Mestieri
barbiereLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
AlbaniaData di partenza
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Imbarcato a Bari, Carlo Cipriani scende a Durazzo con il suo reggimento: lo spettacolo che si trova di fronte, l’Albania da poco occupata militarmente dal Regio Esercito, è desolante. I bambini gli si fanno incontro invocando un po’ di pane, “buch”.
Era circa 10 ore che navigavamo su un maro placido e tranquillo quando all’orizzonte, velate da una leggera cortina di nebbia, ci apparvero le montagne della costa balcanica. La nave scivolava via silenziosa ad una discreta velocità, ed in breve, fu possibile scorgere le alture che dominavano la città di Durazzo, ed in cima alla collina il castello dell’ex re Zog, semidistrutto dalle cannonate della nostra marina al momento in cui avvenne il primo sbarco. Alle 10 precise sbarcammo in terra albanese ed un pietoso spettacolo si presentò subito ai nostri occhi. In breve fummo circondati da un folto gruppo di ragazzini affamati malaticci e vestiti con degli strani calzoni di una foggia che io non avevo mai visto molto striati in vita e alla caviglia. Questi poveretti imploravano a gran voce “buch” “buch”. Che cosa potevano chiedere con tanta insistenza? Si seppe poi che “buch”, nella loro lingua, voleva dire pane! Allora si dette loro le poche pagnotte disponibili che non furono affatto sufficienti a saziare la loro incredibile avidità, anzi generarono fra loro delle zuffe furibonde per accaparrarsi un morso di pane. Questo era soltanto uno dei tanti motivi che ci dava la sensazione precisa della squallida miseria che affliggeva quella povera gente. Noi ci guardavamo negli occhi e senza articolar parola, ci chiedevamo: ma questo cos’è li paese della fame? Quella era una zona ove la malaria infieriva con particolare violenza ed i soli lavori del porto non potevano essere sufficienti per alleviare tutta quella dilagante miseria. Le poche persone che incontravamo per via non volevano neppure guardare, o si voltavano dall’altra parte a se ci guardavano lo facevano dimostrandoci un odio terribile. Si capiva benissimo che essi non gradivano affatto la nostra presenza. Si capiva benissimo che le forze armate dell’Italia “proletaria e fascista” erano piombate in casa loro col proposito di distruggere e saccheggiare. Ma che cosa mai potevamo saccheggiare? Dovunque si vedeva soltanto una desolante miseria! Una arretratezza evolutiva da rimanere sbalorditi. Nella piazza principale di Durazzo dove aveva sede il “Comando tappa”, sostavano alcuni autocarri assediati da un nugolo di ragazzini affamati e mocciosi, pronti per trasportarci ad Elbasan: località ove stanziava il nostro reggimento. Le strade che conducevano a Tirana ed Elbasan erano le rotabili più importanti dell’Albania che tuttora risultavano sterrate, mal tenute e con una strettissima carreggiata che in certi punti non consentiva neppure il sorpasso di due autocarri. Sul lato destro della strada vi era una grande palude dalle acque stagnanti e maleoderanti che si spingevano sino in prossimità della riva del mare. Sul lato sinistro: la campagna brulla e scarsamente coltivata. I villaggi erano assai distanti l’uno dall’altro e popolati da gente dall’aspetto spaventato le quali, non appena ci vedevano in lontananza si chiudevano nelle loro case sbarrando porte e finestre.
Il viaggio
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