Paesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1965Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Temi
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usi e costumiPaola ci offre uno spaccato dell’America rurale degli anni Sessanta. Due gli argomenti tabù nei salotti bene dell’Alabama: l’assassinio del presidente Kennedy e il razzismo.
Frequentando i nostri amici, capimmo che due erano gli argomenti “tabù”, dei quali non amavano parlare con gli stranieri. Il primo era l’assassinio di John Kennedy, avvenuto un paio di anni prima e sul quale completa chiarezza non è stata fatta ancora adesso. Erano così profondamente coinvolti e offesi da quell’avvenimento, che qualsiasi commento, anche improntato a sincera partecipazione, veniva vissuto come un’indebita intrusione. Il secondo argomento da evitare, forse ancora di più, era il razzismo. Eravamo in Alabama, dove vigeva l’apartheid più rigido. Tutto era per due, i bianchi e i neri, le scuole, i mezzi di trasporto, i locali pubblici. Governatore dello stato era mistress Wallace, chiaramente un fantoccio dietro alla quale dirigeva l’orchestra il marito che per non so quali motivi burocratici non aveva più potuto ripresentarsi alle elezioni. Wallace era, e la gentile signora con lui, un repubblicano dei più oltranzisti sul tema della segregazione razziale. Presenterà anni dopo la sua candidatura alla presidenza, degli Usa e, prima di arrivare alla fine della sua campagna elettorale, si beccherà una pallottola alla schiena e finirà la sua carriera su una sedia a rotelle. Nell’ambiente militare della base di Redston Arsenal, ufficialmente l’apartheid non esisteva. Ma c’era, più nascosta, più subdula. Le famiglie nere potevano andare dappertutto, dal supermercato al club, ricevevano anche gli inviti ai ricevimenti ufficiali, salvo ritrovarsi inesorabilmente sempre tra loro. Solo nei rapporti puramente militari contava il grado, fuori dagli uffici la terribile distanza dovuta alla pigmentazione cutanea faceva alzare subito quel muro di falsa indifferenza, come se fossero trasparenti. Quando, una volta, io e Tonino, provammo parlarne con alcuni amici americani notammo un subitaneo irrigidimento: noi europei non potevamo assolutamente capire, ci dissero, le cose non erano come le vedevamo noi dall’esterno, non pretendevano di farci capire. Ma noi cercavamo di capire lo stesso. Uno dei colleghi che Tonino stimava e frequentava di più era proprio un capitano nero. Adesso dico “nero”, ma allora dicevo “negro” con la massima tranquillità, perchè il lemma non aveva alcun risvolto denigratorio, era come dire giallo, o australiano o cinese. Dovetti imparare a non usare più quel vocabolo e adesso anche in Italia è lo stesso. Strano come l’interposizione di un’innocua “g” possa stravolgere il senso profondo di una parola. Quel capitano nero aveva osato fare una cosa ignobile: aveva sposato una bionda lattea tedesca. Venivano spesso a trovarci, con il loro splendido bambino dalla pelle color caffelatte. Stavano bene con noi e anche con gli altri europei, si sentivano messi al bando dagli americani. Lei, soprattutto, schivata dai bianchi perchè aveva sposato un nero, schivata dai neri perché era bianca. Fu dai loro racconti che scoprimmo che il razzismo era biunivoco, anzi, era proprio l’astio dei neri che dava loro i maggiori problemi.
Il viaggio
Paesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1965Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Paola Larese Gortigo
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