Mestieri
operaio, assistente tecnico nei cantieriLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
BrasileData di partenza
1908Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Insieme alle lettere, Mario Alberto Pelosi comincia a scrivere un diario di viaggio destinato alla famiglia.
Carissimi,
queste note gettate giù alla rinfusa, così come le sentiva l’animo mio, non sono che la riproduzione fedele – fatta in forma semplice – di ciò che provai nel mio viaggio al Parà…
La partenza da Genova
Non potrei veramente spiegare ciò che sentivo entro in me, mentre il barcaiolo – un napoletano purosangue – remando a tutta forza spingeva la barca verso la Lusitania e parlava: “Vedite signuri, questo vapore è il “Tommaso di Savoia”, un piroscafo nuovo con tutte le comodità: telegrafo Marconi, luce elettrica. Partirà domani e ne l’Atlantico sorpasserà il “Campania” partito due giorni fa… Quest’altro è amburghese, un vapore vecchio, ma ancora forte. Quest’altro francese: “Francinet”… quello torna, italiano…”.
Io non davo ascolto; il mio pensiero vagava lontano; si fermava a casa mia, a Milano, a Parma, dovunque avevo per terre cari amici; sentivo un vuoto intorno a me come se la barca mi avesse portato lontano, lontano… “Ecco il Lusitania, Signuri!”.
Montai la scaletta di legno. Ero a bordo. Consegno il biglietto ad un marinaio al quale domando: “A che ora si parte?” “Alle nove”. Il marinaio si allontana.
Ormai era finita. Il barcaiolo che mi aveva condotto si allontanava rapidamente. Era l’unica comunicazione con la terra che scompariva…
Mi appoggiai alla ringhiera che corre lungo il bastimento e guardai fisso Genova co’ suoi mille lumi che si arrampicano su la montagna e che fan l’effetto di un’immensa illuminazione fantastica. Pareva alle volte che i lumi brillassero di luce più viva, quasi ci volessero dare l’ultimo addio…
A bordo il lavoro era enorme: s’imbarcava mercanzia: balle enormi di cotone, sacchi di grano, casse di biscotti scomparivano dentro la stiva come se fossero divorate da una grande bocca…
A momenti si salpa. Le nove sono passate da un pezzo. Il lavoro a bordo è finito; il capitano dà gli ultimi ordini e l’equipaggio toglie gli ormeggi. Io scendo e do un’occhiata alla mia cuccetta, cioè al giaciglio su cui riposerà il mio corpo. Non c’è da stare allegri: una cassetta rettangolare infissa al muro, lunga quando un uomo, alta trenta centimetri, con dentro due materasse di erbe secche ed una coperta. Mi provo a sdraiarmi; è duro, si sente il legno; cercerò di rimediare in seguito…
Un rullio, tre fischi e poi qualche comando dato a voce forte… Dunque si parte… e salgo in coperta.
Il vapore si muove lentamente dondolandosi sul mare calmo. […] Qualche pescatore e marinaio saluta con la voce e poi più nulla…
Il vapore esce adagio dal porto, sempre cullato dolcemente dalle onde. Io guardo Genova che si allontana; guardo i mille lumi che par si spengano uno dopo l’altro, come ad illuminazione finita; guardo le barche: ballano ancora, ma piano; hanno finito di far festa. Ora siamo fuori al largo… […] Ritorno in cuccetta a piangere!
Tanti baci
Mario
Il viaggio
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