Mestieri
artigianoLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
Palestina, Sud AfricaData di partenza
1940Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Guarito dalla ferita al braccio, Tebaldo viene trasferito insieme agli altri prigionieri italiani da Israele verso una destinazione ancora ignota. Ma sicuramente lontana: dopo alcuni giorni, viene imbarcato a Suez e inizia una lunga traversata.
Arrivò poi il momento di cambiare residenza. I primi di agosto del 1942 i tedeschi e gli italiani arrivarono ad El Alamein, ad 80 km da Alessandria d’Egitto, ma questo l’abbiamo scoperto dopo. Credo che gli inglesi, a questo punto, abbiano pensato che noi saremmo stati liberati poco dopo. Noi invece ci spostammo questa volta a piedi, camminammo per circa 3 ore, e partimmo da una stazione nelle vicinanze di Gaza. Niente paura, eravamo giovani. Chiesi in inglese alla sentinella ebraica dove era diretto il treno. Era una delle poche frasi che conoscevo, poi, la sentinella, credendo che parlassi inglese, mi chiese di dire alcune cose agli altri, magari! Verso le 7 della mattina siamo arrivati ad Elkamtara ed abbiamo lasciato il treno palestinese. Qui mi colpì una cosa che è andata sempre più maturando in me. C’erano lì dei paracadutisti U.S.A., che stavano andando a lavarsi, a dei rubinetti. Ognuno di loro aveva un ragazzino arabo, che portava il loro asciugamano, il dentifricio e lo spazzolino. Mi rimase un po’ sullo stomaco. Ebbi l’impressione che loro volevano dimostrare d’essere, anche allora, i padroni del mondo. Attraversammo il canale, con la passerella, prendemmo il treno egiziano, per raggiungere Suez in poco tempo. Arrivati a Suez, ci fecero spogliare, poi al bagno, e rovistarono tra quel poco che avevamo. Se c’era qualcosa che gli piaceva, se la prendevano, a me presero una corona da rosario, che avevo fatto comprare a Gerusalemme e la piccola grammatica inglese. Ci sistemarono lì per circa 2 settimane, gli altri 18 mesi, che avevo passato come prigioniero di guerra, per me erano stati assai meglio. Così, arrivò il giorno che ci imbarcarono, al porto di Suez, su una comodissima nave (30.000 T.). Il viaggio fu bellissimo, i delfini ci seguivano per l’intera giornata, per mangiare i rifiuti, che venivano scaricati dalla nave. Io, insieme ad altri, fui chiamato per andare a lavare i piatti in cucina, cosi avevo la possibilità di mangiare qualcosa di più e meglio. Ormai, i 4 pasti dei 14 mesi, all’ospedale in Palestina, erano diventati un felice ricordo. Lavando i piatti, qualche volta capitava di romperne uno, cosi dall’oblò volavano in mare. Qualche volta capitava di andare in coperta, a lucidare, con straccio e spazzolone, il pavimento di legno.
Il viaggio
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