Mestieri
perito edileLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1948Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Temi
paesaggioTemi
paesaggioDaniele Triches si sofferma a descrivere le qualità e il temperamento dei cavalli della Terra del Fuoco, animali dotati di una particolare intelligenza e bellezza.
Questi animali, bisogna dire, sono di un’intelligenza straordinaria; a parte di riconoscere la strada e andare con una sicurezza impressionante, di fermarsi o riprendere la marcia al minimo cenno, di girare a destra o a manca al solo sentirsi appoggiare la redina sulla parte opposta del collo o con una quasi impercettibile pressione del ginocchio, partire trotterellando o al trotto sostenuto stringendo più o meno forte i talloni, al galoppo tranquillo se li stringevi un po’ di più o a quello sfrenato se oltre che stringere forte e a colpi lo incitavi anche alla grida, sì che il ventre quasi toccasse terra, questi animali, dicevo, sembrava che capissero l’indole di chi avevano sulla schiena. Se eri uno calmo o nervoso, se eri energico o blando, se riflessivo o irruento, ebbene, lui capiva e di conseguenza si comportava. Pareva, anzi era certo, ne assumeva le caratteristiche, si immedesimava, diventava un tutt’uno col suo cavaliere.
Pacifico che tu dovevi conoscerlo bene, il che voleva dire montarlo spesso, parlargli, tirartelo dietro, accarezzarlo, dargli ogni tanto qualcosa di dolce, fraternizzare insomma fino a che anche lui ti capiva; io non sò se i cavalli hanno il fiuto dei cani, fatto stà, e ne sono convinto, oltre che a riconoscerti dal tono di voce, ti individuano anche per il tuo odore.
Il mio “Tamburin” era poi di acutezza e preveggenza nel muoversi, di una tale sicurezza e capacità nell’evitare gli ostacoli, di una capacità e potenza che io ero oramai arrivato a non guidarlo più, lo indirizzavo appena e lasciavo fare a lui; anche affettuoso era, chè ti veniva intorno e magari spingeva con la testa. Forse voleva lo zucchero. Un collo potente e in proporzione col corpo che era ben solido. Era stellato e con un largo petto, quando “pe chava” – che è, montati in sella, fare la lotta (la lucha-pechar) spingendo col petto sul fianco o la spalla di un altro cavallo -; difficilmente rinculava e pochi gli resistevano. I piedi sembra-va che fossero delle ventose e le unghie parevano quelle degli stambecchi, dove appoggiava il piede o nell’anfratto dove mette-va l’unghia era sempre sicuro. Il pelo corto d’estate (quello Fueghino, che è come dire l’autunno inoltrato da noi) gli cresce va d’inverno anche di quattro – cinque centimetri, arruffato e ricciolino, e metteva su un bel paio di baffi, proprio così, un paio di baffoni che diventava quasi ridicolo. Mangiava quel po’ di erba stentata e mezza secca come cresce-va da quelle parti e d’inverno si accontentava della scorza de gli alberi, quelli in piedi, che di quella degli alberi caduti non l’ho mai visto cibarsi. Era sagra quando gli potevo procurare un po’ d’avena e sagra grande quando gli davo le zollette di zucchero o quadratini di cioccolata. Viveva praticamente allo stato semi-brado, laggiù.
Il viaggio
Mestieri
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ArgentinaData di partenza
1948Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Daniele Triches
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