Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
FranciaData di partenza
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Temi
guerraTemi
guerraUna guerra stanca, ma combattuta in condizioni ambientali molto complicate: è la breve guerra che vede coinvolti italiani e francesi sulle vette dell’arco alpino occidentale nel giugno del 1940.
24.6. lunedi Dopo tanto tempo che non si dormiva, stanotte ho dormito come un ghiro. Disteso dentro un letto che aveva come sostegno solo una tavola.
Alle cinque sono stato svegliato da un gruppo di soldati della sesta compagnia che stavano entrando proprio allora. Dei miei compagni non c’era più nessuno.
Sono uscito dal mio ricovero notturno e solo soletto mì so no avviato verso la nostra postazione, cercando di tenermi nascosto fra gli avallamenti del terreno. Stamattina i francesi avevano cominciato presto a lavorare, perché si sentiva una continua sparatoria di mitraglie. Ero anche in pensiero; si sarà accorto qualcuno che io mancavo? Ma quando raggiunsi la postazione non ho detto niente. C’era qualcosa di ben più grave. Il nostro amico Silvestri era stato colpito da una raffica di mitraglia. Lo avevano portato al pronto soccorso ma purtroppo non c’é stato nulla da fare. In giornata é morto. Per noi é stata una grande perdita perché era un giovanotto allegro, pieno di vita e a tutti simpatico. Prima di morire ha detto a un suo amico (an che quello un romano come lui): “Dì a mamma mia che jé vojo tanto bene!”
La nostra posizione era continuamente bersagliata dalle mi traglie francesi, controbattute dalle nostre; era una sparato ria senza intervalli e le pallottole delle Saint-Etienne fischiavano….che era un piacere! Per giunta faceva un freddo cane. E tutto il vestiario che avevamo indosso era bagnato fradicio, dopo tutti questi giorni sotto la pioggia.
A un certo momento siamo andati avanti, approfittando di una ondata di nebbia di passaggio. Qua, a oltre duemila metri di altitudine, cambia il tempo – si può dire – ogni minuto. Pioggia, nebbia, nevischio e vento si alternano di continuo.
E’ passato ancora qualche tempo e a un certo momento sentimmo esclamare: “Fuori ragazzi, i francesi si arrendonol-“- Si vedeva infatti un pezzo di roba bianca penzolare da una finestrella del forte. E’ uscito di corsa l’ufficiale e noi dietro! Ma, fatti pochi passi, dal forte é partita una scàrica di mitra. Noi, più vicini alla porta di casa, siamo scappati dentro di corsa.
“Fiòi de parcossa ghévei messo fora bandiera bianca?”
Verso le quattro il capitano Morosi, che poco prima aveva raggiunto la nostra posizione, pian piano é riuscito avvicinarsi al forte, quando é stato vicino alla porta ha intimato la resa. Quasi subito sono usciti, uno dietro, l’altro, dieci soldati con le mani in alta. Scortati dal dal capitano, che teneva la pistola in mano, pronto a usarla se ce ne fosse stato bisogno, sono venuti davanti la nostra casa. Noi li abbiamo circondati, tenendo il fucile spianato verso di loro. Si trattava di un sergente, un caporal maggiore e otto soldati semplici. Fra questi ultimi, tre erano spagnoli, di quelli che qualche anno addietro avevano combattuto contro Franco e in ultima erano scappati in Francia. Penso che Quelli lì, di naja ne avevano anche fin sopra i capelli! Erano tutti spaventati, più di uno aveva le lagrime agli occhi. Vedersi circondati da tutti noi coi fucili spianati e, per giunta, con le bajonette inastate, forse avevano paura che ci vendicassimo per lo scherzo di poco prima, quando – dopo che ave vano messo fuori bandiera bianca – ci avevano sparato addosso. Uno, che secondo me non poteva avere meno di quarant’anni, con tinuava a dire: “Bono taliano, bono taliano”! Si commiserava, poverino, dicendo che a casa aveva dei bambini piccoli.
Morosi ha detto loro di star calmi, di non aver paura, che non avevamo intenzione di far loro del male, che per loro la guerra era finita. Dopo essersi fatto dire dove avevano posa to le mine (venendo in qua, infatti, avevamo attraversato un campo minato) con quattro nostri soldati li ha mandati al comando di battaglione. Subito dopo siamo entrati nel forte. Là c’era un cannoncino anticarro, una Saint-Etienne, un fucile mitragliatore, moschetti e munizioni in quantità. Ma quello che più ci ha interessato é stata la gran quantità di roba da mangiare che abbiamo trovato: gallette, scatolette di carne, scatolette di sardine, marmellata, zucchero, caffé, cioccolato, acqua minerale. sti francesi, mi sembra non si trattassero mica male!
Tutto questo po’ po’ di roba era lì a nostra disposizione e potevamo mangiarne a volontà. Con quella fame che avevamo indosso! Da tre giorni non si mangiava, salvo qualche galletta di scorta. Da dieci giorni non si dormiva o si dormiva solo qualche ora in condizioni da bestie e lì, nell’interrato del forte, abbiamo trovato un ambiente con una incastellatura di brande munite di pagliericcio. Alla sera abbiamo approfittato dell’albergo e siamo andati a buttarci in branda. Posto ce n’era per tutti. A turno abbiamo fatto un’ora di guardia al piano disopra.
Il viaggio
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