Mestieri
medicoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
BurundiData di partenza
2014Data di ritorno
2014Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Giuseppe Novelli è un giovane chirurgo che lavora all’ospedale di Rimini. Nel 2014 si traferisce in Burundi per prestare servizio volontario all’ospedale di Mutoyi.
Sorvolo sui dettagli del viaggio.
Arrivo in Africa. Un giovane educato uomo nero che parla francese ed anche un po’ italiano mi aspetta. Saliamo su un pick-up Toyota e ci spariamo 3 delle più belle ore della mia vita.
La gente mi guarda. Io guardo la gente, i militari, le piante, le strade asfaltate della capitale, le biciclette cariche di ogni cosa, i gruppetti ai lati della strada. Il mio accompagnatore ha la mano fissa sul clacson e gli abbaglianti accesi, anche se è pieno giorno. Si attaccano 3 ciclisti al retro del pick-up e si fanno un lungo pezzo di strada con noi. La marea umana di pedoni, ciclisti e motociclisti si apre davanti come il Mar Rosso e noi passiamo, superiamo file interminabili di venditori di olio di palma e frutta che non conosco, percorriamo una strada sterrata per circa un’ora, in lontananza lampi lunghissimi e nuvole nere, raggruppate su uno sfondo di cielo blu. Si fa notte, poi inizia a piovere. Persone da tutte le parti, sbucano dai cespugli all’improvviso, incuranti del fango e della pioggia. Alcuni sono vestiti con abiti coloratissimi, altri come noi ma un secolo fa. Il pick-up sussulta da matti, il mio accompagnatore chiede scusa.
Io scatto qualche foto ma già so che sarà impossibile spiegare quello che sto provando:
Mi sento libero
di rischiare,
di affidarmi agli eventi,
di credere alla Provvidenza,
di essere.
Essere qui è come guardarsi allo specchio, puoi essere ciò che hai costruito, senza veli.
Pianeta.
Ultima frontiera.
Data astrale 1810.
Dopo un viaggio interminabile, i controlli “anti” ebola, una giornata al duty free sono atterrato a Bujumbura. Gli aeroporti secondo me aiutano a spogliarsi dei pregiudizi e mostrano le vere identità dei popoli. Hostess con il velo della Qatar Airlines, ispanici ripuliti come svizzeri al gate per Buenos Aires, il volo per Pechino atteso da cinesi in Polo Ralph Lauren, con in mano tablet o smartphones, rigorosamente attaccati alla colonnina della corrente.
Ed io, mentre vedo passare tanta gente, mi riempio il naso di aglio e sudore. Umanità.
Qui la gente è diversa, ti guarda come uno hobbit guarda un elfo.
Passano e non lasciano più andare,
ti accendono i pensieri col richiamo.
Risentono dei nostri sguardi bianchi,
mentre i loro ci accompagnano per strada.
E sembrano seguirci ancora quando,
dopo aver girato l’angolo, si stringe un nodo in gola.
Volevo acquistare uno Swatch, verde. Pensavo di averne bisogno qui. Al duty free costa 55 euro. Mi piaceva lo Swatch, poteva essere utile. Magari me lo compro quando torno… solo perché mi piace, anche se non ne ho bisogno.
Non si può, io per lo meno non posso, affrontare un viaggio come questo senza la mia tecnologia. Il portatile è con me, assieme a diecimila libri di tecnica chirurgica, patologia, atlanti. E poi la musica, saggi per intrattenimento, video di interventi chirurgici e qualche film. L’altro ieri, mentre giravo al duty free, mi hanno consigliato di scaricare un dizionario FRA-ITA sullo smartphone, tanto per non avere problemi in ospedale, dove gli infermieri parlano francese, oltre al kirundi. Io poi il francese non lo mastico, e non mi piace neanche. Dopo 3 minuti di WIFI, sotto la colonnina della ricarica e circondato dai cinesi, avevo il mio dizionario.
Top tecnologies.
Mi hanno detto che non pioverà a lungo. Questa è la stagione delle piccole piogge. Sembra la bomba d’acqua che c’è stata a Rimini, dove lavoro, la settimana scorsa. La stagione delle piccole piogge.
Solo tutti i giorni, almeno 2 bombe d’acqua al giorno.
A Bujumbura una valigia non è arrivata. Ho fatto reclamo ma non so se vale la pena sperare di rivederla. Io ho portato una valigia piena di materiale sanitario e viveri, una di abiti e divise. Pasta, nutella, fili di sutura, drenaggi, cateteri, ecc… sono già in magazzino.
Io sono in Burundi con i miei vestiti, solo i vestiti che indosso.
Top tecnologies senza mutande.
Per fortuna che qui a Mutoyi smistano indumenti destinati ai più poveri, provenienti dall’Europa.
È stata la suora bianca a propormelo, e mi ha mandato con una suora nera a procacciar vestiti. Non un magazzino, un hangar pieno! Lo scarto dell’occidente qui viene catalogato, suddiviso per gruppi e smistato a chi non può permettersi il lusso di vestirsi. Ho trovato 2 tute, 2 camicie, 3 paia di mutande. Mi sembra assurdo trovarmi a rovistare, non vado neanche al mercato, ho la rinite allergica da polvere.
Mi sembra di sognare e allo stesso tempo mi sembra che questo sogno sia la cosa più reale e normale del mondo.
Credo che questo viaggio non potesse iniziare meglio, mi spoglio dei miei vestiti…
Il viaggio
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