Mestieri
impiegato contabileLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Argentina, UruguayData di partenza
1885Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Da Buenos Aires, Gio Bono Ferrari si sposta nel Chaco per lavorare nella contabilità di un’azienda agricola.
Viaggiai due giorni in treno. Pernottai a Santa Fé. Poi presi un trenino primitivo – la macchina bruciava legna di quebracho – trenino che inoltrava nel Chaco Santafe –, ove facevano allora i primi tagli dei boschi di quebracho rosso. – Preavvisato da un telegramma, arrivai di notte ad una solitaria stazione, in mezzo ad un vero deserto. – C’era un carrozzone ad attendermi e dei cavalli sellati. La carrozza, proprio primitiva, si chiamava tartana, ed era tirata da 8 cavalli in fila – Ne domandai il perché; mi risposero che le strade erano pessime e che se la “tartana” si fosse affondata nella melma, si correva il rischio di dover dormire all’aperto – Dopo una corsa di varie ore nella notte fonda si arrivò. – L’edificio della casa di commercio aveva qualche cosa di una fortezza – Mura spesse, porte ferrate e sprangate, feritoie ai lati delle finestre per poter sparare, spiragli a spia, reticolati di filo spinoso attorno all’edifizio.
Entrando in un grande stanzone si trovava una lunga rastrelliera con dodici fucili Winchester – Fui presentato al Gerente ed agli impiegati. Erano una diecina. Mi fecero tutti buona impressione. – La cena era pronta – Servì in tavola una domestica nera, brutta come il diavolo. – Si chiamava Anteradico Albeira – Dopo cena, – ero stanco morto – ché avevo tre giorni di treno sulle ossa, – il Gerente, che si chiamava [Anton], mi accompagnò nella stanza assegnatami. – C’era un lettuccio, – un tavolo – due sedie – un fucile appeso al muro ed una sella messicana in un angolo. – Aprii la valigia, trassi dall’astuccio il ritratto di mia Madre ed il piccolo crocefisso che mi aveva regalato Zia [Marisa], li appesi entrambi sopra il lettuccio e senza più forza per pensare né fantasticare mi addormentai.
Al mattino seguente, lavoro. – Il Gerente mi fece la consegna dello scrittorio, ove nulla lui ci capiva e dove io, per qualche giorno, ci capii ancor meno. – I libri erano arretrati di un’anno; c’erano 400 e più conti aperti. I Brogliacci erano 19 – Roba da matti. – Io per 3 giorni non feci altro che domandare ora a l’uno ora a l’altro, tanto per raccapezzarmi – C’era poi la corrispondenza commerciale arretrata; mucchi di lettere di case fornitrici che reclamavano l’importo di fatture scadute. – Un finimondo.
Ero fresco di studi, ma vi confesso che tremai davanti ad un lavoro così improbo. – Se studierete contabilità mi comprenderete e mi capirete. –
Solamente dopo 5 o 6 giorni mi ricordai di osservare un po’ il paesaggio, il panorama, i tipi di quelle contrade. – L’impressione fù disastrosa. – Mi trovavo in un deserto. – Nessuna bellezza. Nessuna comodità. Pianure sconfinate. Terre vergini ovunque. Eccettuato qualche brava faccia di piantatore piemontese, gli altri avevano tutti dei visi da briganti. – Tipi di pastori, di gauchos, di cavallari, brutti, tutti armati fino ai denti, sempre disposti a darsi delle coltellate per un qualsiasi nonnulla. Nessuna persona con la quale poter passabilmente passare quattro parole. – E non un bel visino di ragazza.
Dall’indomani mi tuffai nel lavoro. – Mi ubbriacai di lavoro e di cifre – Un piccolo servitorello mi portava in scagno, ogni meriggio, il tradizionale mate. – Lavoravo fino a sera. – Dopo cena lavoravo ancora.
Il viaggio
Mestieri
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diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Argentina, UruguayData di partenza
1885Periodo storico
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