Paesi di emigrazione
FilippineData di partenza
1962Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Pier Luigi Ricciarelli è nelle Filippine, dove è giunto da missionario salesiano nel 1962. Insegna in una scuola della borghesia locale ma non è soddisfatto della piega che ha preso la sua vita.
Avevo sognato selvaggi e foreste (si fa per dire…) e mi ritrovavo tra brutti edifici di cemento con qualche filo di verde, circondato da un esercito di figli di papà in divisa bianca e kaki e da maestre ben vestite e ben truccate (seppur sfruttate) in una comunità di confratelli che di fratelli avevano ben poco. Tutto attorno al campus, oltre la cinta di blocchi di cemento, si vedevano spuntare tetti di nipa e ciuffi di banani sormontati qua e là da rare palme di cocco. Ma quello era un altro mondo a cui guardavo con il portato di un’educazione, come dire, “centripeta”: ci si aspettava cioè che fossero i ragazzi, che fosse la gente a muoversi dalla periferia al centro dove noi ci trovavamo. Ma la realtà circostante era troppo cruda perché io non la vedessi. E mi rendeva oltremodo inquieto.
Fu così che feci la scelta del “Boys’ Center”, il modesto oratorio annesso alla scuola, diretto dal prete che amava i poveri e che viveva per fare loro “del bene” (catechismo, messa, sacramenti, gioco e pacco natalizio) e che era tollerato dal resto della comunità perché anche Don Bosco (di cui leggevamo coscienziosamente le memorie) aveva fatto, specie agli inizi, questo tipo di lavoro. Basti pensare che non era consentito alla turba di ragazzi malmessi, spesso scalzi e mal vestiti, di far uso delle strutture della scuola, dei cortili per giocare, delle aule per il catechismo. Della piscina nemmeno a parlarne. Emarginati in una zona periferica del grande complesso salesiano, trascorrevano il pomeriggio delle domeniche e delle feste a giocare, a pregare, ad imparare le rituali formule del catechismo (i più piccoli in tagalog, i più grandi in inglese) e nei giorni più fortunati a vedere qualche vecchio film western o di guerra.
Feci anch’io parte dell’oratorio con don Candusso, con Jess e un piccolo chierico filippino. Ingenuamente sognai perfino di divenirne il direttore. Nel primo pomeriggio, quando non pioveva, si giocava al pallone. Frotte di ragazzini rincorrevano la palla dopo essersi assicurati Jess da una parte e me dall’altra. Noi – alti quasi il doppio – eravamo per loro come degl’idoli con la nostra carnagione bianca e il naso che non era, come il loro, spiaccicato fra due zigomi sporgenti. Facevo delle corse folli per quel campo inseguito da una turba di ragazzini che cercavano di acchiapparmi. Era anche quella una tappa del difficile cammino che avrei dovuto ancora fare.
Il viaggio
Paesi di emigrazione
FilippineData di partenza
1962Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Pier Luigi Ricciarelli
La lettera
Era lunedì 16 luglio 1962. Mi fu recapitata una lettera. Una piccola lettera, insignificante all’apparenza, che...
Missionario
Avevo chiesto di essere inviato in missione sette anni prima, preso dall’entusiasmo della prima messa e...
Il distacco della nave
Oggi non ricordo come trascorsi i tre mesi fino alla partenza. Ciò che invece è vivo...
Sul ponte della nave
Passai gran parte del tempo sul ponte a pregare, a conversare (un po’ in inglese, un...
Un salesiano nelle Filippine
Ai primi di quel dicembre ero arrivato al Don Bosco Technical Institute, una grossa scuola professionale...
La scuola salesiana
Non potrei mai dimenticare l’ufficio del consigliere corredato di un apparecchio chiamato “interphone” dal quale si...
I dubbi di un missionario
Ero stato destinato, senza alcuna mia partecipazione alla decisione, alle Filippine. La novità, certo, era stata...