Mestieri
assistente tecnico, contadinaLivello di scolarizzazione
diploma scuola media superiorePaesi di emigrazione
Sud AfricaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Prosegue il viaggio di Francesca in Sudafrica, e proseguono le sorprese e le scoperte al cospetto di un mondo così diverso e lontano da quello di origine
La nostra corsa si arresta ad Umtata, la capitale che sta nell’entroterra del Transkei. Dobbiamo compiere ancora diversi chilometri per raggiungere la costa, ma quello che vedo in questo momento mi lascia in un torpore sconvolto. Non ci posso credere, non riesco a credere ai miei occhi. Non capisco bene se stiamo cercando un altro passaggio o un taxi. Intorno a noi c’è una quantità di persone che combina le azioni più assurde e strampalate, tutti gridano, tutti gridano contemporaneamente. Se un film o un fumetto avesse descritto qualcosa del genere avrei pensato ad una grande fantasia dell’autore, trovarmi invece qui in mezzo è tutt’altra impressione. Può essere anche speciale, molto divertente e buffo, eppure percepisco una qualche strana deviazione, una follia traboccante di infinite possibilità con un fremito sinistro aleggiante nell’aria. In questo momento cerco disperata di trovare almeno qualche punto di riferimento, almeno di focalizzare alcune immagini. C’è una grande piazza con mastodontici edifici: il solito supermercato, il palazzo della coca cola, le banche, l’albergo, la chiesa e vicino a noi il distributore di benzina, la strada. Questo è tipico della colonizzazione, è evidente che qualcuno sta giocando a monopoli ed ha strategicamente costruito ciò che gli serviva senza curarsi del contesto in cui andava ad inserirsi. Ci sono di nuovo rifiuti, plastiche girovagando qua e là, e polvere, e donne con i segni bianchi sul viso, e persone che camminano avanti e indietro, vagabondi senza meta, gridano. Bambini-adulti con i loro strani giocattoli-arnesi. Una bella donna nera, con un elegante vestito bianco e lungo indossa sandali dorati rossi e luccicanti, un rossetto aggressivo, occhiali scuri, sta facendo l’autostop; insieme ad altri un bambino si mette nel carrello del supermercato compie tutta la discesa, riporta su il carrello e ricomincia per non so quante volte; un ragazzo scalzo, sembra pazzo, gesticola, ride, è un po’ effeminato, ha una tuta da ginnastica azzurra, nuova, ben pulita, salta su un camioncino aperto e si rotola ridendo; passa un’auto, un bakkie chiuso, c’è un uomo alla guida e dietro, seduta con le gambe aperte, una donna grassa gioca con tre bambine, tutte uguali, grassottelle anche loro vestite di volant e pizzi rosa come la madre; ogni tanto al distributore si fermano auto con dentro africani-neri vestiti in giacca e cravatta e completi di valigetta ma si muovono in modo giocoso, scendono in gruppo dalla macchina, fanno benzina e poi, immediatamente, ripartono; è caldo e c’è un bambino con un lungo cappotto grigio, sotto è seminudo, ci passa davanti, torna indietro, ripassa, sparisce; un uomo attraversa la strada trasportando la sponda di un letto; e così altre centinaia di situazioni, tutte insieme, in un teatrino sconclusionato e delirante ai limiti del paradossale. In effetti, tutti gli oggetti che abbiamo in uso in occidente derivano da una coscienza millenaria. Introdotti tutti insieme in Africa, dove il progresso tecnologico, al momento dell’invasione, arrivava alla scoperta del fuoco, non esisteva nemmeno la ruota, hanno provocato una rivoluzione. Gli oggetti, gli usi sono fuori cultura, qualsiasi cosa può stravolgersi ed essere usata in modi bizzarri e geniali oppure spaventosamente dannosi. E’ già buio quando arriviamo a Port St. Jones. Ormai mi aspetto di tutto
Il viaggio
Mestieri
assistente tecnico, contadinaLivello di scolarizzazione
diploma scuola media superiorePaesi di emigrazione
Sud AfricaData di partenza
1996Periodo storico
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