Mestieri
operaiaLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1958Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Dai ricordi di Antonia affiorano le discriminazioni subite in quanto italiani, apostrofati “cingali” e cioè zingari dagli svizzeri, ma anche la grande compattezza del matrimonio e la sintonia con il marito.
Dopo qualche mese mio cognato che era rimasto a vivere in baracca e che parlava bene il tedesco, lesse un annuncio sul giornale, che in una fabbrica di camicie cercavano operaie. Non sapevo fare quel lavoro ma rischiai, andai in prova per quindici giorni, ce la misi tutta e con l’aiuto di altre operaie italiane e la mia buona volontà mi diedero il posto. In Svizzera dove tutto era moderno anche le macchine da cucire erano molto sofisticate elettriche precise e velocissime, io non avevo mai visto macchine così mi mettevano l’ansia. Dopo un po’ di giorni mi abituai. Per arrivare in fabbrica dovevo prendere due filobus, si iniziava alle ore otto e a mezzogiorno avevamo mezz’ora di tempo per mangiare ciò che avevamo portato da casa, poi si riprendeva. Dopo dieci ore di lavoro ero stanca, ma tornavo a casa con il cuore gonfio di soddisfazione. Quanti ricordi quanti sacrifici, quante speranze colmavano i nostri giorni che inesorabilmente trascorrevano cambiando la nostra vita. Lontano dal nostro paese dai nostri genitori, dai fratelli, con tanta nostalgia nel cuore, ma sempre più innamorati. II sostegno di mio marito con la sua bontà ed il suo sorriso mi aiutava molto, condividevamo tutto insieme amore, gioie, dolori, speranze, progetti, fatiche e disagi. Le umiliazioni qualche volta erano pesanti, gli svizzeri ci chiamavano “cingali”, cioè zingari e ci dicevano di ritornare a casa nostra, questo succedeva spesso. Devo dire però che non tutti gli italiani si comportavano bene, ma loro facevano di ogni erba un fascio. Il giorno più bello per noi era la domenica, si poteva stare insieme tutto il giorno, al mattino si andava alla Santa Messa in una chiesetta costruita da emigranti italiani, dove celebrava la messa un sacerdote italiano, che veniva pagato 12 franchi trattenuti mensilmente dai nostri stipendi. All’uscita ci fermavamo a scambiare quattro chiacchiere con i nostri connazionali ci sentivamo tutti fratelli uniti da un unico sogno, ritornare in Italia presto. Poi si faceva una romantica passeggiata lungo il lago. Lucerna era una bellissima città attraversata da un meraviglioso lago, quando avevamo fame ci sedevamo in una panchina lunga la spiaggia mangiando i panini che ci eravamo portati, riposavamo un po’ guardando i cigni maestosi ed latri animali acquatici.
Ci sussurravamo parole d’amore, quanto eravamo romantici. La nostra passeggiata preferita era sul ponte che attraversava il lago, lungo due chilometri fatto di legno con una robusta balaustra e coperto con un tetto di tegole e legno. Ad ogni arco si potevano ammirare dei bellissimi dipinti raffiguranti la nascita e la storia di Lucerna. Devo dire che era molto decorativo, quante volte l’abbiamo attraversato mano nella mano. Al lago pioveva spesso, l’estate durava solo per il mese di agosto, ma noi caldo o freddo, bello o brutto ogni domenica la passavamo così.
Il viaggio
Mestieri
operaiaLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1958Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Antonia Morbin
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