Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CambogiaData di partenza
2003Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)8/08/03 Roma Fiumicino, sette agosto duemilatre, ore 15,40. Volo per Bangkok Alle 7,04 del mattino, ora locale, dopo più di 10 ore di volo, Cristina ed io arriviamo all’aeroporto di Bangkok, per ripartire alle 08,35 con destinazione Phnom Penh. Dal finestrino dell’aereo, prima dell’atterraggio osservo un paesaggio inusuale, fatto di case su palafitte di legno, paludi e palme che verrà confermato, una volta scesa, appena dopo aver attraversato la città. Sono emozionata tanto da sentire il mio battito accelerare, le gambe vacillare e gli occhi velarsi di lacrime per il solo contatto, seppur ancora solo a distanza, con un mondo così diverso dal mio.
La fisionomia asiatica degli addetti al controllo immigrati mi ricorda il motivo per cui sono qui, rendendo quell’emozione un grosso regalo che questo momento della vita mi fa e che decido a braccia aperte di accogliere. Mentre procediamo tra le indicazioni dell’aeroporto in cerca del ritiro bagagli mi risuonano le parole di chi, un anno fa, aveva previsto tutto questo e di chi, prima di partire, mi ha espresso orgoglio, curiosità, solidarietà, timore. Sono le parole per le quali qualcuno lascia realizzare ad altri i propri desideri o con le quali qualcun altro parla del proprio divieto di vivere a pieno la vita. L’attraversamento della città avviene in un furgoncino-taxi blu accompagnate da Saodi, un giovane cambogiano responsabile locale del progetto. Le strade sono incorniciate da baracchette e bancarelle di tutti i tipi. Per terra o sui carretti la gente vende di tutto, senza l’atteggiamento di chi per lavoro aspetta qualcuno o qualcosa. Semplicemente sta, parte di un paesaggio disordinato, trasandato ma vivace. Tra la merce sui marciapiedi ci sono noci di cocco, verdi e grosse come meloni, banchetti di legno pieni di bottiglie dal contenuto giallognolo che solo chiedendo scoprirò essere carburante, cabine scure con grosse cifre colorate ad indicare i prezzi delle telefonate. Ai nostri fianchi sfrecciano motorini con quattro passeggeri, carretti a motore e non, camion carichi di donne appiccicate l’una all’altra come autobus nell’ora di punta, strane carrozzine a pedale. E, al di là della strada, verdi squarci di paludosa pianura e cielo blu. Costeggiato per qualche chilometro il fiume Mekong, in un tratto di strada stranamente elegante e rifinito, alberghi e ristoranti, si lascia presto la strada asfaltata per uno sterrato rosso pieno di buche e avvallamenti, fiancheggiato da campi di riso e rigogliosa vegetazione. La strada procede lenta, con sofferenza per la schiena, attraversando mondi di povertà e nudità. Volti di bambini guardano curiosi e immobili, uomini e donne giacciono sdraiati sotto pezzi di ombra per sfuggire alla canicola umida del mezzogiorno. Tutto, compresi noi, si muove lentamente, caldo. Tra le immagini che mi si presentano al finestrino scorgo pezzi di umanità lontana e difficile dove la mia si muove con imbarazzo.
Il viaggio
Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CambogiaData di partenza
2003Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Claudia Grassi
Human life project Cambogia
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