fatto questo ci vestono tutto di nuovo con divise militari inglesi, con una toppa nella schiena e una nel ginocchi di colore diverso per conoscere che eravamo prigionieri Italiani. In quel campo ci hanno dato tutto il necessario, a farsi dalle medicine per chi ne aveva bisogno, al mangiare a volontà e tutto il resto che può servire ad un uomo. Dopo venti giorni, una mattina viene un ufficiale Inglese se con un microfono ed incomincia a chiamare i nostri nomi per lettera d’alfabeto. Io fui chiamato per terzo e ci si formarono un gruppo di 70 persone. Fatto questo un interprete ci ha spiegato che noi dovevamo partire per un altro campo di prigionieri. Un giorno di treno ed arriviamo in un paesino di campagna, dove quelli del paese avevano formato un cordone di persone lungo la strada per curiosare. Tre giorni di riposo con tutto il necessario e trattati con un massimo di rispetto; ci sembrava una vera pacchia dopo tanti giorni di fame e di stenti.
Il viaggio
Mestieri
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