Casa a Teheran

Teheran – Novembre 1938

Siamo in albergo. È molto comodo, ma speriamo di trovare una casa.

Questa sera dobbiamo andare al nostro primo pranzo, all’Ambasciata Inglese. Mi sembra terribile, disumano, dovermi vestire da sera, fare finta di niente, mentre al posto del cuore ho una pietra.

Più tardi.

È stata una serata piacevole, facile. L’Ambasciatrice è canadese, affabile, bella. Si chiama Violet come me.

Abbiamo trovato una casa. È moderna, con giardino, appena terminata. Divisa bene, molto piacevole, e a due passi dalla Legazione. Siamo stati fortunati. È naturalmente del tutto vuota. Farò fare alcune cose, alcune le comprerò. L’addetto militare francese parte, ed ho comprato un tavolino molto carino, un mobile brutto ma comodo, per la sala da pranzo, e le dieci sedie non proprio orrende. Tutti mi aiutano e mi consigliano. Ho già imparato alcune parole di iraniano: seta, cotone, i colori, quanto costa. Gino mi lascia fare esattamente quello che voglio.