Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
20.11.1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Giunta a Buenos Aires, Adriana Barbano, undici anni, deve subito fare i conti con le aspettative coltivate prima della partenza.
Dopo sedici giorni di navigazione e vari scali, per me interessantissimi, si arrivò al porto di Buenos Aires, era il 6 dicembre ’55. Forse la mia prima impressione immediata fu quella del gran caldo. Eravamo passati da Rio de Janeiro e da Santos, dove il caldo è abituale, ma forse perché si era soltanto di passaggio non mi aveva colpito particolarmente. Invece a Buenos Aires mi sentivo soffocare. Non so se erano giornate particolarmente calde o era una temperatura normale per l’epoca, ma io non mi sentivo comoda. Restammo a Buenos Aires mi pare 5 o 6 giorni, il tempo necessario per sdoganare i bauli che avevamo portato con noi e prepararci per l’ultimo tragitto del nostro viaggio. Stavamo in un bell’albergo in pieno centro, vicino alle “Galerías Pacífico”. Ricordo che con mia madre ci chiedevamo il perché del nome, che relazione ci poteva essere tra il Pacifico e Buenos Aires? […]
La città mi aveva impressionata per la sua grandezza, i modelle delle automobili che circolavano per le strade erano molto più grandi di quelli che ero abituata a vedere a Torino. Non ricordo in particolare nessun’altra caratteristica della città.
Altri elementi della vita quotidiana mi colpirono quasi immediatamente, in particolare l’odore, per me intensamente sgradevole, di alcune cose. Può sembrare ridicolo e pedante lamentarsi di certi odori, ma era la mia realtà, era ciò che vivevo in quel momento e ripeto un’altra volta, non avevo ancora dodici anni, sono ricordi quasi infantili. Il primo odore individuato era quello dell’acqua e più precisamente del cloro e degli altri prodotti usati per potabilizzarla. Era un odore penetrante, intenso che non potevo eliminare dalle mani né dal corpo, inoltre lo sentivo appena entravo nella stanza da bagno dell’albergo. Col tempo capii perché a Buenos Aires, come poi pure a Córdoba, l’acqua avesse quell’odore: era acqua di fiume potabilizzata. Io, invece, venivo da una città che in quell’epoca, aveva il privilegio di usare l’acqua proveniente dalle montagne, dallo scioglimento della neve e del ghiaccio che aveva poco bisogno di essere trattata per il consumo. […]
Il secondo odore fastidioso che riuscii a individuare era quello dell’olio. Era molto comune in quell’epoca usare olio di semi e poco o nulla l’olio d’oliva, che era l’unico che io conoscevo. Anzi, ignoravo completamente l’esistenza di altro olio che non fosse d’oliva. […] Lo sentivo in alcuni piatti, nei ristoranti e nei negozi di generi alimentari. In questi ultimi negozi, stando ormai a Córdoba, notavo che c’era un odore strano nell’ambiente, non riuscivo a individuare da che sostanza provenisse. Stranamente solo dopo molti anni di permanenza capii che era la “yerba mate”, infusione che non ho mai potuto soffrire.
Il viaggio
Mestieri
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laureaPaesi di emigrazione
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20.11.1955Periodo storico
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