Mestieri
marinaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
PalestinaData di partenza
1947Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Mario Francesco Giacometti è un marinaio di 19 anni quando, nel 1947, accetta di imbarcarsi sul mercantile “Giovanni Maria”, in partenza dal porto di La Spezia per trasportare più di 1000 ebrei dall’Europa in Palestina. È solo uno dei viaggi dell’“alyà beth”, l’emigrazione clandestina degli ebrei sopravvissuti, che dall’Europa cercavano di raggiungere illegalmente la Palestina, a quel tempo territorio sotto controllo britannico, così come aveva stabilito la Società delle Nazioni. La nave con a bordo Giacometti compie una prima breve tappa fino a Bocca di Magra, sulla riviera di Levante, per caricare i viveri e gli uomini dell’Haganah.
Era una serata buia, nuvole nere solcavano il celo, minacciò pioggia per tutta la notte, ma pioggia per nostra fortuna non fù e perciò tutto sommato fù una notte perfetta per quello che dovevamo fare noi, cioè essere visti il meno possibile.
Smistammo tutto quel materiale nei posti più disparati, parte fù messa momentaneamente nella grande cabina in attesa di sistemarlo in seguito. Caricammo fra l’altro anche qualche fascio di bastoni di accetta o di piccone, non capimmo la loro utilità, lo capimmo in seguito.
Con uno degli ultimi battelli arrivarono a bordo otto uomini, erano i “capi” uomini dell’Haganah, e venne anche un tizio che era dell’agenzia il quale tornò subito a terra portando via con se, sia i documenti del bastimento che i nostri personali, ciò parve molto strano a tutti noi, ma quelli erano gli ordini e ormai avevamo giurato di eseguirli sempre senza discutere. Stava per spuntare l’alba, avevamo terminato il carico, salpato l’ancora puntammo la prua verso il largo, alle nove del mattino anche l’isola del Tino era solo un puntino all’orizzonte, il viaggio era cominciato. Alle 10 ci riunimmo tutti sotto timoneria, dovevano comunicarci cose importanti. L’uomo più alto degli altri sette, che senz’altro era anche il più giovane, con la testa rasata a zero un fisico da lottatore parlando l’italiano con una forte flessione americana cominciò dicendo i salve a tutti, “io mi chiamo Ammon e questi sono i miei compagni”, disse di ognuno il nome, continuò dicendoci che eravamo in attesa di una conferma e che tra un paio di giorni ci dovevamo trovare nel posto “X” per effettuare il carico per cui quel bastimento era stato allestito.
Disse ancora: quelli che poi avrete la possibilità di incontrare per la maggior parte sono persone riuscite a sopravvivere ai lagher nazzisti, spero che ora vi sia un pò più chiaro il perché noi facciamo quello che stiamo facendo. Avete notato che a bordo non esistono più documenti della nave e nemmeno i vostri, non ne abbiamo più bisogno, non toccheremo più nessun porto sino a che non avremo terminato il nostro compito, quando saremo alla fine i documenti non serviranno più. Vedo nei vostri volti (penso che a quelle parole si notasse davvero) la vostra perplessità e il timore di cosa potrà accadere in seguito, io vi dico state tranquilli, non vi accadrà nulla con noi siete in ottime mani, solo dovrete sempre, e dico sempre attenervi alle nostre istruzioni.
Intanto ora distribuiremo ad ogniuno di voi le vostre nuove generalità, le imparerete a memoria e bruciate il biglietto, sappiate che su questa nave ora e sino alla fine siamo tutti uguali, anzi voglio aggiungere, se me lo permettete (e lo disse ricordo bene, ridendo) “siamo tutti pirati”. Con questo ci augurò a tutti un buon viaggio e un buon lavoro.
Era proprio un bel tipo quel giovane, non potemmo fare a meno di battergli le mani. L’avventura era cominciata. Il mio primo nome fù Jacob Morris in seguito per motivi logistici mi fu cambiato altre volte.
In seguito così parlando ci fù spiegato che se fossimo stati catturati dagli inglesi avremmo dovuto seguire gli altri nei campi di concentramento (ecco perché dovevamo risultare essere ebrei) altrimenti se fossimo stati individuati come equipaggi italiani potevamo essere condannati anche a più di 5 anni nelle galere inglesi. Non era una bella prospettiva questa perciò bisognava al momento stare attenti al comportamento, come si stavano insegniando loro.
Per quello che ci riguardavaci dissero di non preoccuparci se non avevamo documenti che comprovassero la nostra identità perché anche tutti gli altri non ne avevano, era una prassi uguale per tutti..
Il viaggio
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