“Che ci facciamo qua?”

22/1/1943 –

Albeggia. – C’è in giro una calma cui preferirei il rumore delle cannonate. Non ho chiuso occhio anche perché, giunto quassù, ho dovuto accapigliarmi con le linee telefoniche e con il centralino. D., con una bella faccia tosta, grida al telefono e si rivela un centralinista che sa il fatto suo. La giornata passa pesante, greve. Si sa che qualche cosa può accadere, si sa che da un momento all’altro si può esser chiusi. Eppure siamo tutti immersi in una euforia che non è calma, che non è nervosismo eppure tiene dell’uno e dell’altra. Guardo le dune che s’accavallano e l’una nell’altra s’annientano confondendo Io sguardo che si perde all’infinito. Il penitenziario, bianco e deserto, è immerso in un silenzio di morte. Ogni tanto otto caccia inglesi passano e dalla direzione di volo si capisce che agiscono già oltre Tripoli. Le mitragliere del gruppo e del bàttaglione cercano di disturbarli ma quelli non se ne curano e continuano la rotta. Solo qualche paio di ricognitori giostra su di noi, sul nostro schieramento, quasi a dire: Che cosa fate ancora costà?