Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Giugno 1940: l’Italia entra nella Seconda guerra mondiale al fianco della Germania e contro il Belgio. Poche ore dopo l’annuncio, in Congo, la famiglia Cipolat viene arrestata.
Alle quattro del mattino del 10 giugno ci svegliammo di soprassalto: erano arrivate alla Farm diverse automobili piene di gente. Venivano ad arrestarci.
Si udiva il rumore che facevano per caricare le loro armi, forse lo facevano apposta per cercare di spaventarci. Temevano una nostra resistenza. Bussarono alla porta con i calci dei fucili, scardinando quasi tutto. Eravamo tutti e tre in piedi e papà tanto per rispettare la forma chiese:
“Chi è là?”.
“Sono Monsieur Potty con un gruppo di amici”.
Conoscevamo bene Potty, era una persona buona e con noi era sempre stata corretta e cortese. Era evidente che pensavano di usare questo sotterfugio temendo una nostra reazione. Questi intrusi sapevano benissimo che le autorità coloniali, da tempo, ci avevano sequestrato le armi. (Avevamo nascosto una rivoltella Colt a tamburo e un Parabellum, ma erano in un nascondiglio lontano da casa).
Non capivamo la loro paura, eravamo in tre: due anziani di 60 anni ed io che ne avevo 23. Sapevano che non avrei mai azzardato una reazione, avrei messo inutilmente in pericolo la mia vita e quella dei miei genitori. Aperta la porta si scaraventarono dentro con le armi braccate: erano fucili e carabine da caccia. Nessuno osò toccarci. Papà si era messo dritto davanti a mamma e a me e li guardava con aria sdegnosa. La sua alta statura e i capelli grigi che brillavano alla luce delle lampade a petrolio, incutevano rispetto.
Mia madre di vecchia stirpe sarda, non si lasciava impressionare da questa squadra di dilettanti patrioti e li interpellò con aria severa e ironica:
“Siete venuti in undici, armati fino ai denti, per arrestare due anziani e un ragazzo!!” e fece una risata di scherno.
“Silence!” urlò quello che si atteggiava a capo. Lo conoscevamo, era un certo Venance, addetto al servizio elettrico della società Union Minière. Il fucile che imbracciava era più alto di lui. Si spostava per la casa come se cercasse chi sa cosa e vista l’inutilità delle sue ricerche ricominciò a sbraitare:
“Preparate le vostre cose, siete in arresto: L’Italia ha dichiarato guerra al Belgio”.
“Quale Belgio! … Belgio! … Non avete sentito bene, non si è mai parlato di Belgio!” riprese mia madre con tono irritato.
“Gesuina, ti prego, stai calma” disse papà.
“Voi uomini siete sempre fifoni, guarda questa squadra, sono venuti in undici” e rise di nuovo.
“Cosa vuoi che facciamo mamma?” chiesi io.
L’eroico capo, Venance, capì la frase e intervenne sbraitando:
“Sì! Cosa volete fare? Il primo che fa una mossa lo impalliniamo! Abbiamo del piombo per voi” disse con tono arrogante battendo il palmo della mano aperta su una pistola che portava alla cintura.
Papà, aiutato da mamma, preparò la sua valigia mentre io facevo la mia. Erano tutti intorno a noi e sorvegliavano ogni nostra mossa. Ad un certo punto, avevo quasi finito, mi ritrovai tra le mani un pacchetto di lamette da barba Gillette che gettai, da lontano, nella valigia ancora aperta. Scoppiò il finimondo, tutti indietreggiarono e cominciarono a urlare:
“Cosa hai gettato nella valigia?”
“Nulla! Un pacco di lamette!” risposi con calma.
“Fai vedere!” urlò Venance, ballando sulla punta dei piedi per l’eccitazione o forse per farsi credere più alto.
Guarda caso, questo pacchetto di lamette, che s’era infilato tra la mia roba, non riuscivo a trovarlo. Uno degli eroici volontari si avvicinò e rovesciò la mia valigia sul pavimento, intimandomi di rifare tutto e, allontanandosi di due passi, mi puntò l’arma addosso. Intervenne ancora mia madre che, con aria severa, gli gridò di abbassare subito l’arma.
Ricominciai a impacchettare le mie cose, ritrovai le lamette e le feci vedere.
“Guarda cos’è” disse Venance a uno dei suoi uomini.
Queste lamette erano in una bustina, dove si leggeva chiaramente il nome “Gillette”. Il tipo si avvicinò e, constatato che erano in effetti solo delle lamette, me le strappò violentemente dalle mani per consegnarle al piccolo comandante. Uscimmo finalmente all’aperto, la notte era fredda, eravamo in stagione secca.
Il viaggio
Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
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